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Francesco Malavolta – Un reporter sul mare

Da EyesOpen! n. 7/2016 – SUD

Fotografie di Francesco Malavolta

Testo di Maria Grazia Patania – Collettivo Antigone

Francesco Malavolta è impegnato dal 2011 in una instancabile documentazione. Il fotoreporter collabora con l’Unchr, l’agenzia Onu per i rifugiati; l’Oim, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni; Frontex, l’agenzia dell’Unione Europea per il Controllo delle Frontiere e con agenzie di stampa internazionali come Associated Press. Sta sul mare per buona parte della sua vita lavorativa, quel Mare Nostrum che è ponte di comunicazione tra il sud e il nord del mondo, Mediterraneo che accoglie e rifiuta, che culla e uccide e dà speranze a chi parte dalle coste povere dell’Africa per inseguire un miraggio che non esiste. Questa selezione di immagini è solo una microscopica parte del suo immenso archivio.

Fatima era di fronte al mare
Fatima non aveva mai visto il mare prima. E francamente le sembrava troppo grande. Quel blu – tono su tono col cielo di notte – le metteva addosso una strana sensazione. Quella pozza sconfinata non somigliava affatto ai disegni che da bambina le facevano fare i volontari delle organizzazioni umanitarie su fogli di carta rimediati. Fra l’altro l’inganno del colore era intollerabile: nei suoi disegni d’infanzia il mare era azzurro, piatto, confortante, solcato da una barchetta allegra e sovrastato da un sole sorridente coi raggi che sembravano dita.

Tutta un’altra cosa rispetto a questa colata di pece che si trovava di fronte. Ad ogni modo era troppo tardi per ripensarci e non partire. Le bastava pensare al deserto, alla prigione, alla casa buia dove l’avevano sequestrata degli uomini armati per prendere coraggio. Le bastava chiudere gli occhi per aggrapparsi a un sogno di salvezza, alla speranza che da qualche parte oltre la colata di buio ci fosse un posto per lei e per i suoi desideri. Fra l’altro, sicuramente l’inganno cromatico sarebbe sparito il giorno successivo quando sarebbe sorto il sole e a quell’ora lei sarebbe stata già ad un passo dalla salvezza, al sicuro in Sicilia, quella terra di cui aveva solo sentito parlare.

Inizia così il viaggio lungo la rotta sud, crogiolo di culture e scambi ancestrali. Inizia con un mare in mezzo a due sponde della stessa terra: un mare che divide e unisce, un mare fra le cui onde spumeggia il destino della nostra umanità smarrita. Quella stessa umanità che coi suoi sogni interrotti sta pavimentando i fondali silenziosi del Mare Nostrum, costruendo quel ponte che neghiamo ai vivi: un ponte di desideri disattesi, di speranze infrante e di respiri interrotti.

E’ fragile la vita in mezzo al mare. A tratti smette di essere vita per diventare un incubo senza occhi, un groviglio di paure che infine si dissolvono nella certezza della morte…
Così Fatima si era addormentata sicura che quella rotta sud l’avrebbe tradita e per lei non ci sarebbe stato nessun nord. Nessun approdo nella terra promessa dove gliaranceti ti rubano il cuore e il sole si rifrange tra le fronde dei limoni. Niente giardini di rose dove coltivare desideri piccolie fragili che odorano di pane caldo, come quello di sua madre che nel campo profughi faceva le focacce più buone. Il suo sonno di piombo e paura veniva spesso interrotto: un movimento brusco, il pianto di un bambino inconsolabilmente affamato, il singhiozzo della madre col corpo arido e incapace di sfamare, l’odore pungente del terrore di un adolescente col volto sfregiato. E ad ogni risveglio Fatima si costringeva a tornare nel suo bozzolo, retaggio dell’utero materno che aveva abitato nel suo primo viaggio sulla rotta sud della vita.

Quella notte c’era un’altra imbarcazione fra le onde. Una imbarcazione solida, una di quelle che strappano le carrette di Fatima dalla tragedia. Su quella nave c’era Gaetano, che aveva 20 anni e veniva dall’entroterra siciliano. Manco lui era un grande conoscitore del mare prima di trovare quel lavoro a bordo che gli aveva evitato la malafine di doversi trasferire al nord, a Milano, come aveva fatto suo fratello maggiore. Gaetano non riusciva a dormire quella notte: era esausto e ancora troppo scosso dai salvataggi degli ultimi giorni. Non lo chiedeva a nessuno, solo alle stelle aveva il coraggio di domandare perché quelle persone continuassero a partire, perché affrontassero quel viaggio che spesso si concludeva in un abisso liquido senza memoria. Un abisso dove i pesci erano i soli officianti di una cerimonia senza parole. Ma immaginava che la luce che vedeva negli occhi dei sopravvissuti avesse a che fare con la speranza. C’era una dignità che gli ispirava un timore sacro anche quando arrivavano con l’anima trapassata.

Con questo groviglio di pensieri, Gaetano si stava assopendo quando venne strattonato da un collega che gesticolando gli intimava di sbrigarsi. “Non c’è tempo da perdere. Stanno affondando”.

Fu così che inconsapevolmente Gaetano – inchiodato a sud – divenne il nord di Fatima mentre le porgeva la mano per farle mettere i piedi al sicuro: il primo passo verso i suoi sogni di adolescente. Nel centro di quel mare che unisce e divide, che consola e tradisce, che salva e condanna, Gaetano afferrò nel timido sorriso di Fatima una scintilla del miracolo stesso della vita. In quel volto incorniciato dal velo azzurro così simile al mare, Gaetano ebbe la sensazione di avvicinarsi a un segreto incommensurabile: ciascun essere umano è contemporaneamente nord e sud, salvezza e condanna, riparo e perdizione. Fatima era troppo sfinita per accorgersi di alcunché, tuttavia in qualche angolo del suo cuore era sbocciato un sorriso al pensiero degli aranceti, dei limoni e degli abitanti di quella terra nuova che parlavano con parole di mandorla.
Intanto il mare osservava quei figli della terra salvarsi a vicenda: gli uni dai fondali delle sue acque insondabili, gli altri da un invivibile abisso di disumano egoismo. Se qualcuno fosse riuscito a scrutarne la superficie dall’alto, avrebbe riconosciuto un sorriso anche fra le pieghe delle sue onde.