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Mostre – Luce della Montagna, quattro grandi maestri a Brescia

Di Fabrizio Bonfanti

Se non avete mai visitato Brescia, andateci, perché è una cittadina bellissima e in questo periodo è in splendida forma in quanto Capitale della Cultura (con la cugina Bergamo). Se amate la montagna e la fotografia, dovete andare a Brescia entro il 25 giugno per visitare la mostra “La luce delle montagna” allestita al Museo di Santa Giulia e inserita nell’ambito del Brescia Photo Festival come una delle più importanti mostre mai realizzate sul tema, che offre la possibilità di vedere i lavori di quattro maestri della fotografia di montagna del Novecento: Martín Chambi, Ansel Adams, Vittorio Sella e Axel Hütte. Quattro sguardi diversi ed emozionanti sulle catene montuose dei quattro continenti, con un percorso che non è concepito come una collettiva, ma come quattro distinte sezioni personali  dedicate ai diversi sguardi qui ospitati. Si tratta di fotografi che, nella seconda meta dell’Ottocento e nel Novecento, raggiungevano luoghi remoti caricandosi banchi ottici e macchine fotografiche pesanti sulle spalle, affrontando complesse spedizioni con mezzi esigui. Senza di loro non avremmo una documentazione così dettagliata di questi santuari della natura di quei secoli.

Il peruviano Chambi (1891-1973), attivo a inizio del secolo scorso, ci regala visioni della gente e dei luoghi del sud America, il suo sguardo ci racconta di minatori, indigeni Quetchua, contadini che abitano le montagne del Perù. I paesaggi di Machu Picchu sono straordinari. La sua rassegna presenta 40 immagini, appositamente stampate per l’appuntamento bresciano dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo su e giù per le Ande all’epoca.

Poi si passa al maestro assoluto Ansel Adams  (1902-1984): è emozionante poter vedere  trenta stampe vintage da lui firmate e immaginarlo all’ingranditore in camera oscura per realizzarle. Particolarmente curata è la tecnica realizzativa e la stampa, nonché la sua paziente lettura del tempo al fine di registrare il paesaggio nella sua forma più autentica e primitiva. Ambientalista ante litteram, Adams affermava che “ogni giorno devo scrivere ai giornali per ricordare loro l’importanza dell’ambiente e della sua difesa”. I suoi paesaggi dello Yosemite, visti da vicino, lasciano il segno. Presente anche la famosissima opera  “Moonrise”.

Po è il turno di un italiano: Vittorio Sella (1859-1943), nome importante per tutti gli appassionati di montagna, autore ed esploratore che ha documentato i paesaggi delle nostre Alpi dove si vedono ghiacciai che ormai hanno perso buona parte della loro massa e cime che a guardarle ora sono spoglie dalla neve. Tra le particolarità, la rassegna bresciana ospita una fotografia di Sella scattata dallo stesso campo base dal quale Compagnoni e Lacedelli partirono per conquistare la vetta del K2 nel 1954 e che usarono per tracciare la via per la salita.

Chiude il percorso il tedesco Axel Hütte (classe 1951), con lavori che tolgono semplicemente il fiato: sono esposte stampe di grandi dimensioni, realizzate con tecniche moderne, che proiettano i visitatori nel mondo del sogno e li ipnotizzano con i dettagli precisi e i colori rarefatti. L’autore ha anche realizzato una serie speciale per questa mostra ritraendo le cime del Brenta. Lui rappresenta l’evoluzione e la sintesi contemporanea dei lavori di Sella e Adams. Allievo di Bernd e Hilla Becher, uno dei cinque protagonisti della cosiddetta Düsseldorf Academy (con Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff), Hütte è un instancabile viaggiatore, grande camminatore e ciclista semiprofessionista, perfezionista dell’immagine analogica, paziente e tenace nella sua ricerca della fotografia “completa” ove ogni dettaglio deve aderire a un progetto di immagine che è innanzitutto costruito nella sua mente

Accompagna la mostra un catalogo edito da Skira.

Info:

Luce della Montagna. Vittorio Sella, Martín Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte.

Dal 24 Marzo 2023 al 25 Giugno 2023 a cura di Filippo Maggia, prodotta dalla Fondazione Brescia Musei e da Skira

Museo di Santa Giulia, Via dei Musei, 81, 25121 Brescia BS

tel. 030/2977833

BRESCIA PHOTO FESTIVAL (VI edizione). CAPITALE
Brescia, Museo di Santa Giulia, Mo.Ca. – Centro per le Nuove Culture, sedi varie
24 marzo – 27 agosto 2023

www.bresciamusei.com

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Mostra – AMAZÔNIA di Sebastião Salgado

Di Jacopo Scarabelli
Sebastião Salgado si gratta la testa e sistema le folte sopracciglia mentre, con gli occhi chiusi, medita su parole che probabilmente ha sentito mille volte, ma alle quali affida sempre la sua speranza. Sono dette da coloro che, all’inaugurazione della sua nuova mostra milanese (dal titolo “AMAZÔNIA”, fino al 2 novembre alla Fabbrica del Vapore), anticipano il suo intervento in relazione alla problematica ecologica che viviamo e che ci porta proprio lì, in Amazzonia, dove l’autore ha compiuto un lavoro durato più di 7 anni. Ad accompagnarlo, come sempre, la moglie Lélia Wanick Salgado, curatrice del suo lavoro e che condivide con lui i suoi stessi sogni.
Il ritratto che accompagna l’infografica presenta una giovane ragazzina nativa di questa parte di mondo. Il suo sguardo è un misto tra fierezza e severità nei confronti di noi osservatori che probabilmente, nel nostro quotidiano, potremmo impegnarci di più affinché questo fragile equilibrio possa tornare ad essere favorevole nei confronti della vita. L’antologica dedicata al grande maestro brasiliano,  promossa da  Comune di Milano, Fabbrica del Vapore, organizzazione Contrasto, Civita, General Service and Security, ha due dimensioni: una paradisiaca con le nuvole, i cieli e questo senso di libertà che trasmette il paesaggio. L’altra è un inferno rappresentato dagli sguardi e dalle espressioni dei soggetti ritratti con i quali Salgado entra in contatto stretto.
L’allestimento, inedito, è pensato per uno spazio complesso come quello della Fabbrica del Vapore. Dal soffitto pendono le magnifiche e stampe incorniciate. Sono di dimensioni notevoli e, per questo, è ancor più d’effetto il fatto che siano appese a un filo come a rappresentare la fragilità della natura. Come se tutte insieme rendessero più concreto l’ecosistema naturale del pianeta portato qui in città e la possibilità stessa di perdere da un momento all’altro un tassello che lo compone. All’interno dell’immensa sala due pareti a semicerchio accolgono le foto alle persone. Un’apertura ci porta a entrare dove, insieme a ulteriori ritratti, troviamo delle video interviste agli indigeni.
Ad enfatizzare l’immersione sensoriale della visita c’è una colonna sonora, appositamente composta, che ci accompagna con suoni e rumori che simulano quelli della foresta.
Le fotografie presentate sono oltre duecento e il bookshop all’ingresso propone diverse edizioni del catalogo. C’è anche un versione dal titolo “Amazõnia Touch”, che presenta delle riproduzioni in rilievo di alcune fotografie per il pubblico non vedente. Insomma, un viaggio immersivo dentro all’Amazzonia che da una parte ti ammalia e ti porta in un mondo quasi incredibile e dall’altra ti sbatte per terra in una realtà dove ci sono grandi traumi e drammi.
La speranza è che queste stampe possano rappresentare dei semi che, cadendo, possano far germogliare nuova vita. Sta a noi saper calpestare e preparare il terreno ad esse.
Dove e quando:
Fabbrica del Vapore (Cattedrale) – Via Giulio Cesare Procaccini 4 – 20154 Milano – dal 12 Maggio al 2 Novembre 2023
Orari: da lunedì a mercoledì 10:00 – 20:00 – da giovedì a domenica 10:00 – 22:00Info: www.salgadoamazonia.it; tel. 339.7138171

