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Mostra – Invidio quelli che ballano

Inaugura il 28 settembre alle 18 presso Alessia Paladini Gallery di Milano (in via Pietro Maroncelli, 11) la mostra Invidio quelli che ballano di Maria Vittoria Backhaus, artista eclettica, intelligente, dotata di un senso estetico raffinato e di una creatività esplosiva e rivoluzionaria. Inserita nel programma della diciottesima edizione di Photofestival, resterà aperta fino al 18 novembre una selezione di oltre quaranta fotografie di moda realizzate tra il 1997 e il 2013 che ci trasportano nel caleidoscopico, colorato, unico mondo della fotografia di Milano. Immagini raffinate non inquadrabili in alcun genere mainstream preconfezionato.

Classe 1942, dopo gli studi in Scenografia all’Accademia di Brera, Maria Vittoria Backhaus inizia la sua carriera nella seconda metà degli anni Sessanta come fotoreporter di eventi culturali, politici e musicali della scena beat. Le difficoltà incontrate come fotografa donna nel mondo dell’informazione, la spingono però in un’altra direzione. «Io avevo un grande amico, Guido Vergani, con cui ho coperto temi di costume ma anche il banditismo in Sardegna ed era un lavoro che mi piaceva tantissimo. A un certo punto non mi hanno più mandato ma la ragione era stupida: non pagavano due diverse camere d’albergo per il fotografo e il giornalista che allora dormivano insieme nelle stanzette. […] Poi ero abbastanza politicizzata e l’ultima parte della carriera di reporter l’ho passata lavorando per giornali che mi mandavano a fotografare le fabbriche. […] Frequentando il Bar Jamaica, c’era Flavio Lucchini che mi ha chiamato a L’Uomo Vogue e Casa Vogue. Io gli ho detto: “cosa vengo a fare? non sono capace”. Fotografavo delle cose esistenti invece lì si doveva costruire una fotografia. […] Per me la fotografia era un lavoro, ho sempre dovuto mantenermi. Quindi, se non riuscivo a mantenermi con il reportage, si doveva cambiare».

Ecco che il suo sguardo sulla moda è sin da subito ironico e critico: la fotografia per Maria Vittoria è un mezzo per documentare il reale e la moda l’esaltazione del superfluo. I suoi studi sulla scenografia la spingono a creare set elaborati e sorprendenti. E così in mostra è possibile ammirare le sue immagini legate al mondo del fashion interpretato secondo uno sguardo del tutto originale e che sono state pubblicate per i più importanti giornali di settore come Vogue, Uomo Vogue, Io Donna e altri. Le serie da cui sono state scelte sono FilicudiIconFiabe, e anche alcune fotografie In studio e altre realizzate a Milano. Il mondo onirico e metaforico della favola entra nell’immagine con il simbolo della mela (la modella la tiene in mano, ce ne sono diverse sparse sul pavimento e sul tavolo) o con una particolare bella addormentata su una pila di materassi spogli ricoperti da fiori colorati, ma anche con una insolita modella Biancaneve che serve la pizza ai sette nani famelici. Tra le icone troviamo una statua di Obama, una di Mao Tse Tung, o le madonne di Filicudi. Setting più vintage per le fotografie realizzate in studio, carta da parati, poltrone di design e dettagli d’annata. Ma le modelle sono anche fotografate su un autobus milanese, così come ai modelli viene chiesto di stirare.

Innegabilmente, Maria Vittoria Backhaus ha espresso un cambiamento radicale nella definizione di “fotografia di moda”, offrendo una visione sperimentale, originale e unica del fashion, del design, del lusso, sempre coerente con la sua idea fondante di fotografia: raccontare dove si è e cosa succede nella propria contemporaneità. Nel 2000 per esempio inserisce degli orologi di lusso nella «nuova estetica arrivata insieme all’immigrazione: le case degli immigrati con la borsa del supermercato, le piante, i fiori di plastica, le immagini sacre e, in questo setting, ho appoggiato l’orologio sopra un altarino indiano. Era un racconto, non mi interessava tanto l’orologio di per sé».

