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Portfolio – Marco Buratti racconta la Zona Industriale Apuana

Nel progetto Z.I.A., Zona Industriale Apuana, sono partito da foto d’archivio e ho cercato di ricostruire avvenimenti che non ho vissuto, perché troppo giovane all’epoca dei fatti, intervistando e ritraendo gli abitanti della Z.I.A., esponenti dell’Assemblea permanente dei cittadini di Massa e di Carrara, Anarchici e giovani impegnati a trovare energie alternative.

Anni 80-90, la Z.I.A. è stata scenario di avvelenamenti ambientali, morti bianche, finte bonifiche e tentativi di insabbiamento delle prove e occultamento dei rifiuti tossici. Negli anni ‘80 chiusero per l’inquinamento e per incidenti diverse aziende chimiche. Tra queste, ricordiamo la Rumianca, che chiuse nel 1984 dopo un incendio che provocò la fuoriuscita di diossina, le lavorazioni dell’arsenico provocarono gravi malattie agli operai, le norme di sicurezza erano pressoché assenti. Quando un operaio si ammalava, il suo posto lo ereditava un familiare.

Nel 1988 chiuse anche la Cokapuania che produceva carbone metallurgico e trattava gas di distillazione del carbon fossile. Gli abitanti della zona ogni giorno vedevano uscire nubi di polvere di carbone dai suoi camini.

La nota positiva è che in quegli anni la popolazione prese coscienza dei danni che quel tipo di chimica produceva. Erano gli anni in cui abitanti di diverse frazioni iniziarono a dialogare per dei fini comuni, gli anni in cui nacque l’Assemblea Permanente dei cittadini di Massa e Carrara.  I forti odori, le colture dei contadini locali che marcivano, i fumi neri e i continui incidenti tecnici causarono contestazioni e picchetti della cittadinanza, che trovarono una forte risonanza nell’incidente della Rumianca e in quello del 17 luglio 1988, l’incendio scoppiato alla Farmoplant. Ogni sera le persone si ritrovavano davanti alla fabbrica e leggevano insieme gli articoli comparsi sulla stampa e i documenti reperiti dai tecnici di Castellanza e di Medicina Democratica. Tra questi tecnici spiccava la figura di Luigi Mara, biologo di Castellanza, che traduceva con semplici parole il linguaggio tecnico e quello politico. Il fine era quello di portare tutti allo stesso livello di consapevolezza. Fu una grande scuola di formazione e un momento di forte aggregazione.

Il movimento, con la denuncia e le manifestazioni, ha sempre preceduto i tecnici. Le donne hanno sempre preceduto il movimento, infatti loro occupavano le strade e avvisavano le istituzioni appena vedevano qualcosa di sospetto, denunciando incidenti che sarebbero stati custoditi segretamente dentro i cancelli. Il primo Referendum Consultivo d’Europa modificò gli equilibri del sistema che

industriali e politici auspicavano: il movimento da minoranza emotiva diventò maggioranza pensante. Da allora ad oggi si è proceduto alla bonifica del territorio tra polemiche e misteri. Le bonifiche hanno portato alla luce fusti pieni di sostanze chimiche. I camion diretti in tutta Italia smaltivano i rifiuti clandestinamente. La falda acquifera della zona è stata compromessa dalle sostanze nocive e tossiche riversate nei campi e nei torrenti dalle aziende della Z.I.A. Il tasso di malattie degenerative è più alto rispetto alla media regionale.

Marco Buratti
www.marcoburatti.com

 

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Books – The magic story of a legendary train

We announce the release of a new, beautiful book from ACC Art Books: “Orient Express, the Story of a Legend”. With a forward from the actor Kenneth Branagh, a text from Guillaume Picon and photographs by Benjamin Chelly, it explores the legacy of the train known as ‘the king of trains, the train of kings.’  Orient Express was the first train to connect Europe and the gateway to the East, and it reached an immediate succes as it was the incarnation of all the desires and fantasies associated with it. Put on the rail in 1883 by the Compagnie Internationale des Wagons-Lits connecting Paris Gare de l’Est with Costantinopoli, now Istanbul, the service was interrupted during the two World wars between 1914 and 1921 and between 1939 and 1945, to cease definitively in 1977 due to competition from air transport.