Di seguito ho deciso di riportare una lista di informazioni raccolte dalle risposte che l’autore ha dato a varie domande poste. La sua fotografia la conosciamo tutti e dalle sue parole si evince come per lui sia veicolo di un messaggio che possa cambiare in meglio il futuro.
– Il progetto è stato realizzato in un periodo di tempo che va dal 2013 al 2019
– Sono stati effettuati 58 viaggi nella foresta amazzonica.
– Avere le autorizzazioni per entrare è già stata una grande opportunità anche se quando entri nella foresta non sai poi dopo quanto esci.
– Ci vuole tempo per guadagnarsi l’accettazione da parte della tribù e quindi per poterli capire e poi fotografare.
– Non solo ha indagato sull’aspetto umano, ma c’è stata anche una ricerca e una nuova comprensione della foresta stessa.
– L’Esercito brasiliano è stato di supporto con aerei ed elicotteri che abitualmente usa per controllare il traffico di droga. (ndr le foto aeree non sono quindi fatte con drone, ma in prima persona)
– In Amazzonia si snodano le catene montuose più alte del Brasile, fotografate per la prima volta.
– Lavoro di 7- 8 anni che ha portato anche a una serie di informazioni scientifiche. Si credeva che l’umidità fosse trasportata a livello fluviale. Non è così. Si è scoperto che lo spazio aereo, data la grande evaporazione, riesce, attraverso il vento, a portare umidità in una zona vastissima che copre tutto il pianeta. L’Amazzonia produce un tale grado di umidità propria che si dice riesca ad arrivare anche in Italia e sicuramente nel resto delle Americhe.
– A livello di equipaggiamento fotografico non si sono presentati problemi. La parte più critica è più a livello di vivere in Amazzonia. Ha quindi portato con se dei pannelli solari per ricaricare quotidianamente la batteria, il rasoio e il telefono satellitare.
– Aveva con lui uno studio fotografico “portatile”. 6x9mt, arrotolabile. Grande per ospitare 30/40 persone insieme. Alcuni giorni rimase completamente vuoto e altri invece con gruppi numerosi.
– Il fondale neutro dello studio gli è servito per staccare i soggetti, adornati di fiori e accessori, dal resto della foresta (ndr: sopratutto considerando che scatta in bianco e nero).
– Aspettava fossero i soggetti a farsi fotografare.
– Ritrarli in una situazione di studio portava il soggetto e il fotografo ad entrare in un rapporto unico. Allo stesso tempo la persona ritratta si sentiva particolarmente importante.
– Continua la scelta di non fotografare la distruzione ma la purezza e unicità dei luoghi incontaminati.
– Il rapporto col governo brasiliano è stato nullo nel periodo Bolsonaro. Votato alla distruzione del paese.
– Col governo attuale ci sono molti contatti. Un governo che pensa al paese, indigeni e ambiente.
– Indipendentemente da questo, sono andati in Amazzonia senza legami governativi.
– Bolsonaro si è accorto poi che stava fotografando con l’aiuto dell’Esercito. Ma il Covid ha comunque bloccato tutto e non ha potuto ultimare alcune storie.
– Durante i 4 anni di governo, Bolsonaro ha cercato di destabilizzare la costituzione.
– I l 25% del territorio amazzonico è protetto dalla costituzione e donato agli indigeni.
– Il 24,9% è sotto protezione permanente con i parchi naturali.
– 200 tribù sono presenti in Amazzonia e 286 sono le lingue parlate.
– Quindi non bisogna mai generalizzare. Alcuni gruppi tribali non hanno sensibilità religiosa e non hanno tutti la stessa percezione delle minacce.
– La minaccia ambientale è sopratutto per la parte più preistorica. Tribù che mai hanno avuto contatto con la civiltà contemporanea.
– Lo scopo della mostra è portarci a capire l’essenza dei luoghi come l’Amazzonia e a percepire la meraviglia, lasciando da parte l’estraneità che siamo sempre più abituati a manifestare.
– La famiglia Salgado e Instituto Terra hanno piantato 2.300.000 di alberi.
– 1.000.000 di alberi verranno piantati dal partner Zurich

– Dopo Milano, la mostra toccherà Zurigo e Madrid

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Mostra – Davide Di Tria, The Game Of Photography

Di Jacopo Scarabelli

Sono stato alla mostra fotografica di Davide Di Tria presso l’Istituto Italiano di Fotografia a Milano, che resta visitabile fino al 24 maggio. Il contesto gaming, per chi mi conosce, è qualcosa verso cui ho una certa sensibilità e al quale presto molta attenzione. Ho conosciuto Davide proprio per la sua iniziativa Gasoline Photography, ovvero lo pseudonimo tramite il quale presenta la sua “fotografia IN GAME”.