«In fotografia ho fatto un po’ tutto perché io sono il contrario della specializzazione. Non mi interessava essere una fotografa di moda, di design. Ho fatto qualsiasi cosa fondamentalmente pensando di fare la mia foto». Artista eclettica che però ha un rimorso, proprio quello che dà il titolo a questa straordinaria selezione in mostra presso Alessia Paladini Gallery: «Cosa avrei voluto fare? Ballare! Invidio quelli che ballano. Sono invidiosissima di quelli che sanno ballare! Ci sono tante altre cose che vorrei fare perché naturalmente io voglio fare tutto: voglio disegnare, ricamare, cucinare, qualsiasi cosa e mi disperdo in queste 500 cose da fare. Sono sempre convinta di portarle a termine quando converrebbe limitare la progettualità, ma non ci riesco. Un’altra cosa che ho sempre fatto è prendere delle case brutte e farle diventare belle».

 

Note biograficheMaria Vittoria Backhaus studia scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera; in quegli anni frequenta il leggendario Bar Jamaica, centro focale della scena artistica milanese, affollato tra gli altri da fotografi quali Ugo Mulas, Alfa Castaldi e Mario Dondero. Inizia la sua carriera nella seconda metà degli anni Sessanta come fotoreporter di eventi culturali, politici e musicali della scena beat. Le difficoltà incontrate come fotografa donna nel mondo dell’informazione, la spingono però in un’altra direzione. Nei primi anni ’80 inizia a collaborare con L’Uomo Vogue e Casa Vogue e da allora si specializza nello still life, nella fotografia di moda e di design, sviluppando fin da subito uno stile originale e trasgressivo, avvicinandosi al mondo della moda con sguardo ironico e critico: la fotografia per Maria Vittoria è un mezzo per documentare il reale e la moda l’esaltazione del superfluo. Talento, sicurezza di gusto, perizia di luci e una inesauribile creatività, supportata dagli studi di scenografia che la spingono a creare set elaborati e sorprendenti, definiscono lo stile unico di questa icona della fotografia italiana. Lo sguardo sempre attento alla contemporaneità, all’attualità e ai cambiamenti sociali in atto, Maria Vittoria Backhaus cambia le regole della fotografia di moda, still life e design, interessandosi prima che all’oggetto da ritrarre a ciò che un’immagine può raccontare allo spettatore. Alle tantissime foto scattate su commissione si aggiungono molti lavori su progetti personali che attualmente sono al centro della sua attività insieme al salvataggio del suo archivio. Nel 2021 ha ricevuto il premio alla carriera Arturo Ghergo e nello stesso anno ha trasferito la sua casa e il suo studio in Piemonte. Dal 31 marzo al 25 giugno 2023, il Middle MonFest, l’anno di intermezzo della Biennale di Casale Monferrato, con la direzione artistica di Mariateresa Cerretelli e la curatela di Luciano Bobba e Angelo Ferrillo ha presentato nelle Sale Chagall del Castello di Casale: Maria Vittoria Backhaus, I miei racconti oltre la fotografia, la sua prima grande antologica in Italia. Le sue fotografie sono state pubblicate sulle più importanti riviste quali Vogue, L’Uomo Vogue, Casa Vogue, Case da Abitare, Abitare, Io Donna; ha scattato campagne per marchi internazionali della moda e del design, in primis la collaborazione ventennale con Flexform.

Invidio quelli che ballano. Fotografie di Maria Vittoria Backhaus 28 settembre – 18 novembre 2023

ALESSIA PALADINI GALLERY

Via Pietro Maroncelli 11, 20154 Milano

Orario: martedì-venerdì 11-14 e 16-19; sabato 12-19, ingresso gratuito

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Incontri – Myriam Boulos, le notti della rivoluzione

All’interno del suo programma aperto al pubblico de “I Giovedì in CAMERA”, giovedì 13 aprile alle ore 18.30, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia ospita la giovane fotografa libanese Myriam Boulos che dialogherà con Monica Poggi, curatrice della mostra “Eve Arnold. L’opera 1950-1980”.

Classe 1992, nel 2021 Myriam Boulos viene accolta nella prestigiosa agenzia fotografica Magnum Photo della quale Eve Arnold – le cui opere sono in mostra a CAMERA fino al 4 giugno – è stata uno dei membri più attivi e amati, a partire dal suo ingresso come prima donna dell’istituzione, insieme a Inge Morath, nel 1951. A partire dai primi lavori, Myriam Boulos racconta la società contemporanea libanese scegliendo di concentrarsi sulla capitale Beirut di notte, momento nel quale si manifestano con maggiore nettezza i contrasti di una città complessa, dove le differenti espressioni identitarie e la libertà sessuale faticano ancora a trovare un posto. La fotografia è per Boulos uno strumento di giustizia sociale e una forma di resistenza dall’ottica patriarcale, mettendo in discussione i ruoli di genere e le forme di oppressione che si vivono quotidianamente nel paese. Le sue immagini catturano l’essenza di un grido collettivo, il battito di una nazione dalle molte facce, luoghi, problemi e contraddizioni.

