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Testo di Gianluca De Dominici
Roma è una città in continuo cambiamento. E a pagarne lo scotto di questa forzata evoluzione urbanistica, molto spesso, sono le sue stesse periferie, luoghi diventati presto nel tempo galassie solitarie dove la vita umana scorre a velocità differenti; talmente diverse dal centro cittadino da non sembrare neanche più la stessa cosa.
Nelle sale del Museo di Roma in Trastevere, tuttora occupate dalla mostra collettiva di “Roma Chilometro Zero”, curata da Contrasto in collaborazione con Leica Camera Italia, tutto sembra confermare la tesi. Il tema delle periferie risulta chiaro. E ce lo ricorda a ogni piè sospinto. Qui, le periferie, esistono, e prendono vita: in alcuni casi, attraverso le persone, gli oggetti, la natura; in tanti altri, manifestandosi in decadenti e malnutrite «isole solitarie che hanno perso la capacità di dialogare tra di loro». Il concetto di periferia, insomma, è articolato. Come lo sono, d’altronde, le periferie romane, tanto diverse quanto parte dello stesso sistema. Francesca Spedalieri, che a Roma ci è nata, ma è tornata a viverci solo tre anni fa, di quell’alienante sensazione di trovarsi di fronte una città, la propria, trasformata in così poco tempo, ne ha fatto centro creativo del suo lavoro: “Fuori Raccordo”. Il progetto, esposto insieme ad altre quattordici visioni contemporanee del territorio, indaga l’evoluzione della città e, nella fattispecie, quelle di molte periferie romane a ridosso dei grandi centri commerciali. «Questi spazi semivuoti o affollati», mi dice Francesca, «sono quelli che hanno subito maggiormente la pressione del cambiamento urbano, diventando presto luoghi quasi chiusi in se stessi e privi di collegamenti funzionanti». Veri e propri confini, che in “Fuori Raccordo” rendono maggiormente evidenti le discrepanze e le similitudini tra un ambiente e l’altro. Una storia, insomma, che andava approfondita.
Da estraneo, mi risulta quasi impossibile poter risolvere il rapporto tra Roma e le sue periferie. Sono talmente tante, e talmente variegate, da non permetterne una singola e condivisa interpretazione. Nella realtà dei fatti, è davvero così?
Roma è le sue periferie. Si prende presto consapevolezza della cosa lasciando i confini delle zone turistiche. Ogni periferia ha le sue particolarità, la sua storia, la sua gente. Spesso chi vive queste zone le lascia a malincuore. Per loro sono come vere e proprie città. E, sembrerà strano dirlo, demograficamente parlando è proprio così. Me ne sono accorta molto presto esaminando i recenti censimenti della Capitale. Scorrendo i dati, si scopre che la maggior parte della popolazione romana “sceglie” di vivere in periferia piuttosto che in centro. A muovere i cittadini verso questa direzione, ci sono soprattutto motivazioni di carattere economico. In periferia le case costano meno e le giovani famiglie preferiscono allontanarsi dal centro pur di garantirsi uno stile di vita quantomeno sostenibile. Questo ha comportato nel tempo un abbassamento dell’età media della popolazione e la trasformazione repentina di alcuni spazi. Entrare dentro le periferie romane è così come mettersi in contatto con microcosmi sociali e politici a parte. Sono isole, ognuna disegnata con caratteristiche e tratti unici.
“Una metropoli fatta di tante città”, come scrivi tu stessa nell’introduzione del tuo lavoro. È stata forse questa fascinazione di incontrare luoghi di Roma tanto diversi tra di loro a spingerti verso la realizzazione di “Fuori Raccordo”?
“Fuori Raccordo” nasce a seguito della campagna fotografica lanciata da Leica Camera Italia nel 2022. La campagna prevedeva di raccogliere quindici visioni alternative sulla città di Roma con l’intento di sondare i confini reali e immaginari di un impianto urbanistico trasformatosi velocemente nel tempo. Essendo stata selezionata tra i quindici fotografi della campagna, ho pensato di concentrare le attenzioni sulle periferie e, nella fattispecie, su quelle a ridosso dei grandi centri commerciali. Volevo capire, attraverso un’indagine visiva sul campo, dove Roma stesse andando, urbanisticamente parlando, e quali differenze, similitudini e particolarità rendessero le periferie romane dei luoghi, alla mia vista, così alieni.
C’è stato un lavoro di ricerca fatto a priori?