Symbol of a slow and luxurious way of traveling, the Orient Express has often appeared in books and films, often as a place of mystery and intrigue, becoming a timeless myth also thanks to literature and cinema. Many years after its final journey, “Orient Express, the Story of a Legend” explores previously unpublished archives and opens the doors to the restoration workshops giving the witnesses to this mythical story brought back to life. The book features over 200 new and archival images documenting its extraordinary journey.

TITLE:   Orient Express, The Story of a Legend

EDITOR:   Sue Bennett

PUBLICATION DATE:   September 2018

TRIM SIZE:   240 x 290mm

PRICE:   £40.00 / $55.00

ISBN:   978-1-85149-915-1

IMPRINT:   ACC Art Books

PAGE COUNT:   260

WORD COUNT:   21,965

PICTURE COUNT:   216 cmyk / 119 bw

BINDING:   Hardback

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Moste – Linda Fregni Nagler fa rivivere il Giappone dell’Ottocento

Fino al 7 aprile con ingresso gratuito è aperta a Milano, presso la sede di Banca Generali, la mostra “Hana to Yama” (Fiori e montagna) dell’artista Linda Fregni Nagler. E’ curata da Vincenzo De Bellis e inaugura il progetto triennale “BG Art Talent” per valorizzare i giovani artisti italiani. Il percorso espositivo guida lo spettatore in un viaggio esotico attraverso 30 opere legate alla scuola di Yokohama, sviluppatasi in Giappone nella seconda metà dell’Ottocento.

La caratteristica innovativa di questa tecnica stava nella minuziosa colorazione delle immagini in bianco e nero dei pittori locali, scattate da fotografi. I lavori esposti si suddividono in due soggetti tipici della Yokohama Shashin, i “Flower sellers”, venditori di fiori e le viste del Fujiyama. La materia prima è costituita dalla collezione pluriennale di fotografie raccolte dalla giovane artista, sulle quali è intervenuta a volte con un tocco leggero, altre più evidente, ma le ha manipolate con eleganza, ri-fotografate, ristampate e colorate a mano, tutto sempre in armonia con le immagini originali. Gli scatti del suo prezioso archivio, per lo più anonimi, raccontano il fascino senza tempo di un mondo apparentemente ancora immerso nella tradizione. Il Paese del sol levante in realtà si stava già modernizzando. Linda Fregni Nagler recupera e rende visibile un materiale come lo definisce lei stessa “di per sé estinto”, ridà voce alle immagini del passato. Ricerca, raccoglie, studia e traduce le sue riflessioni attraverso il linguaggio che le appartiene, quello visivo. L’elegante estetica del passato viene così interiorizzata nell’opera moderna.

Patrocinata dal Comune di Milano, “Hana to Yama” offre un nuovo scorcio su uno stile fotografico che univa la tecnica occidentale della stampa all’albumina con la tradizionale maestria dei pittori locali, con risultati artistici innovativi e di notevole pregio. Grande collezionista di fotografie storiche e affascinata dalle peculiarità di questa scuola, Linda Fregni Nagler porta avanti da diversi anni un percorso di raccolta di soggetti appartenenti a questo genere fotografico con l’obiettivo di far rivivere un mondo in via di estinzione e richiamare il carattere artistico di queste immagini, per le quali si presenta anche una grande difficoltà di attribuzione.

Accompagna la mostra un volume Humboldt books in duplice lingua, italiano e inglese.

