Punto di forza di questa mostra al Mast di Bologna è la quantità di stampe vintage proposte nell’allestimento: 170, per la precisione, provenienti dalla collezione del Carnegie Museum of Art di Pittsburgh. Fino al 16 settembre racconteranno il lavoro sulla città americana fatto da uno dei protagonisti della fotografia mondiale a cento anni dalla nascita, che a partire dal 1955 (quando entrò a far parte di Magnum) si dedicò ai lavoratori dell’industria dell’acciaio e alle persone comuni con una ricerca indipendente e non commissionata dai giornali. W. Eugene Smith rimase a Pittsburgh per tre anni, realizzando circa 20mila negativi e non ultimando mai questo grande progetto che è testimonianza sociale, storica, economica sull’industria dell’acciaio e sulle contraddizioni dell’America degli anni Cinquanta. Lui stesso lo considerò come il lavoro più ambizioso della sua carriera. Sicuramente segnò un momento di svolta nella sua vita professionale e personale. A trentasei anni, dopo i successi e la notorietà ottenuti documentando come fotoreporter alcuni dei principali avvenimenti della Seconda guerra mondiale per “Life”, Smith decise di chiudere con la rivista e con i mal tollerati vincoli imposti dai media per dedicarsi alla fotografia con una maggiore libertà espressiva. Come spiega il curatore Urs Stahel, “W. Eugene Smith lottava per rappresentare l’assoluto. Ben lungi dall’accontentarsi di documentare il mondo, voleva catturare, afferrare, almeno in alcune immagini, niente di meno che l’essenza stessa della vita umana.”
Il primo incarico che Smith accettò fu di realizzare in un paio di mesi un centinaio di fotografie su Pittsburgh per una pubblicazione celebrativa sul bicentenario della sua fondazione. La città era in pieno boom economico grazie alla crescita dell’industria siderurgica e in particolare delle sue acciaierie, che garantivano lavoro e attiravano operai da tutto il mondo. L’autore rimase affascinato dalla città dell’acciaio, dai volti dei lavoratori, dalle sue strade, dalle fabbriche, dagli infiniti particolari e dalle contraddizioni del tessuto sociale, registrandoli meticolosamente per comporre il ritratto di una città a tutto tondo. Solo una piccola parte di questo lavoro venne conosciuto dal grande pubblico, tramite il “Photography Annual” del 1959, l’unica rivista su cui Smith accettò di pubblicare le sue foto perché gli garantì il controllo assoluto sulle 36 pagine intitolate Labyrinthian Walk, rifiutando importanti offerte economiche da “Life”. Il risultato non fu all’altezza delle aspettative di Smith, che continuò per anni ad avere come priorità la pubblicazione di un intero libro su Pittsburgh. Lo stesso Smith, riconoscendo le difficoltà incontrate nel comporre in un’unica opera i contrasti di una città così complessa, affermava: “Penso che il problema principale sia che non c’è fine ad un soggetto come Pittsburgh e non ci sia modo di portarlo a compimento”.
Tra i suoi lavori più famosi, realizzati per LIFE, ci sono Country Doctor, Spanish Village e Nurse Midwife. Il suo ultimo lavoro Minamata risale agli anni Settanta ed è dedicato alle vittime di avvelenamento da mercurio in un villaggio di pescatori in Giappone. Smith scomparve a Tucson, Arizona, il 15 ottobre 1978.
La mostra è organizzata dalla Fondazione MAST in collaborazione con Carnegie Museum of Art, Pittsburgh, Pennsylvania.
La mostra
“W. Eugene Smith. Pittsburgh. Ritratto di una città industriale”
Al MAST di Bologna fino al 16 settembre con ingresso gratuito
www.mast.org
Orari: 10.00 – 19.00, chiuso lunedì.