“Niente può essere uguale ad un altra cosa nel mondo reale”. Così esordisce Mario Ermoli nella sua presentazione.
Questa serie fotografica tratta il tema dell’unicità e si intitola “Analog Nature” in contrapposizione al mondo digitale e virtuale. Proviamo a pensare che tutto quello che vediamo di fronte a noi è in realtà unico e irripetibile, ogni singolo attimo è diverso dal precedente e dal successivo, spesso non ce ne rendiamo conto, ma quello che la fotografia congela è in realtà ogni volta una piccola unica meraviglia e quando finalmente te ne accorgi è una cosa che potrebbe cambiarti la giornata.
“E’ possibile affermare che l’acqua di un bicchiere è uguale all’acqua di un altro bicchiere? – prosegue – Penso all’acqua che scorre dentro a un calorifero, apparentemente immobile e silente, ad un qualsiasi frutto, dentro come è? Ce n’è un altro uguale? Saranno mai esistite due uova veramente identiche? Proprio come le nuvole… Il frame fotografico diventa la nostra unica certezza. All’interno troviamo le possibilità e i tentativi di rappresentare un oggetto e quando lo sguardo si posa su un dettaglio, ecco che il pensiero ci porta alla natura stessa della materia di cui è fatto. Mi accorgo, però, che quello che ho visto non è rappresentato né dall’immagine appena scattata, né tantomeno dall’oggetto reale ancora appoggiato sul set”
“La fotografia mi porta dunque ad una nuova visione delle cose, dove nulla può essere uguale perché è la memoria stessa di quell’oggetto che lo modifica e lo trasforma rispetto al suo aspetto oggettivo. Come ogni oggetto non può essere uguale ad un altro, anche un pensiero, un’emozione si comportano allo stesso modo e quindi il fotografare diventa solamente il tentativo di fermare il tempo e gli oggetti nello spazio; la fotografia è come il buco della serratura e l’abilità sta nel far guardare attraverso il buco e non il buco solamente. Però la domanda finale è : Hai visto anche tu quello che ho visto io?”
Questi pensieri nascono da una riflessione sulla bellezza che l’autore ha fatto durante il lockdown.
“Una volta trovata la chiave del romanzo giallo (cit. Blow up), ho cominciato a ragionare su come le fotografie che volevo realizzare avrebbero potuto stuzzicare in maniera sotterranea la sensibilità dello spettatore e quindi ho scelto un approccio minimale e vagamente surreale per evitare ogni tipo di didascalismo. Unica eccezione la serie dei bicchieri d’acqua che, al contrario, nella loro semplicità per me rappresenta una perfetta metafora del rapporto tra contenuto e contenitore, dove spesso il livello dell’acqua all’interno del bicchiere rappresenta più che altro una condizione umana, uno stato di coscienza. Per quanto riguarda l’aspetto estetico sento chiaramente l’influenza dei miei punti di riferimento di sempre (Man Ray, Andre Kertesz, Irving Penn) ma anche di artisti come Gino De Dominicis e Morandi. Le fotografie sono tutte realizzate con luce naturale; in alcuni casi, ho utilizzato anche una torcia elettrica. Ho usato differenti macchine fotografiche a seconda dell’esigenza (Reflex dslr, medio formato digitale e banco ottico analogico).
Aperta dal 25 febbraio al 10 marzo, inaugurazione giovedì 24 febbraio dalle 18:30 presso la Galleria Valeria Bella, Milano Via Santa Cecilia 2, entrata da Via San Damiano • 20122 Milano