Banca Generali Private, piazza S. Alessandro 4. Info: 02.885521

Orari di apertura: 14,30-18,30 martedì, mercoledì e giovedì oppure su appuntamento (receptionprivatemi@bancagenerali.it)

 

(testo a cura di Carolina Masserani)

 

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Portfolio – Mario Ermoli, GoHome

Il nome del progetto è “GoHome”, imperativo categorico. E stride, disorientandoci, abbinato a quelle incerte inquadrature dove nulla è definito. Una serie di fotografie a colori raffigurano edifici o esterni di città evanescenti, sdoppiati, volutamente sfuggenti al nostro bisogno di osservare. Il paesaggio urbano è rarefatto, ridotto all’essenziale, case, terra e poco altro, in una semplificazione che mette ulteriormente il risalto i soggetti inquadrati. Allo spettatore viene restituita una sorta di ricordo inafferrabile, la memoria di qualcosa che abbiamo visto in precedenza e di cui ci chiediamo il significato, come se le fotografie rappresentassero una sintesi di un soggetto che è stato reale, ma ora non ne siamo più sicuri. Palazzi in costruzione o vecchi condomini di periferia, la trasformazione in atto attraverso l’obiettivo di Mario Ermoli riporta tutto a una dimensione onirica. Lo spazio minimal sembra aver perso i caratteri legati al luogo o al tempo e diventa teatro della sensazione lasciata dal ricordo, è la Casa.

Altre informazioni sull’autore su http://www.marioermoli.com

 

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Libri – Massimo Tramontana, Come Una Bella Anima

Il debutto artistico di Massimo Tramontana, imprenditore con la passione per la fotografia,avviene per mezzo di un libro dal titolo Come una bella anima che fino a pochi mesi fa era solo un progetto sognato da molto tempo, ma mai concretizzato. La decisione di realizzarlo è scaturita da un nobile scopo, una spinta di quelle che riempiono il cuore e contribuiscono a dare più senso alla vita: supportare l’Associazione CAF, Onlus che accoglie e cura bambini e ragazzi vittime di abusi e gravi maltrattamenti donando i proventi delle vendite della pubblicazione e delle iniziative a esso correlate.

Come una bella anima è è l’acronimo di Cuba, ma è anche e soprattutto il riferimento alla bellezza dell’anima dei bambini. Bambini a cui l’autore dedica il suo lavoro e il suo coinvolgimento. Le pagine raccolgono una sequenza di immagini ambientate nell’isola caraibica che colgono istanti della quotidianità, espressioni e sentimenti di persone vere. Un viaggio reale e interiore che accompagna l’osservatore dentro una Cuba lontana dagli stereotipi. La destinazione però è un pretesto, un’opportunità per guardare alla realtà con occhi diversi.

“Partivo senza meta, aspettando che la strada me la indicasse. Volevo che fosse lei, la Isla, a ispirarmi. A me toccava capire cosa volesse propormi. Sono rimasto in attesa. In attesa di segnali profondi”.

Il libro è stato presentato lo scorso giovedì a Milano, presso la Galleria Wunderkammer in via Ausonio 1/A, dove è allestita anche la mostra. Il libro e le opere in mostra sono acquistabili in loco e il ricavato sarà devoluto all’Associazione CAF Onlus che dal 1979 accoglie e cura in maniera specifica e professionale bambini e ragazzi allontanati dal proprio nucleo familiare a causa di abusi e gravi maltrattamenti, con l’obiettivo di spezzare la catena che troppo spesso trasforma i minori vittime di violenza in adulti violenti o trascuranti. Nel tempo, accanto al lavoro con i minori e in risposta ai bisogni del territorio, l’Associazione ha sviluppato anche servizi specifici di prevenzione dell’abuso e del maltrattamento infantile e interventi di supporto alle famiglie dei minori accolti e alle famiglie affidatarie. Dalla sua fondazione ad oggi, l’Associazione CAF ha accolto e curato oltre 1000 minori e offerto un importante sostegno a tante famiglie in crisi.