Ve la spiego in breve: i videogiochi presentano mondi virtuali alternativi al nostro, nei quali si muovono i vari elementi al fine di intrattenere il videogiocatore del determinato gioco. Sempre più giochi presentano la “photo mode”, introdotta per la prima volta in Gran Turismo 4 nel 2005. Questo significa che tramite un comando di gioco è possibile prendere possesso di una fotocamera virtuale, muoversi nell’ambiente di gioco e, tramite gli stessi parametri di una camera tradizionale (quali ad esempio Iso, tempi, diaframma e altri…) , è possibile scattare fotografie nel gioco stesso. Gasoline richiama il mondo dell’automotive, quello su cui si concentra la “in game photography” di Davide. I suoi scatti ritraggono quindi il mondo delle quattro ruote sia in giochi competitivi come Forza Motorsport o Gran Turismo, sia in quelli open world come Forza Horizon o Test Drive Unlimited. Per questi giochi gli vengono anche commissionate delle sessioni fotografiche dalle software houses stesse. Durante la presentazione e la chiacchierata intercorsa tra il fotografo e gli spettatori presenti, si evinceva come l’approccio fotografico è tradotto nell’ambiente virtuale.

Lui stesso ha dichiarato: “Quando gioco con la mia Crew (Rusty Garage), chiedo spesso di fermarci in un luogo del mondo di gioco per fare qualche foto. Conosco talmente bene la mappa, che la mia attenzione sa già dove soffermarsi per fare uno scatto potenzialmente interessante”. Un tipo di attitudine che, per molti fotografi, è la chiave per arrivare a realizzare una fotografia personale grazie alla conoscenza approfondita del soggetto da fotografare. L’allestimento di nove fotografie in varie dimensioni presenta questa sua visione. Una selezione varia, con soggetti fermi e in movimento, ricavata dal suo database che, nel frattempo, si è già arricchito di nuove fotografie di mondi, quelli virtuali, che hanno solo iniziato ad esprimere il loro potenziale fotografico.

Dove e quando: Istituto Italiano di Fotografia – Via Enrico Caviglia, 3 – 20139 Milano – dal 9 al 24 Maggio 2023

Orari: da lunedì a venerdì 10:00/13:00 – 14:00/19:00 – sabato 10:00/13:00 – 14:00/18:00

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Mostra – Livio Senigalliesi racconta il suo “Diario dal Fronte”

Intervista di Marta Calcagno Baldini

“ ‘Livio, voglio la copertina!’ mi dicevano i direttori prima che partissi. E io andavo: non si può essere un testimone senza partecipare”. Livio Senigalliesi, 25 conflitti in 30 anni di lavoro. Classe 1956, milanese, il Museo Diocesano gli dedica, fino all’8 gennaio 2023, una mostra personale a cura di Barbara Silbe (giornalista e direttore di EyesOpen! Magazine): “Bisogna che finalmente Senigalliesi sia conosciuto anche in Italia” spiega, svelando una caratteristica fondamentale del fotografo milanese: i suoi reportage sono stati pubblicati più spesso sui più importanti giornali stranieri (El Mundo, El Pais, The Guardian, The Indipendent, Le Monde, Le Nouvel Observateur, Die Welt, Der Spiegel, fino al Los Angeles Times o Time Magazine). In italia soprattutto “Epoca” e “L’Europeo”.
In mostra si trova una selezione di 50 fotografie, raccolte in numerosi scenari di guerra dal Medio Oriente al Kurdistan, dal Kuwait all’Unione Sovietica fino all’Africa: “Non ho staccato mai per 40 anni – dice Senigalliesi – e sono andato avanti come attratto da un file rouge che sta più nel valore storico della documentazione che dalla fotografia stessa”. E rivela, a sorpresa: “Io non sono un appassionato di fotografia: uso la macchina come uno strumento. Mi interessa vivere la storia mentre accade. Attraversando le sue contraddizioni le prime linee, andando da una parte e dall’altra”.

Ogni sua parola, davanti a immagini di soldati, di carri armati, di funerali di bambini, di palazzi distrutti, o l’approfondimento sul Vietnam sugli effetti sulle popolazioni locali dell’Agent Orange, il defoliante alla diossina nebulizzato dagli americani sulle zone di foresta dove i vietcong si annidavano, conferma che sono fotografie che vengono anzitutto dal rispetto della situazione in cui si trova. Non c’è un giudizio e non c’è gusto sadico per l’orrore e la sofferenza. Durante l’assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1996, i giornalisti stavano nell’Holiday Inn, l’hotel diventato rifugio di -quasi- tutti gli inviati. “Io arrivavo lì ogni tanto, schivando le pallottole, perché c’era l’unico telefono satellitare. Erano tutti in quell’albergo perché c’erano i generatori di corrente che andavano a benzina. Avevano il caldo e la luce. Quando arrivavano quelli come me in albergo venivano a farmi le domande. A volte raccontavo ciò che vivevo e vedevo, altre no. Nel 1991 sono partito commissionato dal settimanale Europeo per la ex Jugoslavia e tornai a casa nel 2000. Mi muovevo come si muoveva il fronte e imparavo dalla gente, vivendoci insieme”.

Racconta, con la erre moscia, e ascoltandolo si ha conferma di ciò che le sue immagini dicono chiaramente: ogni situazione è colta con una sensibilità data dall’approfondimento. “La complessità di una guerra o di un assedio come quello, ad esempio, di Sarajevo si può capire vivendolo da parte dell’assediato e dell’assediante – spiega ancora Senigalliesi -.  Spesso anche l’assediante vive le stesse tragedie dell’assediato”. E bisogna sapersi muovere: “La prima cosa da imparare è la lingua, è determinante per capire cosa ti accade intorno, o trattare con i soldati che ti vogliono uccidere. Sono stato anche davanti a un plotone di esecuzione, dovevo essere fucilato. Poi, solo per il fatto che parlavo il serbo, li ho convinti a chiamare via radio il loro capo, che gli ha intimato di lasciarmi andare, dato che avevo tutti gli accrediti previsti per un reporter in zona di guerra. I miei lanzichenecchi mi avevano già detto ‘togliti le scarpe che non ti servono più’. Io stavo già con le gambe dentro un fiume. Eravamo in undici in fila e alla fine nel fango ho raccattato soldi e le macchine fotografiche che mi volevano rubare e mi sono salvato”.  E conclude “Gli altri 10 però li hanno fucilati. Capisci che poi torni a casa con un dolore e un senso di colpa che ti perseguitano, ti chiedi “perché io no?”. Mi hanno messo tante volte il coltello alla gola. Mi hanno rubato tutto, i rullini: un mese di lavoro. Li buttavano nel fuoco. Io non mollavo. Ero una lastra di acciaio. Solo facendolo ho scoperto che ero fatto per questo mestiere. Tanti miei colleghi hanno mollato, o hanno iniziato a drogarsi, o bere. Bere è istintivo. Io sempre tutti sotto controllo, ma poi esplodi”. Questo è il momento della rielaborazione. Oltre alla mostra le esperienze di foto-giornalismo di Senigalliesi sono raccolte nel libro “Diario dal fronte”, acquistabile su www.it.blurb.com (33,53 euro): un importante punto di arrivo nella sua carriera. Il suo sistema di lavoro va aldilà del reportage: “gli antropologi l’hanno chiamata ‘documentazione partecipata’ ”.