Durante i miei primi anni come fotografa – dichiara Myriam Boulos – scattavo solo di notte. Per me quello era il momento in cui la mappa sociale di Beirut appariva improvvisamente nitida. Fotografavo per strada ma anche nell’intimità delle persone. Considero l’intimità uno dei luoghi in cui siamo più esposti alla violenza (fisica o emotiva). Allo stesso tempo, l’intimità è uno spazio in cui possiamo reinventarci. Penso che il personale sia inevitabilmente politico.

A partire dall’ottobre del 2019, Boulos inizia a fotografare anche di giorno, documentando la rivoluzione e le conseguenze da esse portate nella città e fra le persone. Nel 2021, con il paese ancora immerso in una situazione di forte instabilità, lancia un appello aperto su Instagram: “Se ti identifichi come donna e vuoi condividere le tue fantasie sessuali, mandami un’e-mail”. Il risultato è una serie intitolata Sexual Fantasies, che analizza il tema del desiderio femminile e il modo in cui si radica e sviluppa all’interno delle realtà politiche e sociali contemporanee.

Mi piace credere che dare spazio alle storie personali sia un atto di resistenza – continua la Boulos – e che sfidare i modi tradizionali di rappresentare l’oppressione nella nostra regione sia un modo per reclamare ciò che è nostro.

 Nonostante la giovane età, lo straordinario corpus di opere di Myriam Boylos rompe le percezioni e gli stereotipi, trasmettendo, attraverso diverse serie fotografiche, un paesaggio contemporaneo nel quale i volti, i limiti, le fratture, gli istanti di fragilità ed emotività coesistono in immagini che sono un delicato inno di resistenza.

Il suo lavoro è stato pubblicato su alcune delle testate internazionali più importanti, fra cui “Vanity Fair”, “Vogue” e “Time”.

Intervengono:

Myriam Boulos, fotografa

Monica Poggi, curatrice della mostra “Eve Arnold. L’opera 1950-1980”

 

Note biografiche

Myriam Boulos

Classe 1992, all’età di 16 anni ha iniziato a usare la macchina fotografica per indagare con l’obiettivo la città di Beirut, la sua gente e capire qual era il suo posto nel mondo. Si è laureata con un master in fotografia all’Académie Libanaise des Beaux Arts nel 2015 e ha partecipato a mostre collettive nazionali e internazionali. Nel 2020 ha co-fondato ed è diventata photo editor di Al Hayya, una rivista bilingue che pubblica contenuti letterari e visivi sulle opere, gli interessi e i conflitti delle donne nella sua regione. Dal 2021 è parte dell’agenzia fotografica Magnum Photos.

 

Ingresso a 3 Euro. Per prenotazioni, www.camera.to.

INFORMAZIONI

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Via delle Rosine 18, 10123 – Torino www.camera.to | camera@camera.to

Facebook/ @cameratorino

Instagram/ @cameratorino

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Mostra – Denis O’Regan, 69 Days

Irlandese, con base a Londra  il fotografo Denis O’Regan e la sua galleria londinese West Contemporary lanceranno insieme una mostra online intitolata “69 Days”, nella quale esporranno e rilasceranno per l’acquisto quindici fotografie (sei inedite e 9 del repertorio classico dell’autore), tutte stampate in edizione limitata da collezione, in diverse edizioni e grandezze. Un vero on line show, accessibile per appassionati e collezionisti da tutto il mondo, che resterà aperto dal 24 Ottobre fino all’1 Gennaio 2023. 
La selezione di ritratti comprende quelli a David Bowie (O Regan era il fotografo ufficiale dell’artista), gli Stones, Freddie Mercury o Bob Marley, selezione e titolo pensati anche per celebrare il sessantanovesimo compleanno di Denis che cade quest’anno. Il numero 69 è anche l’età che il suo collega David Bowie aveva quando è morto prematuramente e 1969 è inoltre un anno speciale per i fans di Bowie, con l’uscita dell’incredibile ‘Space Oddity’. Infine, nello stesso anno si tenne il mitico concerto di Woodstock, e poi avvenne la pubblicazione di ‘Let It Bleed’ dei The Rolling Stones (un altro soggetto di O’Regan) e del loro singolo ‘Honky Tonk Women’.
Il 10% delle vendite per la mostra “60 days” verrà donato alla “Great Ormond Street Hospital’s charity” GOSH. O’ Regan ha infatti da sempre supportato enti di beneficienza per bambini durante la sua carriera, in quanto sostiene di dover aiutare I giovani in tutte le maniere possibili.
Foto Credits Denis O Regan
Courtesy of West Contemporary
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Libri – A soft gaze at intimacy

