Come addentrarsi nelle vite e passioni di persone che riteniamo sconosciute o quasi? La tecnologia ci viene enormemente in soccorso in questo frangente. Mai come in questa epoca basta una banale ricerca sul web o sui social network e il gioco è fatto, la privacy violata, la vita prende forma e sostanza. Ne delineiamo un profilo, l’immaginazione viene scavalcata dalla certezza. Abbiamo visto, letto tutto, abbiamo finalmente un riferimento, un pregiudizio. È voyeurismo puro, ma in una forma tramutata in cui l’ansia ha sostituito l’eccitazione, in cui lo stereotipo è servito, il dubbio abolito.
Facile cavolo, troppo facile.
Voglio la loro privacy, ma non così.
Voglio entrare nella vita delle persone, nella loro vera intimità.
Saranno i magneti sul loro frigorifero a svelarmi chi sono. Come dei frammenti disposti a un primo sguardo in maniera casuale, diverranno rivelatori di una identità complessa, vera e non più mediata dall’apparenza.
La memoria della casa
di Federica Brigo
La serie Magneto è un progetto fotografico di Lorenzo Palombini, artista romano che utilizza la fotografia come punto di partenza per studiare il mondo e coloro che lo abitano.
I suoi progetti indagano le convenzioni e i limiti del visibile, dalla linea dell’orizzonte che delimita il paesaggio all’eredità classica di Roma, fatta di monumenti riconosciuti e riconoscibili e ancora radicata nelle scelte estetiche che inconsciamente vengono fruite ogni giorno. La tradizione e la fede religiosa diventano per Palombini delle possibili lenti attraverso cui ripensare al tessuto sociale della nostra contemporaneità.
Nella sua pratica artistica la griglia fotografica e la composizione, così come la ricerca della simmetria e del suo superamento, si sovrappongono all’esperienza del quotidiano, alla composizione dello spazio intimo e all’equilibrio dei piccoli gesti domestici.
Con il progetto fotografico Magneto, Palombini ha scelto di orientare la macchina fotografica all’interno della casa, dimensione del privato per antonomasia, focalizzando il suo interesse per la cucina e nello specifico verso l’elettrodomestico più imponente e simbolico: il frigorifero.
Il frigorifero è l’oggetto domestico che maggiormente rivela le nostre abitudini più intime, proprio perché legate a ciò che introduciamo dentro di noi. Attraverso la serie non viene documentato il suo interno, che rimane privato e nascosto, ma si vuole mostrare il suo esterno che, grazie allo sportello metallico, diviene bacheca pubblica e spazio espositivo.
Nel corso della realizzazione di Magneto, in cui sono stati fotografati ventitre frigoriferi appartenenti ad altrettanti nuclei familiari, è emerso che i singoli sportelli presentavano una selezione curata di immagini e testi sotto forma di calamite, cartoline, fotografie, ritagli di giornali e adesivi così come di inviti, citazioni, menù e calendari.
Si può infatti notare che nella selezione di cosa esporre nel frigorifero si sono approfonditi veri e propri nuclei tematici: alcuni hanno affrontato principalmente il tema del viaggio grazie a cartoline e souvenir; altri si sono soffermati su quello dell’arte attraverso le riproduzioni di opere sulle calamite; chi ha creato una bacheca dei ricordi attaccando polaroid e fotografie di famiglia; altri hanno dato spazio all’esigenze della quotidianità affiggendo calendari, orari del medico e menù del ristorante preferito; infine, ci sono tutti coloro che nella superficie del frigorifero hanno toccato più categorie in contemporanea, trasformando lo sportello in luogo di collegamenti e suggestioni.
Se in una concezione antropomorfica dello spazio domestico il luogo della cucina viene spesso associato al cuore della casa, il frigorifero rappresenta indubbiamente la sua memoria: è proprio qui che i ricordi, dai più significativi ai più effimeri, si stratificano nel tempo.
Le immagini e gli oggetti non sono distribuiti casualmente, ma seguono criteri compositivi ben definiti. In alcuni casi sono state disposte insieme calamite con simili forme e dimensioni o che rientravano nella medesima categoria, possiamo inoltre notare che in molte composizioni sono state applicate precise distanze tra gli elementi esposti.
Lo sportello del frigorifero diventa dunque uno spazio in cui allestire una narrazione personale, destinata inizialmente alla famiglia e pensata per una fruizione quotidiana. In secondo luogo, questa scelta di immagini e ricordi viene curata dagli abitanti della casa, in maniera più o meno consapevole, pensando alla possibile ricezione di un pubblico esterno, fatto di ospiti, parenti e amici.
Ecco che quella che all’apparenza può sembrare una superficiale e casuale decorazione, in realtà condivide un’analoga metodologia con l’arte di esporre e di “fare mostre”. Alla fine che cos’è la curatela se non fare una selezione in base a dei criteri prestabiliti, come tematici o estetici, creando delle connessioni fra gli oggetti rispettando scelte di allestimento precise.
Lorenzo Palombini attraverso il suo progetto fotografico, riesce a documentare la necessità delle persone che l’hanno accolto nella loro casa di raccontare una storia personale per immagini e, al contempo, un’esigenza condivisa da tutti noi e parte della nostra cultura occidentale. I frigoriferi immortalati potrebbero tranquillamente essere i nostri, addirittura le calamite potrebbero essere, e spesso sono, le stesse.
I gadget e souvenir d’arte, come le calamite e cartoline, vengono spesso prodotti e venduti all’ingrosso. Pertanto, nei bookshops di musei e spazi espositivi si possono acquistare una serie di riproduzioni di opere d’arte che, pur non essendo presenti in mostra o parte della collezione, vengono vendute in quanto suscitano il comprovato interesse del visitatore. L’acquisto di queste raffigurazioni in formato calamita e cartolina può essere sicuramente associato alla composizione di una personale collezione di opere d’arte, fruite realmente o meno, e allestita all’interno del contesto domestico.
Il progetto Magneto, nella sua linearità e intuizione, riesce abilmente a sovrapporre la dimensione intima e domestica con quella esteriore e collettiva, servendosi dell’esposizione dell’Altro per metterci di fronte al nostro stesso bisogno di mostrare noi stessi.
Note biografiche
Chi sono io? È una domanda alla quale non so ancora rispondere del tutto. Non ho grande memoria del mio passato ed è forse per questa ragione che ho iniziato a fotografare. Se dovessi pensare al ruolo che ha la fotografia nella mia vita, la legherei alla possibilità di memorizzare in maniera indelebile i miei ricordi. Non cerco un modo diretto per esporre i fatti e, anzi, non li mostro nemmeno in maniera oggettiva; al contrario porto le mie sensazioni inerenti le tematiche che affronto. Credo che gli aspetti più profondi siano sempre nascosti e vadano interpretati. Le mie foto per questo non sono sempre dirette. Raccontano di un problema, ma lo fanno in maniera surreale. È il mio linguaggio, il mio modo di comunicare e farmi sentire.
Da autodidatta inizio ad interessarmi e amare la fotografia. Successivamente frequenterò la Scuola Romana di Fotografia e Officine Fotografiche per migliorare le mie conoscenze. Precedentemente i miei interessi erano legati a tutt’altro genere essendomi laureato in Ingegneria Aerospaziale. Ho lavorato come assistente per l’artista Silvia Camporesi fino ad agosto 2018.