 

Livio Senigallliesi, “Diario dal fronte”, aperta fino all’8 gennaio 2023

Museo Diocesano Carlo Maria Martini, piazza Sant’Eustorgio 3, Milano

Orari: martedì- domenica, 10-18; chiuso lunedì

Tel. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it 

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Mostre – Jeff Robb, Beyond Nature

Aperta da oggi al Salotto di Milano, corso Venezia 7, la personale dell’artista britannico Jeff Robb dal titolo ‘Beyond Nature’. Già presentata in anteprima europea a Londra presso la Crypt Gallery, la mostra arriva per la prima volta in Italia grazie alla galleria Cris Continy Contemporary e raccoglie le sue immagini floreali in 3D che non rivelano semplicemente la bellezza della natura, ma invitano lo spettatore in un nuovo mondo conducendolo oltre le apparenze, alla scoperta di cosa c’è dietro un fiore, condividendone forme, colori, delicatezze e mistero.

Il lavoro di Jeff Robb, famoso per il suo utilizzo originale della tecnica lenticolare, è complesso ed è il risultato di studi in botanica e della passione pe la natura uniti alla sperimentazione delle più moderne tecnologie 3D.  Forse ancora più importante, le opere riflettono il suo profondo studio della mente umana e del suo funzionamento. Giocando con la luce e la forma, con l’osservazione scientifica e l’estro surrealista, Robb guida lo spettatore in un universo parallelo di bellezza. Un mondo di simmetria e ordine formale (ogni fiore è diviso in due metà identiche e simmetiche) e nel contempo ricco di colori esplosivi e forme sensuali e ondulate.

Ho una laurea in botanica che mi ha dato modo di capire come funzionano le piante, il loro sviluppo e la fisiologia’. – dichiara l’artista – ‘Sono affascinato dalla loro forma e funzione e dalla loro infinita bellezza. La biforcazione di ogni fiore ci permette di guardare oltre la natura includendo la simmetria che permette alla mente di inventare e ricostruire la perfezione’.

Jeff Robb prende in esame centinaia di fiori e le loro infinite diversità, ne elabora le immagini in 3D e le “scolpisce” digitalmente. Nel suo lavoro, l’autore esplora le modalità con cui il cervello umano interpreta le informazioni e le domande irrisolte che la logica e la scienza non possono spiegare. Queste tematiche sono al centro della sua poetica creativa.

Sono interessato al mondo della fisica quantistica’ – prosegue l’artista – ‘e alle cose a cui la scienza non può realmente rispondere, come la luce e il tempo. Ancora non sappiamo cosa sia la luce o la gravità. Tuttavia, come artista, il mio obiettivo primario è quello di creare opere visivamente interessanti e la ragione dietro il mio lavoro è di secondaria importanza. Gli artisti fanno domande, non rispondono’.

Osservare una delle fotografie di Jeff Robb è come guardare le famose macchie di inchiostro dello psichiatra Hermann Rorschach: piegando la carta mentre l’inchiostro è ancora bagnato, si ottiene un’immagine bilateralmente simmetrica e viene chiesto agli spettatori quali figure vedano nella macchia.

 

Beyond Nature –  Jeff Robb

17 novembre – 16 dicembre 2022

Corso Venezia, 7 – Milano

Opening 17 novembre dalle 19,00 alle 21,00

Orari:  lunedì – venerdì: 10,00 – 18,00;  sabato e domenica su appuntamento

 

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Mostra – Denis O’Regan, 69 Days

Irlandese, con base a Londra  il fotografo Denis O’Regan e la sua galleria londinese West Contemporary lanceranno insieme una mostra online intitolata “69 Days”, nella quale esporranno e rilasceranno per l’acquisto quindici fotografie (sei inedite e 9 del repertorio classico dell’autore), tutte stampate in edizione limitata da collezione, in diverse edizioni e grandezze. Un vero on line show, accessibile per appassionati e collezionisti da tutto il mondo, che resterà aperto dal 24 Ottobre fino all’1 Gennaio 2023. 
La selezione di ritratti comprende quelli a David Bowie (O Regan era il fotografo ufficiale dell’artista), gli Stones, Freddie Mercury o Bob Marley, selezione e titolo pensati anche per celebrare il sessantanovesimo compleanno di Denis che cade quest’anno. Il numero 69 è anche l’età che il suo collega David Bowie aveva quando è morto prematuramente e 1969 è inoltre un anno speciale per i fans di Bowie, con l’uscita dell’incredibile ‘Space Oddity’. Infine, nello stesso anno si tenne il mitico concerto di Woodstock, e poi avvenne la pubblicazione di ‘Let It Bleed’ dei The Rolling Stones (un altro soggetto di O’Regan) e del loro singolo ‘Honky Tonk Women’.
Il 10% delle vendite per la mostra “60 days” verrà donato alla “Great Ormond Street Hospital’s charity” GOSH. O’ Regan ha infatti da sempre supportato enti di beneficienza per bambini durante la sua carriera, in quanto sostiene di dover aiutare I giovani in tutte le maniere possibili.
Foto Credits Denis O Regan
Courtesy of West Contemporary
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Finalmente riapre il Mufoco, spazio pubblico italiano dedicata alla fotografia

Per la fortuna nostra, e della Fotografia, sabato 22 ottobre riprenderà l’attività espositiva del Museo di Fotografia Contemporanea, Mufoco, presso la sede storica di Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo, Milano.  Le sue porte si riapriranno in grande stile, per l’occasione di due mostre e di un appuntamento di discussione sull’evoluzione della fotografia voluto dal nuovo Presidente del Museo, il poeta Davide Rondoni.