Vi segnaliamo un bel progetto editoriale ed etico che vale la pena supportare. Raduna la creatività di 34 autrici e si intitolerà A soft gaze at intimacy, nome che identifica una comunità online che protende alla vita vera fatta di carta e connessioni; quasi fosse un luogo fisico in cui trovarsi, in cui accomodarsi piano e un modo per entrare in contatto con la vulnerabilità e la storia di ciascuna persona, di ciascuna artista. La pubblicazione, che sarà stampata anche grazie al nostro sostegno e ai pre-ordini, fonde la potenza alla fragilità unendo più voci in una grande elaborazione a più teste e animi.

In questa prima campagna crowdfounding, interamente curata dal team indipendente di Selfself Books, si sono incontrate appunto 34 autrici internazionali per la realizzazione di un volume collettivo che concentra la sua attenzione sulla potenza femminile e sul racconto della realtà più intima intrinseca in ognuno di noi, narrata attraverso un percorso visivo fatto di corpi, paesaggi, oggetti, ma anche, e soprattutto, relazioni umane. La pubblicazione vedrà, inoltre, la partecipazione di alcune curatrici italiane attive sul panorama fotografico, tra le quali Benedetta Donato, Alessia Locatelli, Laura Davì.

La campagna di raccolta fondi per la creazione del libro collettivo permetterà di supportare parallelamente l’associazione Ucraina CVIT, una nuova realtà al femminile che, dallo scoppio della guerra in Ucraina, si è subito attivata per portare aiuti umanitari, in termini medicali e di attrezzatura di difesa, da fornire alla popolazione civile. Per ogni contributo versato su selfselfbooks.com, a scelta tra i pacchetti #2 e #3, verrà versata all’associazione una percentuale della donazione (variabile fino alla sua metà), trattenendo il restante per la creazione e la consegna di una copia del libro a ciascun donatore. Kris Voitkiv, fotografa ucraina inclusa nella pubblicazione, è volontaria e fondatrice dell’associazione.

CAMPAGNA ATTIVA dal 28.03 al 11.05

Presentazione del libro durante il festival LIVE – Living Inside Various Experiences by Selfself dal 10 al 12 Giugno 2022 presso Pergola15.

Le autrici selezionate:

Adina Salome Harnischfeger, Aina Maria Cantallops Cifre, Alexia Colombo, Anna Breit, Annika Weertz, Arianna Genghini, Caroline Dare, Caroline Mackintosh, Chiara Cunzolo, Cinzia Gaia Brambilla, Clara Milo, Clara Nebeling, Costanza Musto, Cristina Altieri, Elisa Moro, Gaia Bonanomi, Giulia Gatti, Jasmine Bennister, Jule Wild, Kris Voitkiv, Laurie Bassett, Liza Kanaeva, Luisa Gutierrez, Lydia Metral, Maria Maglionico, Martina Parolo, Maya Francis, Megan Auer, Milena Villalón, Roberta Krasnig, Serena Salerno, Simone Steenberg, Sophie Kampf, Valeria Dellisanti.