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Mostre – Massimo Sestini guarda il mondo in perpendicolare

Massimo Sestini è uno dei grandi fotografi italiani. Nasce come paparazzo, ma oltre agli scoop da prima pagina di giornali scandalistici è anche autore, artista e giornalista testimone di molti fatti del mondo. Oggi viene celebrato a Roma dalla mostra “L’aria del tempo”, a cura di Alessandra Mauro, con una quarantina di fotografie di grande e medio formato. Da sempre alla ricerca del punto di vista impossibile dal quale inquadrare il mondo, questa volta ci regala uno sguardo zenitale sulla nostra penisola, preciso e appassionato itinerario alla scoperta del paesaggio e delle genti italiane. Fatti di cronaca, bellezze naturali, drammi, avvenimenti politici, tragedie e momenti di svago: è riuscito a raccontare tutto con la sua macchina fotografica e tutto con un punto di vista nuovo e diverso. Le immagini in mostra, alcune di grande formato, permettono di vivere e di sentire le visioni aeree ed eteree dei luoghi che l’autore ci propone. Sempre alla ricerca della “foto diversa”, nel corso degli anni Sestini ha perfezionato il suo metodo fino alla ripresa perpendicolare che gli permette di ottenere un impatto dimensionale amplificato. Con questa visione perpendicolare, il fotografo gioca nel capovolgere le nostre percezioni visive, fa navigare la Concordia spiaggiata, ribalta cielo e terra inseguendo un Eurofighter, osa nelle proiezioni delle ombre animate. Dall’alto di un elicottero o di un aereo, attraverso la visione completa di un fatto di cronaca (il barcone dei migranti fotografato dal cielo: un’immagine che ha fatto storia e ha vinto numerosi premi come il prestigioso World Press Photo, o ancora l’affondamento della Costa Concordia all’isola del Giglio), di una consuetudine (il ferragosto sulla spiaggia di Ostia), di un dramma naturale (il terremoto del Centro-Italia), di avvenimenti storici e culturali (dalla strage di Capaci al funerale del Papa), nelle immagini di Sestini l’Italia svela in un modo unico le sue bellezze, le sue fragilità, la sua grandiosa complessità.

L’ARIA DEL TEMPO, Fotografie di Massimo Sestini. Fino al 10 marzo 2019 presso WEGIL, Largo Ascianghi 5, Trastevere – Roma. Catalogo edizioni Contrasto.

 

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Giancarlo Vaiarelli, stampatore tra chimica e magia

Giancarlo Vaiarelli è un platinotipista. The Platinotypist, come si definisce lui stesso usando l’inglese, custode di un’arte antica e misteriosa che trasforma una fotografia in un’opera eterna. Fa lo stampatore a Milano e a breve traslocherà lo studio per cambiare registro, pur restando fedele alla tradizione e alla sua cifra stilistica. Nella sua lunga carriera di fotografo e stampatore ha girato il mondo per raggiungere un livello di specializzazione quasi unico al mondo. Lavora utilizzando un metodo poco usato a causa degli alti costi delle materie impiegate, ma che dà risultati incredibili con toni, definizione e contrasti eccezionali. Vaiarelli la applica da oltre 35 anni e rende immortali le immagini grazie a una soluzione a base di platino e palladio che lui stesso procura, produce e stende sulla carta col pennello per sensibilizzarla. Il suo laboratorio è una camera oscura al passo coi tempi, dove oltre a ingranditori e vaschette si trovano pipette, alambicchi, vetrerie ed elementi come il potassio ossalato, l’ammonio citrato e il sale bisodico che gli servono per lavorare sulle opere. Se vai a trovarlo, quell’odore che ti avvolge ti dice subito che lì dentro vige l’obbligo di sapere cosa si sta facendo e come. Lui ha radici che affondano nelle tradizioni antiche, ma è proiettato nel futuro con una contemporaneità che in molti dovrebbero invidiargli. Ti parla per formule chimiche e ci metti un po’ a capire, aspetti mentre applica la sostanza sul foglio, ma poi tutto si fa chiaro quando l’immagine impressa sulla carta cotone, dopo vari passaggi nei liquidi e un’asciugatura, affiora come su una tela di Caravaggio, piena di luce e particolari che da principio neanche avevi visto.