Il prossimo biennio 2023-2024 (ventesimo di fondazione del museo e quarantesimo del progetto Viaggio in Italia, custodito da Mufoco, che vide protagonisti grandi maestri della fotografia) sarà vissuto con nuove collaborazioni e progetti. Il Museo di Fotografia Contemporanea, primo e unico museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia contemporanea, si è da sempre interrogato sul significato dei tre concetti contenuti nel suo nome, tutti in dinamica trasformazione: museo, fotografia, contemporanea. La sua identità è in continua evoluzione, cercando di definire il significato di che cosa è un museo, comprendere come cambia la fotografia nella società e riflettere su cosa significhi essere contemporanei oggi, ed elaborando lungo queste linee di ricerca i suoi progetti, la sua organizzazione, i suoi ritmi, i suoi stessi spazi, fisici e virtuali. Questo si pone come luogo di relazione, in dialogo con le istituzioni, con il proprio ambito disciplinare e con le comunità del territorio. Sperimenta forme nuove di partecipazione diretta da parte dei cittadini, attraverso progetti di arte pubblica, e al contempo consolida un’esperienza espositiva che conta oltre 130 mostre personali e collettive (Italia, Canada, Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera, Olanda, Finlandia, Germania, Francia, Grecia, Albania, Spagna, Brasile e Giappone), alcune particolarmente note e apprezzate dal grande pubblico come l’opera immersiva The Ballad of Sexual Dependency della fotografa statunitense Nan Goldin, proveniente dal MoMA di New York e Luigi Ghirri. Il paesaggio dell’architettura, dedicata all’opera del maestro italiano.

Sabato 22 ottobre, dalle ore 15, saranno aperte le mostre “Paesaggio dopo Paesaggio”, a cura di Matteo Balduzzi, con fotografie di Andrea Botto, Claudio Gobbi, Stefano Graziani, Giovanni Hänninen, Sabrina Ragucci, Filippo Romano (fino al 29 gennaio 2023) e “Biomega” di Cosimo Veneziano, a cura di Lisa Parola (fino al 27 novembre 2022).

La prima mostra si inserisce nel filone della fotografia di paesaggio, tema particolarmente significativo per il Museo e ampiamente rappresentato nelle sue collezioni da opere dei grandi maestri della fotografia italiana ed europea, fino alle espressioni di autori più giovani che si sono confrontati con una nozione di paesaggio sempre più estesa. La mostra presenta oltre 100 opere di 6 artisti nati tra la metà degli anni Sessanta e Settanta, una generazione che si è formata in continuità con la tradizione della fotografia italiana di paesaggio, ma che ne ha poi esplorato pratiche e linguaggi osservando l’evoluzione del contesto internazionale. I progetti, acquisiti nel 2021 grazie al bando Strategia Fotografia promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea (DGCC) del MIC, vengono ora per la prima volta esposti al pubblico.

Biomega consiste in un’installazione composta da serigrafie e ricami su tessuto, esito un articolato progetto transdisciplinare che l’artista Cosimo Veneziano ha avviato nel 2016 e che, partendo dall’uso delle biotecnologie in ambito agroalimentare, riflette su tematiche centrali della contemporaneità quali il rapporto tra arte e natura e, più specificamente, tra coltivazione, globalizzazione, consumo, marketing e immagine. L’opera è stata acquisita dal Museo al termine del progetto, realizzato grazie al sostegno della DGCC del MIC nell’ambito della VII edizione del programma Italian Council (2019) e promosso da Fondazione Sardi Per l’Arte e l’Associazione Arteco di Torino.

La giornata prevede, inoltre, due tavole rotonde di approfondimento. La prima, alle ore 15, vedrà i 6 autori della mostra “Paesaggio dopo Paesaggio” raccontarsi e riflettere sulle prospettive e sull’eredità della fotografia italiana, in dialogo con il curatore della mostra Matteo Balduzzi. Seguirà alle ore 16.30 un momento di discussione su alcuni dei temi centrali del progetto “Biomega”, a cui partecipano l’autore Cosimo Veneziano, la curatrice Lisa Parola, il filosofo Davide Dal Sasso.

Scheda tecnica

MUSEO DI FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA

Villa Ghirlanda, via Frova 10 Cinisello Balsamo, Milano

orari: mercoledì, giovedì, venerdì ore 16-19 sabato e domenica ore 10-19. Ingresso libero

E info@mufoco.org T +39 02 6605661 www.mufoco.org

22 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023

PAESAGGIO DOPO PAESAGGIO. Fotografie di Andrea Botto, Claudio Gobbi, Stefano Graziani, Giovanni Hänninen, Sabrina Ragucci, Filippo Romano.  A cura di Matteo Balduzzi

22 ottobre – 27 novembre 2022

BIOMEGA di Cosimo Veneziano

A cura di Lisa Parola

Inaugurazione | sabato 22 ottobre 2022

Ore 15 Apertura delle mostre

Ore 15 Talk BIOMEGA  |  Ore 16.30 Talk PAESAGGIO DOPO PAESAGGIO (prenotazione consigliata: servizioeducativo@mufoco.org

Ore 18 Presentazione istituzionale

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Mostra – Ruggero Rosfer, Renaissance

Da Fabbrica Eos Gallery, VialePasubio (angolo via Bonnet) a Milano, giovedì 13 ottobre aprirà la personale che celebra Ruggero Rosfer, artista visivo proveniente dal mondo della fotografia di moda che, attraverso una rappresentazione simbolica del corpo femminile, indaga aspetti socio-culturali contemporanei. La mostra, curata da Benedetta Donato, sarà inaugurata a partire dalle ore 18.30. Il progetto “Renaissance”, che dà il titolo all’intero progetto, si compone di 15 fotografie inedite a stampa giclée su carta baritata montata su dibond. Ideato dall’artista nel 2020, il lavoro è stato portato a termine nel 2022 negli spazi della Cooperativa Scultori di Carrara. Attraverso una sequenza di immagini, una modella/attrice disegna e scolpisce il proprio corpo in un blocco di marmo fino ad amalgamarsi essa stessa con la materia, in una moltitudine di raffigurazioni legate all’antico femmineo e orientate al divenire.