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Mostre – Willy Sanson, Un oceano infinito di anime

La personale di questo pluripremiato fotografo viaggiatore inaugura venerdì 10 settembre alle ore 18, e resterà aperta fino al 24 ottobre, presso il Mercato Centro Culturale Arte Contemporanea di Argenta, Ferrara. Curata da Mihaela Merzin, e promossa in collaborazione con l’Associazione Culturale Giovan Battista Aleotti 1546, raccoglie  il racconto per immagini realizzato da Sanson tra India e Sud-est asiatico. Un approccio, il suo, che è incontro e scoperta già annunciato nel titolo, con l’obiettivo sempre rivolto alle persone ritratte percorrendo tracciati lontani dalle grandi rotte turistiche. Willy ha iniziato a viaggiare a 29 anni, attratto dall’Oriente, area geografica che ha sognato e studiato a lungo ancora prima di partire. Laos, Cambogia, Thailandia, Vietnam, Malesia, India, Nepal, Myanmar, Cina, Indonesia… molte le genti che compaiono nel suo portfolio, avvicinate con curiosità e grande attenzione, per un’antologia di colori e volti che emozionano lo spettatore. L’autore predilige il  colore, quasi volesse riportarcelo da quegli stessi Paesi visitati, e il ritratto ravvicinato, quasi fosse sempre alla ricerca di una relazione intensa con i suoi soggetti, come un uomo che incontra lo sguardo di un altro uomo e con rispetto si presenta a lui.

Aperta con ingresso Libero, obbligo di green pass.
Accessibile anche alle persone disabili
Info:
Mercato Centro Culturale | Comune di Argenta
P.zza Marconi, n.1 | 44011 Argenta – FE
Tel. 0532-330276
N. Verde 800111760
r.rizzioli@comune.argenta.fe.it
iatargenta@comune.argenta.fe.it

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Portfolio – Nicole Gentile, Im-Perfezione

Per arrivare agli altri, bisogna dire la verità, costi quel che costi. Essere se stessi, senza veli, mostrando virtù e debolezze, per fare in modo che il nostro prossimo in noi si riconosca. Vale nella vita, così come in fotografia. Vi siete mai chiesti per quale ragione ci piace un libro o piangiamo guardando un film? La risposta è che tra quelle righe, in quelle scene, troviamo corrispondenze con il nostro più intimo sentire.  Tendiamo a ricondurre a nostre personali esperienze le storie che leggiamo o ci vengono raccontate, affidando agli artisti quello che non sappiamo esprimere. E più queste sono vere, più il prodigio si compie e le imprime per sempre nella nostra memoria. Lo ha capito Nicole Gentile, che dopo un iniziale tentennamento ha scelto di aprire il sipario su una delle esperienze che più l’ha resa fragile:  la sua malattia. Da questo palcoscenico, lei ci dice che soffre di vitiligine, ci prende per mano forzandoci a osservare le chiazze visibili sulla cute che la espongono a sguardi e invadenze altrui, eppure sono opportunità per crescere e diventare forti. La sua storia, le sue macchie sulla pelle, le hanno imposto un percorso di approfondimento e accettazione che sta facendo anche attraverso il medium fotografico. Obiettivo rivolto su se stessa, sulle tappe da affrontare, sulle sue radici, con una narrazione del quotidiano che comporta anche l’esplorazione frontale davanti allo specchio durante il trucco di questa amica-nemica con la quale deve convivere in pace. Nella sua indagine visuale, Nicole ha deciso di mescolare gli autoritratti a una documentazione più simbologica, sostando sugli elementi che rappresentano la sua esperienza: un referto, i farmaci, i cosmetici, le foto della nonna… E’ la prima tratta di un viaggio che la condurrà lontano.

 

Nicole Gentile

In adolescenza mi è stata diagnosticata la vitiligine, una malattia che coinvolge la pigmentazione cutanea causata dalla mancanza di melanina. Conoscevo la malattia perché anche mia nonna ne era affetta e nel momento in cui mi è stata diagnosticata ho finito per ripercorrere la strada della non accettazione intrapresa da lei anni prima. Accogliere questo cambiamento è stato difficile. La vitiligine non è una malattia limitante, non crea dolore, ma genera disagi psicologici. La sua continua evoluzione rende la mia immagine mutevole, anno dopo anno, costringendomi costantemente al confronto con nuove macchie che compaiono sul mio corpo.

In una società che promuove canoni di bellezza standardizzati e poco raggiungibili, riuscire ad accettarsi e valorizzarsi, richiede un costante lavoro su di sé per poter uscire dalla “mentalità del bello e giusto” perché socialmente condivisa.  Ho deciso quindi di fotografarmi cosi come sono, senza trucco, mostrando ciò che di solito cerco di celare, con l’intenzione di riuscire ad accettarmi valorizzando ciò che ci rende tutti unici: LA DIVERSITA’.

