Il Comune di Legnano e Archivio Fotografico Italiano, con la curatela di Claudio Argentiero /AFI, organizzano a Palazzo Leone da Perego e altri spazi istituzionali, la mostra che ripercorre la storia di Legnano con uno sguardo rivolto alla Lombardia. (Fino al 12 gennaio 2025)
L’Alto Milanese fu l’avamposto della prima industrializzazione italiana e percorse le tappe dello sviluppo prima e più massicciamente di quanto fecero altre aree industriali, per esempio Sesto San Giovanni o alcune aree del bresciano e del bergamasco. Con 50 anni in anticipo sul resto del paese e anche dopo il secondo dopoguerra, l’industria tessile del territorio appariva concorrenziale non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo. Per cui il territorio di Legnano e Castellanza, dove è possibile sfruttare l’energia idrica del fiume Olona, diventa area privilegiata per impiantare nuovi opifici e ingrandire gli stabilimenti cotonieri esistenti a discapito dei telai a mano casalinghi e quindi affossando di fatto l’attività dei tessitori manuali. Conservare e valorizzare gli archivi industriali come traccia della vicenda di aziende, persone, luoghi, città, territori e strumento di conoscenza di radici e valori. Un patrimonio da osservare, leggere, studiare o analizzare per interpretare il presente e guardare al futuro.
Il rapporto tra fotografie e industria scaturisce dal preciso intento dell’impresa di raccontarsi, documentare la propria attività e il proprio prodotto, comunicare all’esterno – ma anche all’interno – la propria identità. L’architettura è in questo rapporto: costruendo, progettando e disegnando lo spazio, l’industria condiziona il paesaggio.
Il progetto nasce dal desiderio di porre l’attenzione su un tema di grande attualità che vede la città di Legnano e la Lombardia tra i protagonisti italiani della nascita, dello sviluppo e della decadenza industriale del territorio regionale, lasciando tracce, documenti, fotografie, storie sociali e competenze da catalogare e trasmettere alle nuove generazioni. L’iniziativa ha come finalità la valorizzazione dei fondi fotografici riguardanti l’industria, nel suo insieme, congiuntamente alla documentazione archivistica, di registri e oggetti salvati dall’oblio, favorendo una riflessione sullo sviluppo del lavoro e del territorio nella città di Legnano, con accenti su alcune realtà lombarde.
Lo sguardo di fotografi professionisti ci guida nel regno della produzione e della attività lavorativa, rivelando la sorprendente ricchezza dell’universo iconografico del lavoro, della fabbrica e della società.
L’esposizione mette a fuoco gli ambienti che caratterizzano il sistema industriale e tecnologico, tocca questioni chiave di natura sociale, le immagini cercano di raffigurare nessi e riferimenti articolati, profondi, presentando all’osservatore realtà complesse, che determinano un coinvolgimento emotivo e sensoriale.
Le foto di spazi e ambienti sono la struttura portante della mostra, guidano il visitatore, ne indirizzano lo sguardo, rappresentano i segnavia del percorso espositivo. Si passa dai capannoni industriali, alle attività
lavorative, dai macchinari ai lavoratori, agli spazi urbani interessati da architetture operaie, edificate dalle aziende per ospitare i dipendenti e loro famiglie.
L’iniziativa rientra nel centenario di elevazione a città di Legnano, damdo la giusta importanza a un trascorso industriale dal valore internazionale. La storia di Legnano nel XIX secolo è stata caratterizzata dagli eventi che hanno portato alla trasformazione dell’antico borgo agricolo legnanese in
moderna città industriale. Qui la nascita dell’industria ha trovato un decisivo aiuto per il suo sviluppo nell’antica tradizione artigianale domestica della zona, nella presenza di antiche e rilevanti vie di comunicazione, nella successiva costruzione di nuove strade e ferrovie, nella presenza di personalità che
possedevano cospicui capitali da investire e nella presenza dell’acqua dell’Olona, fondamentale per alcuni processi industriali, nonché di mulini lungo il fiume, la cui forza motrice passò dall’essere utilizzata per fini agricoli a venire impiegata nella movimentazione dei macchinari industriali.
