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Portfolio – Matteo Verre, Corpus

“Corpus” è un’esplorazione visiva sul linguaggio del corpo come strumento di espressione. Fa parte di una ricerca più ampia su temi come la memoria e il suo funzionamento, la nostra percezione del tempo e il suo flusso, e il modo in cui costruiamo la nostra identità, temi che considero profondamente interconnessi e infondono tutto il mio lavoro, come modo per analizzare e interpretare la condizione umana.

Dal momento che tutte le creazioni sono reinterpretazioni, appropriazioni, aggiornamenti ed estensioni di qualcosa di preesistente (e lo è anche la vita stessa), io cerco, ammessa la sua esistenza, ciò che rende ognuno di noi unico. Ecco perché l’autoritratto, genere sul quale lavoro da quattro anni, è un punto centrale nella mia produzione. Mi mette in una posizione particolare, dandomi l’opportunità di osservarmi dall’esterno, facendomi spostare la percezione di essere il centro del mio personale universo e, allo stesso tempo, trasformandomi in un mezzo per esprimere idee e sentimenti.

Sebbene io sia il soggetto principale di questo lavoro, il mio obiettivo è esprimere qualcosa con cui le altre persone possano identificarsi e relazionarsi, una forma di comunicazione ed empatia attraverso emozioni condivise.

Matteo Verre

Note biografiche

Nato a Livorno il 30/10/1986. Dopo il diploma scientifico matematico-informatico si è iscritto alla facoltà di Scienze Politiche Internazionali dell’Università di Pisa, ma dopo un anno ha deciso di seguire quella che era la sua vera passione, cambiando corso di studi in Storia dell’Arte Contemporanea. Affascinato enormemente dall’esame di Storia e Tecnica della Fotografia, in combinazione con il bisogno crescente di esprimere se stesso, è stato in quel periodo che ha cominciato a esplorare il medium fotografico. Essendo amante del Surrealismo, influenzato principalmente dalle opere di Dalì e Magritte, ha cominciato a  esplorare la fotomanipolazione, facendone largo uso nelle sue prime opere.

Con il tempo ha poi espanso la sua pratica, guardando ai lavori, tra gli altri, di Robert Mapplethorpe, Duane Michals e Ulay, le cui ricerche sulla figura umana e sul linguaggio fotografico, sia esteticamente che concettualmente, hanno avuto un grande impatto su di lui, combinandoli con i suoi interessi scientifici in fisica quantistica e antropologia culturale, influssi che hanno contribuito a formare il suo punto di vista sulle diverse prospettive con le quali si può osservare la condizione umana. L’interconnessione di questi concetti e percorsi variegati sono ciò che forma la sua “poetica”, focalizzata sull’identità, la  memoria, la percezione del tempo e del suo scorrere, che sono adesso alla base della sua ricerca. E’ totalmente autodidatta, ma la passione e il trasporto verso l’arte lo spingono continuamente sia a migliorare l’aspetto tecnico sia a scavare sempre più a fondo nel linguaggio artistico, con lo scopo di tradurre in immagini i suoi pensieri, le emozioni e i sentimenti.