L’uso della platinotipia richiede in effetti un’adeguata preparazione nel campo della chimica e un bel po’ di esperienza, che lui ha fatto in grandi studi internazionali. Il suo interesse per la fotografia iniziò in giovane età e a Roma faceva il reporter finché, agli inizi degli anni Ottanta, si trasferì a Londra per specializzarsi come fotostampatore nel laboratorio di Joe’s Basement e poi al Metro Photographic e allo Studio Roberto’s. Rimase talmente affascinato dall’uso del platino e palladio che volle trasferirsi in America per approfondire e divenne allievo del fotografo e stampatore Dick Arentz. Oggi Vaiarelli tiene workshop e lezioni a studenti in tutta Italia e fa parte di un team di professionisti che realizzano progetti artistici, sviluppano film e lastre di grandi dimensioni, stampe da file digitali o analogiche tradizionali con ingranditore e carte baritate ai sali d’argento o, in alternativa, ai trattamenti più sofisticati e costosi che utilizzano il platino palladio. La resa, in termini di dettagli, di nitidezza, di profondità e toni di grigio, è impagabile. La durata di un lavoro simile è praticamente eterna e non varia nel tempo, per questo è tanto usato dai fotografi che operano in campo artistico e altrettanto richiesto nel circuito di gallerie d’arte e musei che hanno necessità di archiviazione e conservazione delle opere. Si rivolge a un pubblico colto, abituato al collezionismo, che ne possa comprendere costi e valore. Dietro ogni grande artista fotografo c’è sempre un grande stampatore. A dimostrazione del fatto che, oltre a saper scattare, comporre, vedere e progettare un racconto per immagini, serve qualcuno che sia in grado di confezionarlo e farlo vivere per sempre. Stiamo facendo un discorso difficile, perché siamo ormai tutti abituati a questo mondo digitale fatto di pixel e condivisioni in rete che i social hanno sdoganato, ma la fotografia, per non scomparire dai nostri hard disk e cellulari, ha bisogno di essere stampata nel miglior modo possibile. Non pensate ai selfie o allo scatto della pizza che avete davanti per cena, quella è comunicazione, non meditazione e neanche arte. Il discorso è differente se abbiamo a che fare con i ricordi di famiglia, con quelli del nostro ultimo viaggio o con un paesaggio incantato, e questa necessità aumenta quando si tratta di produrre mostre di autori quotati sul mercato di questa giovane arte. All’estero lo hanno compreso meglio di noi, ma in Italia ci sono ancora galleristi che non sanno districarsi nel vasto, misterioso mondo della stampa fine art e questa lacuna li penalizza rispetto ai concorrenti.

Per maggiori informazioni, trovate Giancarlo qui

Linke Lab –

Via Avancinio Avancini, 8

20142 Milano (a 50m dalla M2 Abbiategrasso – tram 3 – 15 – bus 65 – 79)
tel. 02.27014500; 3338216639. Email: platinoprints@gmail.com

(Barbara Silbe)

 

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Portrait of Humanity – Un progetto mondiale al quale partecipa anche EyesOpen!

 

Portrait of Humanity è una nuova iniziativa globale organizzata da 1854 Media, editore del British Journal of Photography, in collaborazione con Magnum Photos. Celebrerà il potere della fotografia che racconta l’uomo, in tutte le sue dimensioni, difficoltà, meraviglie. Concepito come se fosse una immensa comunità in grado di essere unita nonostante le differenze, questo progetto artistico andrà a formare una delle più grandi mostre fotografiche collaborative della storia. Ne faremo parte anche noi di EyesOpen! Magazine, media partner di Portrait of Humanity e con il direttore Barbara Silbe, ambasciatore di tutte le tappe di questa avventura, e fin da oggi ci attiviamo per coinvolgere i fotografi che ci seguono.
Al centro del messaggio ci sarà una attenzione ai nostri valori condivisi: individualità, comunità, unità. Possono partecipare alla competizione i fotografi di qualsiasi livello, invitati a mostrare il mondo attraverso i loro occhi, a catturare i molti volti dell’umanità e a documentare le espressioni universali della vita: risate, lacrime, coraggio, carezze, momenti di riflessione, viaggi di lavoro, primi saluti, ultimi addii e tutto quello che viene loro in mente di testimoniare attraverso uno scatto.  Una giuria di esperti selezionerà 200 finalisti che saranno pubblicati nel Portrait of Humanity Book, mentre le 50 immagini vincitrici saranno esposte in varie località in tutto il mondo come l’Organ Vida International Photography Festival di Zagabria, in Croazia,
il Lagos Photo Festival in Nigeria, il National Center For Photography di Victoria, in Australia, il Louisiana State Museum di New Orleans… Gli autori che si posizioneranno secondo e del terzo classificato riceveranno ciascuno $ 2.500 e il primo classificato riceverà $ 5.000. Tutti e tre dovrammo investire il denaro per creare un progetto che esplori la loro interpretazione dell’umanità.