La prima fase di industrializzazione di Legnano, che è avvenuta nella parte iniziale del XIX secolo e che è stata caratterizzata da un sistema produttivo pre-capitalistico, è stata poi seguita da una modernizzazione dei processi di produzione. Negli anni cinquanta e sessanta del XIX secolo si ebbe infatti la transizione tra un sistema produttivo protoindustriale a uno industriale. Ciò ha dato inizio a
Legnano, dalla seconda metà del secolo, alla seconda fase della rivoluzione industriale, che ha portato alla nascita di vere e proprie fabbriche tessili e meccaniche nel senso moderno del termine.
Le prime attività capitalistiche che gradualmente si sono costituite sono state le filature, che hanno tratto origine dalle attività protoindustriali nate nei primi decenni del XIX secolo; alcune di esse sono cresciute
notevolmente fino a essere annoverate tra i principali cotonifici lombardi.
Al termine del processo di trasformazione dell’antico borgo agricolo in moderna città industriale, Legnano ha assunto il soprannome di “piccola Manchester” d’Italia, titolo conteso in zona con la confinante e altrettanto industrializzata Busto Arsizio. Il ritmo e la portata di questa trasformazione hanno avuto pochi altri esempi paragonabili nel continente europeo.
LE MOSTRE
LE PRINCIPALI INDUSTRIE A LEGNANO
Il passato dagli archivi, il presente nelle immagini coeve
Un sistematico progetto di catalogazione delle immagini reperite e
acquisite, vintage, digitalizzate e stampate in fine art, per renderle
fruibili al pubblico.
Una raccolta di fotografie del ‘900, molte delle quali inedite, dal
fascino immutato, che si innestano in una visione più attuale,
ponendo a confronto un periodo produttivo fecondo con quello
odierno, maggiormente tecnologico.
LEGNANO, QUARTIERI OPERAI OGGI /2024
Fotografie: Roberto Venegoni, Mirko Ceriotti, Roberto Bosio,
Marco Zarini, Diego Valceschini
Una ricerca site specific, realizzata espressamente per documentare i
quartieri operai oggi, con particolare considerazione alla tipologia
architettonica e alla configurazione urbanistica. Un significativo dialogo
tra il lavoro e gli spazi dell’abitare, che svelano tradizioni e stili di vita.
MILANO, RITRATTI DI FABBRICHE
Gabriele Basilico
Courtesy Fondazione 3M – Milano
Il primo, sistematico progetto di catalogazione delle realtà industriali
milanesi, realizzato tra il 1978 e il 1980.
«Nella magica sospensione luminosa della Pasqua 1978, spostandomi
nella città di zona in zona, pianta alla mano» scrive Basilico «mi sono
ritrovato nella zona 14, tra via Ripamonti e via Ortles, in un’area
caratterizzata prevalentemente da costruzioni industriali. Per la prima
volta ho “visto” le strade e, con loro, le facciate delle fabbriche stagliarsi
nitide, nette e isolate su un cielo inaspettatamente blu, dove la visione
consueta diventava improvvisamente inusuale. Ho visto così, come se
non l’avessi mai visto prima, un lembo di città senza il movimento
quotidiano, senza le auto parcheggiate, senza gente, senza rumori. Ho
visto l’architettura riproporsi, filtrata dalla luce, in modo scenografico e
monumentale. Ho rivisto attraverso il mirino della mia Nikon, le immagini
nascere da un’operazione di astrazione, di isolamento, di assenza. Ho
individuato un metodo per capire e per scoprire ciò che a volte si osserva
in modo confuso e miope».
Un elogio all’architettura industriale rappresentata dalla maestria di un
grande fotografo italiano.
La prima grande indagine sull’architettura industriale milanese, che
rivelò il talento dell’allora giovane fotografo, inserendolo
prepotentemente tra i protagonisti del rinnovamento della fotografia
italiana nel corso degli anni ’70 e ‘80, in un processo che la condurrà
definitivamente all’interno dell’arte contemporanea.