«Ruggero Rosfer – scrive la curatrice Benedetta Donato – immortala una metamorfosi ciclica, non come appannaggio di un’eredità atavica, ma come frutto di un approccio di costruzione e rigenerazione profonda. Un nuovo rito di iniziazione, un risveglio interiore, che muove dalla potenza di un sentire artistico preciso, capace di  scolpire, plasmare la materia e renderla sotto forma di narrazione inedita, attraverso la commistione di linguaggi molteplici e differenti dimensioni: dal disegno alla scultura fino alla fotografia e dalla bidimensionalità alla tridimensionalità. I punti di vista offerti, consentono di andare ben oltre la prospettiva ristretta e parziale, illusoria e portatrice di un’unica verità. “Renaissance” non è altro che rigenerazione, rinnovamento, riappropriazione del pensiero e della volontà. Partecipazione a qualcosa che è in noi e al di là di noi».

“L’azione compiuta da Ruggero Rosfer  – prosegue Donato – prende avvio da concettualità lontane, da quella fecondità del principio femminile, che non va confusa con l’archetipo riferito all’estetica legata al femmineo. Quest’ultimo infatti non è identità concreta, bensì immagine interiore, densa di un simbolismo che, nella selezione di opere presentate, diventa visibile e si articola in questa serie di concetti primordiali, sintetizzati nel mistero universale, sapientemente reinterpretato, come forza creativa e creatrice, in grado di scolpire il mondo. Accade di attraversare il mito della creazione, in un intenso viaggio, dove la figura protagonista di queste rappresentazioni, si riappropria del suo potere, della propria forza, perpetrando il ciclo infinito di vita-morte-rinascita, con l’ausilio e per volontà delle sue stesse mani, metafora di un ventre fecondo e quindi del principio femminile per eccellenza, che qui genera nuova vita in primis del pensiero, a sottolineare la profondità dell’intenzione, consapevole, di una peculiarità unica e innata, da cui irradiano molteplici significati e abilità”.

Il percorso espositivo è completato da una scultura in bronzo nata dal dialogo di Ruggero Rosfer con il gallerista Giancarlo Pedrazzini. Grazie alle riprese 3D, alla predisposizione di un modello plastico e alla successiva fusione in bronzo, verrà riprodotta in forma tridimensionale l’opera intitolata “Renaissance VI”, che ritrae la figura femminile nell’atto di scolpire il blocco di marmo.

La mostra, accompagnata da un catalogo (progetto grafico e stampa RMT) con un testo critico di Benedetta Donato e un ricco apparato iconografico, sarà visitabile da martedì a venerdì con orario 11.00-13.00 e15.30-18-30, sabato su appuntamento.

Per informazioni: tel. 026596532, info@fabbricaeos.it, www.fabbricaeos.it.

La sede storica della galleria, con un programma espositivo parallelo, si trova in Piazzale A. Baiamonti a Milano.

 

 

Ruggero Rosfer, note biografiche

Rosfer nasce a Milano nel 1969. Dopo il diploma di maturità artistica, frequenta la Facoltà di Architettura presso il Politecnico di Milano. Nel 1996 si trasferisce a Londra e inizia a lavorare come fotografo di moda, collaborando con diverse testate inglesi ed italiane. Nel 2005 viene chiamato come fotografo di scena sul set de “Il Mercante di Venezia”, per la regia di Michael Radford, dove ritrae Al Pacino, Jeremy Irons e Joseph Fiennes. Il lavoro viene pubblicato in esclusiva da “Vanity Fair Italia”. Lo stesso anno si trasferisce a Pechino, iniziando una serie di collaborazioni, tra cui si ricordano quella con il giornalista Fabio Cavalera per alcuni reportage pubblicati dal “Corriere della Sera” e altre con testate cinesi di moda, quali “Vogue”, “L’Officiel” e “Marie Claire”. Gli vengono inoltre affidati i ritratti dei campioni olimpici cinesi, chiamati a partecipare alle Olimpiadi di Pechino del 2009. Nel 2006 prende avvio un profondo sodalizio con l’artista cinese Shaokun, dal quale nascono progetti unici, in cui la fotografia raffinata di Rosfer si fonde perfettamente con la magistrale pittura ed incisione di Shaokun. I lavori firmati dal duo di artisti vengono presentati in anteprima mondiale nel 2008 presso la galleria milanese Fabbrica Eos di Giancarlo Pedrazzini. In quel periodo, Rosfer realizza la campagna sociale per “Telefono Donna” contro la violenza sulle donne. Divenuta oggetto di un controverso dibattito perché ritenuta un’immagine choc, la campagna viene censurata dalle istituzioni, nonostante gli apprezzamenti da parte del pubblico femminile. I manifesti censurati, numerati e firmati dall’artista, vengono successivamente esposti nella galleria Fabbrica Eos e il ricavato delle vendite devoluto all’Associazione “Telefono Donna”, che aveva commissionato la campagna. Dalla fotografia originale nasce l’opera intitolata “Senza parole”. Nel 2012 viaggia in India per alcuni mesi, dove fotografa il Paese, attraverso le sue diverse caste sociali. Protagoniste del reportage sono le famiglie: da quelle nobili dei Maharaja a quelle più umili della comunità degli intoccabili, per restituire una visione della dignità umana. A Jaipur nasce il lavoro “Free to dream”, composto da fotografie e una video installazione ed esposto nel 2014 durante la personale presso Fabbrica Eos. Negli anni firma diverse campagne pubblicitarie di successo: nel 2013 è autore della comunicazione di bellezza per l’azienda Bionike Italia; dal 2016 lavora con l’agenzia Sportwide per alcune campagne sociali promosse dall’UNHCR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che vedono coinvolti quali testimonial d’eccezione personaggi del mondo dello sport come Gianluca Vialli, Demetrio Albertini e molti altri. L’attitudine poliedrica di Rosfer lo porta a spaziare con la sua arte dal cinema alla musica. Spesso regista di spot pubblicitari, è inoltre autore della cover del singolo “Generazione”, interpretato dal cantante Francesco Tricarico. Il suo ultimo lavoro, “Renaissance”, composto da una serie di 15 fotografie e una scultura, è stato realizzato a Carrara, terra di cave e laboratori dedicati alla lavorazione del marmo. Attualmente vive e lavora a Milano.