Credo profondamente che nulla accada per caso e che ogni situazione contenga sempre un lato positivo. Credo che la vita non remi mai contro di noi e che i problemi che incontriamo possano essere occasioni di guarigione. La mia intenzione oggi è quindi quella di cambiare prospettiva, vivendo la mia malattia come un’occasione per migliorarmi, lavorando profondamente sul mio Io interiore. Ogni segno sulla pelle, inoltre, mi permette di sentire la mia amata nonna Maria sempre vicina.

 

Note biografiche

Sono nata a Sesto San Giovanni nel 1987. Sono affascinata dalla fotografia, amo la musica cantautorale e curiosare tra i vicoli e le corti del nostro Paese. Mi sono avvicinata al mondo della fotografia grazie all’associazione GFS (Gruppo Fotoamatori Sestesi) con cui ho sperimentato l’arte dello sviluppo e l’incontro con diversi autori del panorama italiano. Ho collaborato con il Centro Ricerche Teatrali (CRT) della Valle Olona in occasione di eventi dedicati all’arte, al teatro, alla coreutica, alla promozione del patrimonio culturale. Il mio più grande desiderio è quello di riuscire a utilizzare il lavoro fotografico come strumento di riflessione in grado di generare crescente consapevolezza nei confronti della realtà sociale contemporanea, ritraendo una vita fatta di difficoltà e bellezza, verso cui vale la pena di approcciarsi sempre con grande riconoscenza.

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Portfolio – Pierfranco Fornasieri, Lo Spazio Incerto

Questo progetto nasce da un esercizio, quello condiviso di un corso dedicato allo storytelling al quale Pierfranco ha scelto di partecipare qualche mese fa, nonostante il suo percorso di autore sia già avviato e consolidato da tempo. La serie di fotografie che pubblichiamo è frutto di una ponderata ispirazione e della scelta di narrare quanto di più intimo il fotografo avesse da donarci: la storia di suo figlio che sta spiccando il volo verso l’età adulta. Senza mai abbandonare il suo stile fatto di bianchi e neri carichi e contrastati, senza allontanarsi troppo né dalla sua cerchia personale né dalla strada che in tante declinazioni ha già riconsegnato al suo pubblico, questa volta altalena tra i due generi del ritratto e della streetphotography, per una serie evocativa ricca di spunti che arrivano forti a tutti noi. In poche fotografie avvia un dialogo con il figlio, analizza il suo ruolo di genitore, affronta le insicurezze di entrambi. I cambiamenti del suo ragazzo vengono concettualizzati da pose e rimandi, quest’ultimo come un fiore si schiude allo sguardo del padre, quasi che accogliesse queste immagini come una sorta di eredità che gli viene lasciata.

Queste le parole di Pierfranco Fornasieri:

Tra il bambino che era e l’uomo che sarà esiste uno spazio – uno spazio incerto, in cui ogni giorno energie potenziali si liberano in profondi cambiamenti e, sia dentro che fuori, si compiono grandi processi di trasformazione.

Tra il bambino che era e l’uomo che sarà esiste uno spazio – uno spazio incerto, in cui ogni giorno un genitore deve agevolare l’indipendenza del figlio, permettergli di acquisire sicurezza, di prendere consapevolezza della misura delle sue ali e del valore delle sue capacità.

Tra il bambino che era e l’uomo che sarà esiste uno spazio – uno spazio incerto, in cui Lui avvertirà il bisogno di una guida sicura, ma allo stesso tempo verrà calamitato da una voglia di identità, che lo porterà oltre i confini del nido a collezionare percorsi ed esperienze.

Lasciarlo andare significa permettergli di volare verso cieli sempre più lontani.

 

 

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Come e perché creare una community sui social

Dopo aver affrontato l’argomento hashtag, questa volta vorrei parlare dell’importanza di creare una community sul web, soprattutto sui social network.

Solitamente come obiettivo si pensa alla vendita o alla visibilità, ma quasi nessuno pensa a creare una vera e propria community online. Eppure, ciò che premia di più nel lungo periodo, è proprio avere una community affezionata, cioè persone che ti sceglieranno sulla fiducia.  In questo articolo, vedremo insieme perché è importante avere una community, come coltivarla e farla crescere nel tempo.

 

COSA SIGNIFICA “COMMUNITY”?

“Community” vuol dire creare un insieme di persone che condividono qualcosa: un ideale, una passione, quindi che hanno qualcosa in comune, che vada  aldilà dei confini geografici.

