Pubblicato il Lascia un commento

Talk – Nicola Tanzini, I Wanna Be An Influencer

In occasione dell’ultima settimana di permanenza della mostra di Nicola Tanzini dal titolo “I Wanna Be An Influencer”, a cura di Benedetta Donato, la galleria milanese STILL ospiterà l’incontro Esserci o non essere. Luoghi instagrammabili e nuove geografie dello sguardo (martedì 13 giugno alle ore 18). Ispirato dall’ultimo libro fotografico di Tanzini, edito da Skira e anch’esso curato da Benedetta Donato, è un talk interamente dedicato alle tematiche legate ai nuovi comportamenti sociali, relativi alle scelte in ambito turistico e a come è mutata la concezione dei luoghi, nella condivisione tramite i social network.

Oggi ormai vecchie e nuove mete si definiscono in base alla loro instagrammabilità, caratteristica peculiare per spingere le persone a visitarle e a fotografarle, per aderire ad un nuovo modello sociale. “Non sembra esserci una differenza di valore tra luoghi monumentali e luoghi anonimi. La gerarchia non dipende dalla storia, né dall’estetica, ma forse, da una certa disposizione dello spazio che consente alla figura umana di spiccare come protagonista rispetto allo sfondo: ribaltando così il ruolo subordinato che il corpo aveva nelle tradizionali fotografie in posa davanti ai monumenti”, scrive il giornalista Michele Smargiassi in un recente articolo pubblicato sul blog di Repubblica Fotocrazia. “L’ultima tappa, per ora, della fotografia dei luoghi, è la loro riduzione a accessori della affermazione personale. Siamo entrati nell’era dell’ego-panorama“.

A confrontarsi proprio sull’argomento, insieme all’autore Nicola Tanzini e alla curatrice Benedetta Donato, interverranno lo stesso Michele Smargiassi – giornalista a la Repubblica, fondatore del blog Fotocrazia, scrittore, studioso tra i riferimenti più autorevoli di storia della fotografia e di cultura dell’immagine. Per Repubblica e National Geographic ha curato “Visionari”, la collana inedita dedicata alle citta` piu` affascinanti del mondo, raccontate attraverso gli scatti dei grandi maestri della fotografia internazionale. A condurre l’incontro sarà Denis Curti – critico e curatore, direttore artistico delle Stanze della Fotografia di Venezia e del Festival di Fotografia di Capri, fondatore di STILL. direttore della testata Black Camera sulla piattaforma digitale di Rolling Stone Italia e curatore di diverse pubblicazioni per Marsilio Editori tra cui “Capire la fotografia contemporanea” (2020)

Note biografiche

Nicola Tanzini (Pisa, 1964) è un imprenditore e fotografo da oltre trent’anni. La sua ricerca si ispira prevalentemente al movimento della fotografia umanista, ponendo al centro i comportamenti, le situazioni quotidiane appartenenti alla natura umana. Ha fondato Street Diaries, un progetto itinerante e in costante evoluzione sulla fotografia di strada. Nel 2018 ha pubblicato Tokyo Tsukiji ( a cura di Benedetta Donato, ContrastoBooks), l’ultimo reportage fotografico sul mercato ittico più grande del mondo. Le sue opere fanno parte di alcune collezioni museali, tra cui si ricordano: il Museo d’Arte Orientale “Edoardo Chiossone” di Genova e il Civico Museo d’Arte Orientale di Trieste. I Wanna Be An Influencer è il suo secondo libro (Skira, 2022).

Benedetta Donato, curatrice e critica di fotografia, si occupa di mostre e progetti editoriali in ambito di cultura visiva. Direttrice del RCA – Romano Cagnoni Award, Premio Internazionale di Fotogiornalismo, promosso dalla Fondazione Romano Cagnoni di cui è membro del Consiglio di Amministrazione. Collabora con diverse realtà del settore, come musei, gallerie e festival. Tra le sue ultime pubblicazioni: Enciclopedia dell’Arte Contemporanea Istituto dell’Enciclopedia Italana – Treccani, Corriere della Sera e Nikon per “Accademia di Fotografia” 2022 – 2023. Lettrice portfolio, membro della giuria in eventi internazionali, è inoltre nominator per il Leica Oskar Barnack Award. Dal 2015 firma la sua rubrica per la rivista IL FOTOGRAFO, Gruppo Sprea Editore.