Gabriele Basilico, uno dei maestri della fotografia italiana
contemporanea, è stato un artista che ha avuto un ampio riconoscimento
a livello internazionale. Nato a Milano, architetto di formazione, iniziò a
fotografare nei primi anni Settanta. La forma e l’identità delle città, lo
sviluppo delle metropoli, i mutamenti in atto nel paesaggio post
industriale contemporaneo sono da sempre stati i suoi ambiti di ricerca
privilegiati. Ha partecipato a innumerevoli progetti di committenza
pubblica su incarico di importanti istituzioni.
Le sue fotografie fanno attualmente parte di prestigiose collezioni
pubbliche e private italiane e internazionali. Data agli anni 1978-1980 la
sua prima ricerca importante, “Milano. Ritratti di fabbriche” presentata
nel 1983 al Pac (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano.
Nell’occasione saranno esposte una serie di fotografie degli stessi edifici,
scattate nel 2024, con la finalità di porre l’attenzione sui mutamenti
avvenuti quaranta anni dopo la prima documentazione seguita da
Basilico.
LA LENTE DI ROBERTO ZABBAN SULL’INDUSTRIA LOMBARDA
Courtesy Centro per la Cultura d’Impresa-Milano
“Sono i primordi della mia carriera, ancora il fotografo industriale non era
nato. (R. Zabban)”.
Roberto Zabban nasce a Roma nel 1928 e a dieci anni si trasferisce con
la famiglia a Milano. Si laurea in giurisprudenza nel 1953 ma già da due
anni lavora come apprendista nello studio del noto fotoreporter
Giancolombo. Sono questi gli anni della formazione, in agenzia Zabban
impara l’arte della camera oscura dallo stampatore Cinquetti, mentre al
seguito di Giancolombo muove i primi passi nel campo del
fotogiornalismo. Nel frattempo per mantenersi documenta le gite sociali
dell’Automobil Club e viene spesso scelto dalle famiglie abbienti di Milano
come fotografo in occasione di matrimoni, feste e ritratti, realizzando
servizi dallo stile inusuale che riscuotono il favore crescente dei
committenti: bq. Erano abituati ad andare in studio, portavano il
bambino lì, il quale naturalmente non era bello disinvolto come lo era in
casa sua e quindi, perché le mie foto venivano meglio? Perché io mi
facevo amico il bambino, lo facevo giocare e poi facevo le foto che
venivano molto meglio. (R. Zabban) L’insieme di queste esperienze
persuade Zabban a intraprendere la professione di fotografo, sua grande
passione da sempre. La prima vera occasione si presenta con Salvato
Cappelli, direttore del neonato “Le Ore”, settimanale fotografico di
cronaca, con cui ottiene un colloquio. La collaborazione che ne nasce
durerà due anni, periodo in cui il fotografo chiarisce e precisa la propria
professionalità realizzando servizi fotografici di cronaca, moda e
costume. La strada ormai è segnata e, finalmente in proprio, Zabban
inizia a lavorare come fotografo professionista anche per altre testate
quali “L’Europeo”, “Epoca” e “Bolero Film”, per cui realizza i ritratti di
copertina di attori e personaggi famosi. Zabban scopre il proprio talento
per la fotografia industriale in occasione di un servizio per l’Ercole
Marelli, esperienza che lo porterà a stringere il duraturo e fondamentale
sodalizio con l’Innocenti. È qui che nasce il “fotografo industriale”
Roberto Zabban.
PAESAGGI DELLA SICUREZZA
Marco Introini
Il progetto fotografico nasce dalla richiesta di Federico Bucci, curatore
della mostra ESNZA PERICOLO! (Triennale di Milano 2013) di condurre
una ricerca fotografica che declinasse il concetto di sicurezza.
“..Marco Introini è il nostro uomo con la macchina da presa.
Sempre in giro per il mondo, qualche volta si ferma, sceglie un punto di
vista, sistema il suo cavalletto e attende pazientemente i passaggi della
luce, per catturarli nella sua fotografia.
L’inquadratura è progettata in ogni dettaglio.
Il fotografo usa la geometria con sapienza: sugli assi cartesiani dispone
punti, linee e superfici. Lo spazio è pronto per accogliere le forme del
tempo.
Abbiamo chiesto a Marco di interpretare liberamente il tema della
mostra, laddove le condizioni di sicurezza si manifestano, in modo più o
meno evidente, dagli spazi interni al territorio.