La giuria di Portrait of Humanity è composta da leader internazionali del settore fotografico come curatori, registi, editori, giornalisti e fotografi di fama mondiale. Tra loro, nomi come Alessandra Sanguinetti o Jacob Aue Sobol di Magnum Photos; Azu Nwagbogu fondatore e direttore di African Artists e del Lagos Photo Festival; Dafna Navarro CEO, fondatore e direttore di The International Lens Magazine, Art Market Magazine, Israeli Art Market; Sarah Leen, direttore della fotografia del National Geographic Magazine e molti altri. Sono tutte figure autorevoli che contribuiranno a garantire ai partecipanti e ai vincitori serietà nelle valutazioni e una visibilità internazionale per i loro portfoli anche sugli organi di stampa.

La call per poter accedere alle selezioni chiude l’8 gennaio 2019 alle ore 16. L’annuncio dei candidati e dei vincitori avverrà tra maggio e giugno 2019. Infine la mostra globale itinerante si svolgerà tra agosto e dicembre 2019.

Come partner del progetto, vi terremo costantemente aggiornati sulle novità e sulle selezioni. E vi esortiamo a prendere parte a questo immenso ritratto del genere umano, augurandoci che la sezione italiana sia una delle più ricche di contributi.

 

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Premi internazionali – A Siena va in scena il riassunto del nostro mondo

Ve lo segnaliamo, nonostante la chiusura sia abbastanza vicina, perché questo progetto espositivo è in parte esplorazione e sguardo sul mondo. Raccoglie immagini spettacolari protagoniste di un premio internazionale di fotografia che di anno in anno acquisisce sempre più rilevanza. Il prestigioso SIPA, Siena International Photo Awards, organizzato da Art Photo Travel,  è giunto alla sua quarta edizione, la Ex-distilleria “Lo Stellino” ospita fino al 2 dicembre la mostra principale “Beyond the Lens”. Sono raccolte 143 immagini di 48 fotografi professionisti e non, provenienti da 37 Paesi, che hanno partecipato alle selezioni. Una giuria internazionale di fotografi, redattori, editori ed esperti ha selezionato 48 scatti e ha premiato come “Photographer of the year” il bengalese K M Asad con l’opera “Battle Victim”: ritrae una giovane rifugiata Rohingya in lacrime, ospitata in un campo profughi del Bangladesh. E’ il riassunto visivo della tragedia di un intero popolo, esempio perfetto dell’immenso potere della comunicazione attraverso la fotografia, linguaggio universale ed empatico. Il percorso di visita è suddiviso in 10 aree come le categorie del contest. Libero colore, Libero monocrome, Viaggi & avventure, Persone e volti accattivanti, La bellezza della natura. Animali nel loro ambiente naturale, Architettura e spazi urbani, Sport in azione, Story-telling e Schizzi di colore. In contemporanea, sempre fino al 2 dicembre, si può anche ammirare una selezione di fotografie aeree, intitolata  “Sky’s the limit” prima collettiva realizzata in Italia di opere premiate ai Drone Awards.

Queste immagini, senza scorciatoie, ci raccontano il mondo in cui viviamo. Ogni scatto propone  prospettive e orizzonti che ci aiutano a capire, ascoltare e vedere meglio la terra e i suoi abitanti attraverso una lente fotografica. Come ha detto Estevan Oriol “ le fotografie riescono a far entrare in empatia luoghi del mondo lontanissimi per cultura e fusi orari”.