Sui luoghi si, certamente. Prima di arrivare nelle zone di interesse, studiavo i luoghi tramite Google Maps e successivamente andavo a fotografarli. Molte delle fotografie del progetto sono infatti frutto di un unico viaggio. Mi è anche capitato di ritornare in alcuni luoghi in condizioni più agevoli. Dipendeva tantissimo dalle vibrazioni che il posto mi trasmetteva. Mi sarebbe piaciuto poter sostare più tempo in alcuni ambienti, ma purtroppo avevo solo qualche settimana a disposizione per la consegna del lavoro finale. Sto infatti ora tornando in quelle zone per approfondire alcune storie.
Quanta denuncia c’è nelle tue immagini? Volevi che l’osservatore prendesse atto del degrado di alcune periferie? O il tuo sguardo è andato oltre?
La denuncia non era l’obiettivo primario del progetto. Quello che mi interessava di più era cogliere la bellezza di questi luoghi; costruire, se vogliamo, una sorta di turismo alternativo di Roma. Poi si, “Fuori Raccordo” è anche altro. L’aver scelto di affrontare un percorso che coinvolgesse tante zone a ridosso dei centri commerciali manifesta un’ulteriore volontà di evidenziare, magari di sottecchi, le conseguenze sociali dell’arrivo di queste grandi strutture nella vita quotidiana delle persone.
“Fuori Raccordo” sembra avere una doppia natura. In molte immagini, lo stile è semplice, attento, diretto; in altre, invece, è sporcato dal sopraggiungimento di componenti creative, come la sovraesposizione, che spinge l’osservatore su binari quasi totalmente differenti. Come mai questa variazione di stile?
Le sovraesposizioni hanno un ruolo narrativo. Volevo evidenziare la natura quasi aliena dei centri commerciali, così puliti, luminosi e autoritari, mettendola a confronto con le degradate e buie periferie che li accolgono, e che spesso non godono delle stesse attenzioni politiche. Mi interessava rappresentare i centri commerciali come se fossero presenze onnipresenti del paesaggio urbanizzato. Totem luminosi che ti guidano nella notte. Il resto delle immagini segue invece una linea estetica più vicina al mio stile personale. Quindi fotografie molto attente alla composizione e ai dettagli.
Si dice che i “compagni di viaggio” possano fare la differenza nella produzione di un buon lavoro. Nel tuo caso, cosa pensi abbia contribuito alla costruzione dell’immaginario visivo, molto schietto e a tratti poetico, di “Fuori Raccordo”?
Molto di quello che mettiamo dentro le fotografie fa parte di noi e delle migliaia di esperienze che abbiamo vissuto durante tutto l’arco della nostra vita. Visivamente parlando, ti posso dire che studiare costantemente gli sviluppi della fotografia di paesaggio contemporanea mi ha dato una grossa mano nell’elaborazione degli spazi e nella ricerca di una certa pulizia compositiva. Ti parlo delle immagini di Gabriele Basilico, ad esempio, che quando le ho viste per la prima volta mi hanno svoltato completamente l’universo; ma anche quelle della New Topographics, a cui sono molto legata. E poi c’è un altro aspetto che spesso noi fotografi sottovalutiamo: l’importanza dell’istinto e del lasciarsi guidare dalle sensazioni. In “Fuori Raccordo”, ho cercato di muovermi nello spazio senza pregiudizi, e questo mi è piaciuto molto.
“Fuori Raccordo” ha cambiato quindi il tuo modo di vedere Roma
Si! Lavorare a “Fuori Raccordo” mi ha permesso di scoprire un’intera galassia di città e opportunità a pochi passi da casa. Non solo ambienti meravigliosi da fotografare e vedere ma anche situazioni umanamente ricche di grande fascino. Non vedo l’ora di continuare il progetto per scoprire cosa ancora Roma e le sue periferie possano darmi. Ho fiducia che lì fuori ci sia molto altro da dire e raccontare.
“Fuori Raccordo” è in mostra al Museo di Roma in Trastevere fino al 3 Marzo 2025.
Note Biografiche:
Francesca Spedalieri è nata a Roma. Dopo una laurea in astrofisica, decide di dedicarsi alla fotografia laureandosi allo IED di Roma. Il suo campo di ricerca si concentra sui luoghi, sul paesaggio e la loro interazione con l’attività dell’uomo, con interesse particolare a temi sociali, architettonici e storici.
Sito Web: https://www.francescaspedalieri.com/
Instagram: https://www.instagram.com/francescaspedalieri/?hl=it