Il risultato è una galleria di ritratti fotografici dedicati a luoghi
eterogenei, costruiti per proteggersi dai rischi di ogni tipo.
La realtà è testimoniata senza alterazioni: l’obiettivo fotografico è
naturale come l’occhio del fotografo, ovvero, di chiunque sappia
sostenere la fatica dello sguardo prolungato.
Elegante e rigorosa astrazione del bianco e nero trasfigura una
composita sequenza visiva che, in questo caso, dai sotterranei alle
montagne, fin giù al mare, mostraciò che l’homo faber ha prodotto per
tentare di “vivere senza pericolo…”. Federico Bucci
Marco Introini (1968)
Laureato in architettura presso il Politecnico di Milano.
Fotografo documentarista di paesaggio e architettura, è docente di
Tecniche della rappresentazione dello spazio e di Rappresentazione del
patrimonio costruito presso il Politecnico di Milano, di Fotografia
dell’architettura presso la scuola di fotografia Bauer. Inserito nei venti
fotografi di architettura protagonisti degli ultimi dieci anni da Letizia
Gagliardi in La Misura dello Spazio. Nel 2015 e stato chiamato dalla
Regione e dal Ministero per i beni culturali per documentare l’architettura
dal dopoguerra ad oggi, sempre nello stesso anno viene invitato da OIGO
(Osservatorio Internazionale sulle Grandi Opere) alla campagna
fotografica sulla Calabria The Third Island. Nel 2016 ha esposto Ritratti
di Monumenti al Museo d’Arte Moderna MAGA; partecipa alla XXI
Triennale con Warm Modernity_Indian Paradigm (curato da Maddalena
d’Alfonso) che, con omonimo libro, ha vinto il RedDot Award 2016. Nel
2018 è stato impegnato nei progetti: Mantova, architetture dal XII secolo
al XX secolo esponendo al Palazzo Ducale di Mantova; Ormea: segni del
paesaggio per il progetto Nasagonado Art Project (curato da Emanuele
Piccardo), e con Francesco Radino Gli scali ferroviari di Milano per la
Fondazione AEM.
Nel 2019 è stato invitato alla residenza d’artista Bocs Art Cosenza, nello
stesso anno è stato invitato a realizzare un progetto fotografico sulle
Repubbliche marinare per la Biennale di Architettura di Pisa curata da
Alfonso Femia ed ha partecipato al progetto Percorsi di Architettura
italiana del Novecento commissionato dal MIBAC.
Nel 2021 ha lavorato a differenti progetti fotografici tra cui il patrimonio
industriale di Lecco e il patrimonio boschivo della alta valle del Tanaro e
nel 2022 con il lavoro La fiumara dell’Amendolea ha partecipato a La
Biennale dello Stretto curata da Alfonso Femia con il quale sta
elaborando alcuni progetti fotografici su città italiane ed europee.
Nel 2023 è stato invitato dal MAN (Museo d’Arte della provincia di Nuoro)
a partecipare workshop INFOSFERA dedicato alla collaborazione fra
artisti e architetti per una lettura del paesaggio e la creazione di nuove
narrazioni. Le sue opere sono conservate alla Fondazione MAXXI, MAN,
CSAC, Museo MAGA, Fondazione AEM, Veneranda Fabbrica del Duomo,
Archivio Fotografico italiano.
Ha al suo attivo molteplici pubblicazioni e mostre di architettura e
paesaggio.
LA POETICA DELL’OBLIO. Archeologia industriale lombarda
Autori: Silvia Lagostina, Roberto Venegoni, Stefano Barattini
La fotografia da molti anni ricopre un ruolo predominante nella
documentazione del territorio, del paesaggio e delle architetture,
offrendo a studiosi, amministratori e storici punti di vista sui quali
dibattere per valorizzare gli spazi dell’abitare.
Questa mostra, propone il lavoro di tre fotografi, che da molti anni si
occupano principalmente di luoghi in abbandono e di periferie, con stili
diversi che si amalgamo e divengono narrazione.
Le immagini scelte non sono finalizzate a generare controversie, ma
piuttosto fungono da utile strumento per indagare e studiare la civiltà
industriale degli ultimi decenni, e con essa la storia della società, dei
lavoratori, dell’espansione urbanistica legata indissolubilmente allo
sviluppo delle fabbriche.