Siena International Photo Awards.

“Beyond the Lens”.

Ex-distilleria “Lo Stellino”, Via Fiorentina 95 Siena

Orari: venerdì 15-19; sabato domenica e festivi 10-19

Info: www.artphototravel.it; https://sipacontest.com/

(Testo a cura di Carolina Masserani)

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Portfolio – Stefano Bernardoni

Stefano era “soltanto” un fotografo, prima di dedicare la sua vita professionale anche all’insegnamento della materia con altrettanta  competenza. Oggi è titolare di una delle più autorevoli scuole di fotografia di Milano, Bottega Immagine, luogo che il nostro pubblico già conosce per le passate (e future) collaborazioni aperte con loro. Nel tempo ci siamo presi un po’ di confidenza in più, lo abbiamo stanato dalla sua timida riservatezza, e siamo riusciti a farci raccontare la sua parte più artistica attraverso un particolare progetto dal titolo “Solaris”, che lui stesso ci descrive così:

“Nell’agosto del 2011 mi trovavo a Togliattigrad (Russia), una città affacciata sul fiume Volga, a circa 800 km a est di Mosca: ero stato invitato lì insieme a Massimo Bersani, per tenere dei masterclass e per alcune nostre mostre fotografiche tra cui la presentazione del mio ultimo lavoro “Dream in a Mirror“. Dopo alcuni giorni gli organizzatori ci accompagnarono all’ennesima inaugurazione con autori russi per commentare la mostra ai giornalisti presenti dopo averla visitata. Era la sede di un circolo per artisti chiamato “Solaris”, in onore di un vecchio film del regista Tarkovski, luogo che non mi lasciò indifferente. In quella catapecchia, oltre allo spazio al piano terra adibito a ospitare mostre ed eventi, vi era un piano soprastante che accoglieva gli artisti del circolo: era la loro casa, il loro laboratorio, il loro luogo di ispirazione. Mi incuriosii a tal punto che chiesi agli organizzatori di essere riaccompagnato li’: volevo conoscere queste persone, poter parlare con loro, poterle fotografare. Non era la prima volta che visitavo l’abitazione di artisti in Russia, ma questo luogo era singolare, per me molto diverso da tutti quelli che avevo visto fino a quel momento. A “Solais tornai il giorno dopo e fui presentato a tutti: erano pittori, parlai a lungo con loro. Nessuno conosceva l’inglese, ci esprimevamo a gesti e con quel misto di parole italiane e inglesi che tutti conoscono senza dover fare alcun corso di lingua. Mi offrirono il loro tè, i loro biscotti e un sacchetto di mele da portare a casa.

Come spesso accade in questo Paese, mi guardavano come se fossi venuto da un altro pianeta. Questi artisti vollero addirittura conservare i fogli con cui feci dei disegni per potermi spiegare. Persone umili che viveva in uno stato d’igiene singolare e in povertà, in una baracca che forse non era mai stata pulita. Ma in quelle stanze maleodoranti aleggiava qualcosa di indefinito che mi affascinò. Chiesi loro di fare delle fotografie: scattai queste immagini in quell’ultima mezz’ora prima di andarmene. Rappresentano vagamente quell’esperienza, le sensazioni vissute lì dentro con persone che vivevano solo della loro arte, passando le giornate a dipingere nella speranza di vendere qualcosa nelle mostre organizzate dal circolo. Prima di andarmene mi fecero anche dei regali, alcuni di essi mi donarono le loro opere. Una di loro mi fece capire questo: “Ti regalo questa mio dipinto, così sarò onorata di sapere che una mia opera sarà in Italia”.

E’ stato per me un onore conoscerli. Avevano tanto da insegnarci”

 

Stefano Bernardoni lo trovate qui http://www.stefanobernardoni.it/ e anche qui http://www.bottegaimmagine.it/, il sito del suo spazio didattico e culturale in via Farini 60 a Milano. Qualche volta troverete lì anche noi.