Il luogo d’incontro diventa lo spazio virtuale che può essere, oltre a Instagram, un forum, un gruppo Facebook, i gruppi Whatsapp e Telegram, le newsletter e, perché no, anche Youtube.

 

COSTRUISCI UNA RELAZIONE

 Ma come si costruisce, nella pratica, una relazione vera e autentica con il proprio pubblico?

 Bisogna sicuramente ascoltare i suoi bisogni e fornire contenuti che siano d’aiuto.

Si parte dalla strategia, quindi da obiettivi molto chiari.

Devi assolutamente analizzare il tuo target e capirne i desideri, per esempio seguendone le conversazioni online.

Cerca di generare conversazioni e interazioni sul tuo profilo, rispondi sempre ai messaggi privati e ai commenti. Segui i profili che ritieni più interessanti e affini a te o al tuo business e commenta il loro contenuti per avviare un dialogo.

Se vuoi testare i tuoi contenuti, coinvolgi i tuoi follower chiedendo opinioni o quali temi vorrebbero che tu trattassi. Questo è possibile attraverso quiz, sondaggi e box per le domande nelle stories.

Crea degli appuntamenti fissi con i tuoi follower, attraverso ad esempio delle dirette, che permettono l’interazione in tempo reale con la propria community.

 E’ importantissimo saper ascoltare chi ti segue, perché questo ti consentirà di trovare stimoli per nuovi contenuti.

Racconta di te… lo storytelling è importantissimo! Condividi le tue esperienze e le tue emozioni, entra in contatto con il tuo pubblico in modo profondo, questo consentirà di creare relazioni più solide.

 

IN CONCLUSIONE

 Molto importante, inoltre, è analizzare il rendimento di ciascun post. Quelli che hanno ricevuto più like, quelli che hanno avuto più commenti, sono quelli che sono piaciuti di più al tuo pubblico,  questo ti consentirà di creare sempre più contenuti di qualità per i tuoi follower.

Concludendo, se la tua strategia è ottenere più follower, inizerai a trascurare le persone che già ti seguono. Creare una community, invece, significa non chiedere solo a una persona di seguirti, ma di mettersi in  relazione con  te e questo di conseguenza porterà il tuo pubblico a fidarsi di te, entrare a far parte della tua community e a provare i tuoi prodotti/servizi che  di conseguenza condivideranno e consiglieranno ad altri.

 

Stefania La Rosa

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Usare gli HASHTAG in maniera professionale sui Social

 

Puntuale come un orologio svizzero, rieccomi con il terzo appuntamento con suggerimenti e consigli per lavorare con i social, per voi fotografi professionisti.

Gli hashtag ormai li conoscete tutti, sono delle particolari etichette, contraddistinte dal segno “#”, che servono a richiamare l’attenzione degli utenti su argomenti o temi particolari.

Dopo Twitter, il social che li ha introdotti per primo, gli hasthag sono diventati di uso comune anche su Facebook, Instagram, Google+, Pinterest, Tumblr, Linkedin e perfino YouTube. Ma sono diventati un segno distintivo di alcuni in particolare, ovvero Twitter e Instagram.

L’Hashtag è un vero e proprio aggregatore tematico ed è utilizzato per identificare uno specifico argomento, nel tuo caso per categorizzare le fotografie che tu pubblichi, raggruppandole in contenitori tematici.

Oltre che sui social facilita la ricerca di argomenti sui blog e l’instant messaging. E’ lo strumento che Instagram ha scelto per permettere di raggiungere un’audience ampia e interessata.  

A questo punto, come si crea un hashtag? Gli spazi non esistono e nel caso in cui si decida di utilizzare più parole, le si può “separare” attraverso l’uso delle maiuscole, poiché le lettere maiuscole non modificano i risultati della ricerca. I numeri sono supportati, ma non possono essere inseriti i segni di punteggiatura, simboli commerciali o altri caratteri speciali.

Purtroppo a causa dell’algoritmo in continua cambiamento, Non è chiaro ancora se utilizzarne pochi o tanti, quali siano gli hashtag bannati e quelli per finire in popular page, sappiamo però che la scelta migliore sarebbe usarne massimo 30.

Fra i criteri di massima di cui tener conto nel loro utilizzo ci sono sicuramente la pertinenza e la popolarità, ma non vanno trascurate anche l’unicità e la memorabilità.