Può apparire strano che dentro quelle fotografie vi siano tanti concetti,
ma osservandole attentamente possiamo cogliere vissuti, tracce,
ambienti, relazioni con l’esterno, suggestioni che il tempo non ha
raschiato, lasciando alla natura il compito di inglobare e celare i
manufatti fatiscenti, soffocando nel silenzio strutture e oggetti che
inducono alla reminiscenza.
Evocare è il fil rouge di questa esposizione, che si nutre del passato
recente per proiettarsi in un futuro di riconversione, che la ri-visitazione
visiva esalta, mettendo in luce il rapporto spazio-tempo, obsolescenza e
progettualità del riuso.
Tracce materiali che i tre autori hanno saputo tradurre in forme, colore,
prospettive, qualità estetiche che superano la più banale logica della
denuncia, restituendo a queste cattedrali del lavoro la giusta dignità, in
chiave elegiaca, senza malinconie, lasciando all’istinto, alla composizione
e alla luce di contemplare gli spazi, in attesa di nuovi bagliori.
DALL’ABBANDONO AL RIUSO
Casi di aziende lombarde riconvertite ad altri usi
Progetto fotografico di Claudio Argentiero /2024
«Le fabbriche sono essenzialmente effimere, in quanto sono lo specchio
fedele dei tempi e dei luoghi».
Gillian Darley, Fabbriche. Origine e sviluppo dell’architettura industriale,
2007
Il progetto prende in considerazione alcune realtà, tra le province di
Milano e Varese, che una volta terminato il ciclo produttivo rischiavano di
trasformarsi nell’ennesima condizione di abbandono e di lungo degrado.
Una storia imprenditoriale fortemente legata allo sviluppo dei territori e
connessa alla vita sociale e alle comunità che hanno concepito la propria
esistenza in relazione alla attività lavorativa, con le relative conseguenze
economiche e abitative.
Le fabbriche edificate in città e lungo i corsi dei fiumi si sono
trasformate, spesso, in solitarie rovine, con alcune eccezioni che sono da
esempio per ripensare l’utilizzo come opportunità di sviluppo e
conservazione.
Una cultura postindustriale tesa a stimare e valorizzare gli edifici di
maggior pregio, mantenendone le strutture originali ed evitando
speculazioni edilizie.
Conferenze, proiezioni, incontri, visite guidate
Ad arricchire la proposta culturale, una serie di conferenze aperte al
pubblico, proiezioni, incontri di approfondimento sull’importanza degli
archivi per la memoria collettiva, con la partecipazione di architetti,
studiosi, fotografi, archivisti, scuote e studenti, direttori di fondazioni e
operatori del settore.
Obiettivo della proposta
Partendo dalle fonti storiche il progetto ha come finalità la gestione e la
valorizzazione delle fonti fotografiche del mondo dell’industria e del
lavoro e si inserisce nella più ampia missione di tutela della
documentazione archivistica e di promozione della cultura d’impresa del
territorio.
Attraverso l’archivio e le attività previste, soprattutto di “education”, si
vuole porre l’accento sulle trasformazioni avvenute nei decenni,
diffondendo la cultura industriale, presente e futura, per tramandare alle
giovani generazioni una storia in continua evoluzione.
Il percorso espositivo è arricchito da installazioni, strumenti di lavoro,
registri, documentazione d’epoca e oggetti museali disposti in dialogo
con le immagini, oltre a video che rivelano storie affascinanti.
ENTI COINVOLTI
Il progetto, promosso dall’Archivio Fotografico Italiano e dal Comune di
Legnano.
Importanti le collaborazioni che consentiranno di proporre una iniziativa
di assoluta qualità:
– Archivio del Cinema Industriale e della comunicazione d’impresa
– Università LIUC
– Archivio Fotografico Lombardo
– Centro per la Cultura d’impresa
– Associazione Testimonianze Tecnico Storiche del Lavoro nel
Legnanese
– Museo Storico Fratelli Cozzi
– Fondazione 3 M
– Fondazione A2A
– Rete Fotografia