 

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Mostra – Giovanni Hänninen “Le molte vite di Milano”

Da un incontro piacevole e quasi casuale con Giovanni Hänninen, nasce l’idea di “Le molte vite di Milano”, la mostra che inaugurerà la nuova stagione della galleria Valeria Bella per quanto riguarda gli eventi in sede. La mostra mette a fuoco alcuni elementi di Milano che stanno particolarmente a cuore al fotografo finlandese cresciuto a Milano. Ingegnere aerospaziale coi piedi ben saldi per terra, Hänninen rimane affascinato da figure carismatiche come Gabriele Basilico, che lo battezza fotografo e ne diventa una specie di padrino. La mostra si basa su un estratto del grande lavoro realizzato da Hänninen su Milano. Al centro di tutto il Teatro alla Scala, con il quale Hänninen collabora da più di un decennio. Cominciando come fotografo di scena della Filarmonica della Scala ha poi focalizzato la sua attenzione sull’architettura del Teatro grazie a una mostra con il Museo Teatrale alla Scala nel 2019. Queste esperienze gli hanno permesso di vedere il Teatro con un occhio nuovo e intimo. Soffermandosi su momenti solitamente invisibili al pubblico che mostrano la grandiosità di questo Teatro unico al mondo. La mostra attinge da un grande corpus di lavoro che indirizza lo sguardo ai diversi volti della metropoli: The Missing Piece è un ritratto molto personale di Milano. La città, dal centro alla periferia, appare riempita di spazi bianchi immacolati durante il primo lockdown occidentale: tutte le pubblicità sono sparite lasciando un senso di vuoto che ha preso il posto dei sogni, quello smarrimento che ha caratterizzato le insicurezze di questi primi anni ’20. Nella città in attesa vediamo una sorta di città ideale che fu, costituita dai pezzi dimenticati della metropoli, luoghi pubblici dove la gente ha vissuto, spazi che non servono più o che stanno rinascendo nell’idea di una nuova vita. Un cinema, un teatro, una stazione di servizio con un passato pieno di significati e un presente di oblio. Le eccellenze universitarie milanesi fanno da contraltare alla cittàinattesa. Sono i luoghi dove Milano forgia le nuove generazioni, luoghi di avanguardia e tradizione, dove il futuro non è altro che lo sviluppo del passato (quasi) sempre grande di Milano. ‘Ndrangheta, una storia nascosta della Milano notturna: un viaggio nella notte milanese a scoprire le influenze della malavita nella vita della città. In mostra due chioschi ambulanti, uno dei quali fatto esplodere perché non pagava il pizzo diventando così corpo di reato. Completano l’esposizione de “Le molte vite di Milano” un affettuoso ritratto delle 5 vie, dove si trova lo studio del fotografo, e il suo progetto più recente Flux, human trajectories in Architecture una serie di immagini che studia il movimento delle persone negli spazi urbani. Una perfetta rappresentazione dei milanesi, che non si fermano mai, neanche nelle foto di Giovanni Hänninen.
Note biografiche sull’autore
Giovanni Hänninen ha conseguito un dottorato di ricerca in Ingegneria aerospaziale e insegna Fotografia per l’architettura al Politecnico di Milano. Dal 2009 fotografa per la Filarmonica della Scala. Nel 2012 suinvito di Gabriele Basilico realizza con Alberto Amoretti il progetto città in attesa. The Josef and Anni Albers Foundation lo invita a fotografarela propria residenza d’artista in Senegal e le sue immagini vengono scelteper la mostra Thread (2017) da David Zwirner, New York. Nel 2018 presenta il progetto d’arte pubblica People of Tamba in diverse città. Nel2019 realizza una campagna fotografica per la Pilotta di Parma e partecipa alla mostra Nei Palchi della Scala al Museo Teatrale alla Scala. Ilsuo progetto The Missing Piece (2020) ha vinto il PhotoBrussels Festival. Nel 2021 partecipa al Padiglione Italia della XVII Biennale di Architettura con la sua serie di fotografie volute da Arte Sellaper il progetto Dopo/After.

La mostra in breve:

Galleria Valeria Bella “Le molte vite di Milano” di Giovanni Hänninen dal 30 settembre al 21 ottobre 2022

Inaugurazione il 29 settembre dalle ore 18.30 Via Santa Cecilia 2, entrata da via San Damiano

Orari: MAR/SAB h. 10 – 19 non stop LUN h. 15 – 19

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In mostra a Milano i vincitori del Sony World Photography Award 2022

Dal 14 settembre al 30 ottobre, i prestigiosi spazi di Fondazione Stelline di Milano ospiteranno la mostra italiana dei vincitori di uno dei più seguiti contest internazionali, il Sony World Photography Award. Giunto alla 15esima edizione, e promosso da World Photography Organisation e Sony, il contest quest’anno ha visto in finale otto autori italiani, tra i quali Giacomo d’Orlando, Lorenzo Poli, Alessandro Gandolfi, Federico Borella, con oltre 340.000 immagini inviate, provenienti da 211 territori, e più di 156.000 presentate al solo concorso Professional, il numero più alto di concorrenti nella storia degli Awards. La collettiva, possibile grazie alla main partnership di Fondazione Fiera Milano e al grande impegno di Cristina Papis, responsabile comunicazione di Sony, dopo la tappa dello scorso aprile alla Somerset House di Londra, è stata nuovamente prodotta in Italia e curata da Barbara Silbe, direttore di EyesOpen! Magazine. Sarà un’occasione unica per ammirare da vicino alcune delle migliori produzioni fotografiche contemporanee, come il progetto “Migrantes” del fotografo australiano Adam Ferguson, che si è aggiudicato il titolo di Photographer of the Year; le opere di Federico Borrella sul traffico di animali esotici, premiato con il 2° posto per la categoria Wildlife and Nature all’edizione Professional, quelle di Giacomo Orlando e Alessandro Gandolfi, che si sono aggiudicati il 3° posto rispettivamente nella categoria Ambiente e Natura Morta, oltre al progetto di Antonio Pellicano, vincitore del National Award, Rise Up Again.