 

Quindi l’hashtag deve sempre essere in linea col contenuto dell’immagine. Cerca di usare solo hashtag di qualità, utilizzando “Hashtagfy”, un sito per trovare in modo semplice e veloce gli hashtag più popolari tra i social. Non usare hashtag con troppo “seguito” poiché potresti rischiare che il tuo post venga perso nel marasma dei social. Puoi usare hashtag di account autorevoli, per arrivare ad un pubblico più ampio e sicuramente interessato.

E se per caso ti accorgessi di esserti dimenticato qualche hashtag rilevante?  No problem, puoi sempre inserirlo nei commenti o modificando il post.

Attenzione: questo vale però solo per i commenti a foto pubblicate da te, non per quelle che invece sono pubblicate da altri.

E infine non spaventarti e sperimenta…la ricerca dell’hashtag perfetto non ha mai fine, purtroppo o per fortuna l’algoritmo varia continuamente.

Fai una prova, cerca i tuoi competitors, Analizza i loro post, Entra in alcuni hashtag, Analizza i post più famosi.

Inizia a farti qualche domanda del tipo: Vengono pubblicate più foto o video? Qual è principalmente lo scopo del post? In che modo viene utilizzata la descrizione? Questo ti aiuterà a capire se l’hashtag che vuoi usare è coerente con il tuo contenuto.

Quelli che possono sembrare dettagli di poco conto, fanno parte invece di un sistema complesso di “posizionamento” dei contenuti di un professionista e quindi un vero è proprio strumento di vendita. Stai valutando l’idea di adottare una strategia più completa per il tuo posizionamento?

Stefania La Rosa

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Stefania La Rosa – Una nuova rubrica per aiutarvi a implementare i vostri social media

Sono felice di inaugurare questa mia serie di interventi sulle pagine di EyesOpen! Magazine, con l’obiettivo di poter fornire ai lettori qualche consiglio utile su come muoversi nel vasto mondo dei social media.
Questo confronto sarà istruttivo e divertente per me quanto per voi.  Vi svelerò qualche segreto (ma non troppi), utili per il vostro loro lavoro, per comprendere l’importanza del buon utilizzo dei social media.
La figura professionale che oggi, più marcatamente, si può definire freelance, è proprio quella del fotografo, mestiere che deve sempre essere concentrato su come procacciarsi clienti in maniera autonoma, contando solo sulle proprie forze. Inizierò parlandovi delle opportunità di crescita professionale che i principali social networks possono darci, se utilizzati (o dati in gestione) nel modo corretto e con una
strategia di base rivolta a nostri potenziali clienti.
Il primo aspetto da prendere in considerazione è quello di rivolgersi ai nostri clienti finali. Da questo punto di vista, sicuramente siamo avvantaggiati: vendiamo un prodotto che, per essere apprezzato, deve essere “guardato”; e la maggior parte dei social network più utilizzati ci permette di mettere in bella mostra il nostro talento. Cerchiamo però di arrivare al punto e non di stupire il nostro cliente.
Muoviamoci per singola tipologia di cliente, postando contenuti specifici (food, eventi…). Mostriamo il nostro lavoro e spieghiamo, al nostro potenziale interlocutore, qual è il nostro approccio e come la nostra arte possa trasformare e valorizzare quello che catturiamo con il nostro obiettivo. Non dimentichiamoci mai che l’utente medio viene attirato da quello in cui si riconosce e cerchiamo di vincere le sue resistenze, spiegandogli quali sono le fasi del nostro lavoro che possono portare al risultato ottimale. Spesso il cliente potrebbe pensare che i suoi prodotti o la sua location non siano adatti ad uno scatto bellissimo come quelli che gli vengono proposti sui social.
Allarghiamo il nostro bacino di utenza con dei contenuti sponsorizzati. Se ci concentriamo su chi vogliamo che diventi il nostro cliente, ne capiremo anche esigenze e spesso (cosa molto importante) le stagionalità del loro lavoro. E’ quindi fondamentale arrivare al nostro target in un momento caldo, o con largo anticipo su di esso. Se riusciremo ad avere contenuti specifici, di qualità e se sceglieremo con cura le
caratteristiche del nostro pubblico, il momento e l’area geografica giusta, le nostre campagne pubblicitarie saranno ottimizzate e potranno darci risultati concreti senza il bisogno di budget stellari;

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