“Gli scatti proposti costituiscono testimonianze preziose del nostro tempo perché racchiudono storie che non conosciamo e che meritano di essere raccontate e condivise. Siamo particolarmente orgogliosi dei riconoscimenti conquistati ogni anno, e mai come in questa edizione, dai fotografi italiani grazie al valore culturale e all’eccellenza tecnica che distinguono le loro opere. È importante sottolineare la natura internazionale del concorso, aspetto che Sony desidera valorizzare attraverso le tappe locali di un tour globale che permette a un pubblico sempre più vasto di ammirare le fotografie premiate. E ricordare che Sony World Photography Awards rappresenta solo uno dei modi, sebbene sicuramente tra i più importanti, con cui Sony si impegna a sostenere il mondo della fotografia, attraverso la continua innovazione tecnologica da un lato e un supporto fattivo al lavoro dei fotografi di ogni livello dall’altro. Il premio, infatti, rappresenta una piattaforma internazionale di grande visibilità che ci auguriamo possa aprire per vincitori e finalisti nuove opportunità di lavoro”. Federico Cappone, Country Manager di Sony in Italia.

Il nostro direttore, Barbara Silbe, afferma: “I vincitori di questa competizione raccontano le storie dell’umanità e portano fino a noi frammenti di terre vicine e lontane, riassegnando alla fotografia il suo ruolo nodale, quello che da sempre mi incanta: la sua capacità di testimoniare gli avvenimenti contemporanei e consegnarli alla futura memoria collettiva. Le vicende che emergono dagli sguardi originali dei tanti fotografi premiati, riguardano segnatamente la natura, le migrazioni, la crisi climatica, l’inclusività, le fonti energetiche, la bellezza, i giovani, la scienza… Riguardano noi, i cambiamenti che abbiamo attraversato e che ci attendono. E selezionare l’insieme della produzione 2022 nelle sue dieci categorie, mi ha rinnovato la convinzione che gli Awards siano di grande valore, proprio perché il gran numero di progetti inviati da tutto il mondo sollecitano quell’empatia tra gli individui che talvolta sembriamo dimenticare. Negli altri ci riconosciamo, ci ritroviamo, e i fotografi lo sanno”. 

Tutto l’incasso della biglietteria, grazie anche alla collaborazione con Fondazione Fiera Milano e Fondazione Stelline, verrà totalmente devoluto a Fondazione Progetto Arca, onlus che lo scorso 30 marzo ha avviato una collaborazione con Fondazione Fiera Milano per supportare il popolo ucraino. La collaborazione ha visto a oggi l’invio di 22 tir con a bordo oltre 170 tonnellate di materiali (alimentari, prodotti per l’igiene personale, pannolini, stoviglie monouso, coperte, sacchi a pelo e altri beni di prima necessità, oltre a giocattoli e pelouche) e la recente realizzazione di un video nel quale sei fra i più famosi comici milanesi (Giacomo Poretti, Raul Cremona, Elio, Pucci, Enrico Bertolino e Andrea Pisani) invitano a donare per il sostentamento di due mense per gli sfollati gestite dai volontari di Progetto Arca, attive rispettivamente ai confini dell’Ucraina con Polonia e Romania. Fondazione Fiera Milano, insieme al Gruppo Fiera Milano, ha messo a disposizione di questo appello risorse, relazioni e capacità logistica, in linea con la propria missione che include il sostegno ai territori e alle comunità.

Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca: “È un onore essere partner in questo importante progetto artistico che vede la sua manifestazione finale a Milano, la città in cui Progetto Arca è nata e da cui siamo partiti per ogni missione umanitaria che abbiamo affrontato in questi anni di aiuto ai più fragili. Come quella in Ucraina, iniziata il giorno dopo l’inizio della guerra. Oggi siamo ancora lì: abbiamo dispensato aiuti, alimenti e conforto alle tante famiglie che abbiamo accolto, e abbiamo costruito in tempo record mense da migliaia di pasti al giorno per gli sfollati. Questo è stato possibile in particolare grazie al sodalizio con Fondazione Fiera Milano e oggi proseguiamo accompagnati da altri sostegni concreti come questo con Sony World Photography Awards. Grazie di cuore da parte mia e di tutti gli operatori e volontari che ogni giorno sono in prima linea con il loro tempo, le loro competenze e la loro energia”.

Creati dalla World Photography Organisation e acclamati in tutto il mondo, i Sony World Photography Awards rappresentano uno degli appuntamenti più importanti per il settore fotografico internazionale. Aperti a tutti a titolo gratuito, rappresentano un importante sguardo sul mondo della fotografia contemporanea e offrono agli artisti, sia affermati che emergenti, la straordinaria opportunità di esporre il proprio lavoro. Inoltre, oltre a consentire l’occasione per riconoscere i fotografi più influenti al mondo attraverso il premio Outstanding Contribution to Photography; tra i vincitori degli anni passati figurano Martin Parr, William Eggleston, Candida Hofer, Nadav Kander, Graciela Iturbide, Elliott Erwitt.

LA MOSTRA

Fondazione Stelline, dal 14 settembre al 30 ottobre 2022.

Orari: da martedì alla domenica dalle ore 10 alle ore 20 al costo di €12 (ridotto €8).

CREDITI FOTOGRAFICI, DA SINISTRA A DESTRA, PER RIGA:

© Adrees Latif, Stati Uniti, shortlist, concorso Professional, Portfolio, Sony World Photography Awards 2022

© Fabian Ritter, Germania, finalista, concorso Professional, Documentaristica, Sony World Photography Awards 2022

© Andrea Bettancini, Italia, shortlist, concorso Professional, Documentaristica, Sony World Photography Awards 2022

© Hugh Kinsella Cunningham, Regno Unito, shortlist, concorso Professional, Fotografia creativa, Sony World Photography Awards 2022

© Luca Locatelli, Italia, shortlist, concorso Professional, Portfolio, Sony World Photography Awards 2022

© Serena Dzenis, Australia, shortlist, concorso Professional, Architettura e Design, Sony World Photography Awards 2022

© Raphaël Neal, Regno Unito, finalista, concorso Professional, Fotografia creativa, Sony World Photography Awards 2022

© Anna Neubauer, Austria, finalista, concorso Professional, Portfolio, Sony World Photography Awards 2022

© Adam Ferguson, Austrialia, finalista, concorso Professional, Ritratto, Sony World Photography Awards 2022

© Georgios Tatakis, Grecia, finalista, concorso Professional, Ritratto, Sony World Photography Awards 2022

© Areshina Nadezhda, Federazione Russa, shortlist, concorso Open, Ritratto, Sony World Photography Awards 2022

© Phillip Walter Wellman, Stati Uniti, shortlist, concorso Professional, Ritratto, Sony World Photography Awards 2022

© Oana Baković, Romania, finalista, concorso Professional, Vita selvaggia e natura,  Sony World Photography Awards 2022