Pubblicato il Lascia un commento

Mostre – Luce della Montagna, quattro grandi maestri a Brescia

Di Fabrizio Bonfanti

Se non avete mai visitato Brescia, andateci, perché è una cittadina bellissima e in questo periodo è in splendida forma in quanto Capitale della Cultura (con la cugina Bergamo). Se amate la montagna e la fotografia, dovete andare a Brescia entro il 25 giugno per visitare la mostra “La luce delle montagna” allestita al Museo di Santa Giulia e inserita nell’ambito del Brescia Photo Festival come una delle più importanti mostre mai realizzate sul tema, che offre la possibilità di vedere i lavori di quattro maestri della fotografia di montagna del Novecento: Martín Chambi, Ansel Adams, Vittorio Sella e Axel Hütte. Quattro sguardi diversi ed emozionanti sulle catene montuose dei quattro continenti, con un percorso che non è concepito come una collettiva, ma come quattro distinte sezioni personali  dedicate ai diversi sguardi qui ospitati. Si tratta di fotografi che, nella seconda meta dell’Ottocento e nel Novecento, raggiungevano luoghi remoti caricandosi banchi ottici e macchine fotografiche pesanti sulle spalle, affrontando complesse spedizioni con mezzi esigui. Senza di loro non avremmo una documentazione così dettagliata di questi santuari della natura di quei secoli.

Il peruviano Chambi (1891-1973), attivo a inizio del secolo scorso, ci regala visioni della gente e dei luoghi del sud America, il suo sguardo ci racconta di minatori, indigeni Quetchua, contadini che abitano le montagne del Perù. I paesaggi di Machu Picchu sono straordinari. La sua rassegna presenta 40 immagini, appositamente stampate per l’appuntamento bresciano dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo su e giù per le Ande all’epoca.

Poi si passa al maestro assoluto Ansel Adams  (1902-1984): è emozionante poter vedere  trenta stampe vintage da lui firmate e immaginarlo all’ingranditore in camera oscura per realizzarle. Particolarmente curata è la tecnica realizzativa e la stampa, nonché la sua paziente lettura del tempo al fine di registrare il paesaggio nella sua forma più autentica e primitiva. Ambientalista ante litteram, Adams affermava che “ogni giorno devo scrivere ai giornali per ricordare loro l’importanza dell’ambiente e della sua difesa”. I suoi paesaggi dello Yosemite, visti da vicino, lasciano il segno. Presente anche la famosissima opera  “Moonrise”.

Po è il turno di un italiano: Vittorio Sella (1859-1943), nome importante per tutti gli appassionati di montagna, autore ed esploratore che ha documentato i paesaggi delle nostre Alpi dove si vedono ghiacciai che ormai hanno perso buona parte della loro massa e cime che a guardarle ora sono spoglie dalla neve. Tra le particolarità, la rassegna bresciana ospita una fotografia di Sella scattata dallo stesso campo base dal quale Compagnoni e Lacedelli partirono per conquistare la vetta del K2 nel 1954 e che usarono per tracciare la via per la salita.

Chiude il percorso il tedesco Axel Hütte (classe 1951), con lavori che tolgono semplicemente il fiato: sono esposte stampe di grandi dimensioni, realizzate con tecniche moderne, che proiettano i visitatori nel mondo del sogno e li ipnotizzano con i dettagli precisi e i colori rarefatti. L’autore ha anche realizzato una serie speciale per questa mostra ritraendo le cime del Brenta. Lui rappresenta l’evoluzione e la sintesi contemporanea dei lavori di Sella e Adams. Allievo di Bernd e Hilla Becher, uno dei cinque protagonisti della cosiddetta Düsseldorf Academy (con Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff), Hütte è un instancabile viaggiatore, grande camminatore e ciclista semiprofessionista, perfezionista dell’immagine analogica, paziente e tenace nella sua ricerca della fotografia “completa” ove ogni dettaglio deve aderire a un progetto di immagine che è innanzitutto costruito nella sua mente

Accompagna la mostra un catalogo edito da Skira.

Info:

Luce della Montagna. Vittorio Sella, Martín Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte.

Dal 24 Marzo 2023 al 25 Giugno 2023 a cura di Filippo Maggia, prodotta dalla Fondazione Brescia Musei e da Skira

Museo di Santa Giulia, Via dei Musei, 81, 25121 Brescia BS

tel. 030/2977833

BRESCIA PHOTO FESTIVAL (VI edizione). CAPITALE
Brescia, Museo di Santa Giulia, Mo.Ca. – Centro per le Nuove Culture, sedi varie
24 marzo – 27 agosto 2023

www.bresciamusei.com

Pubblicato il Lascia un commento

Mostre – Vivian Maier inedita

A partire da oggi e fino al al 26 giugno 2022, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra di Vivian Maier (1926-2009), una delle massime esponenti della cosiddetta street photography.  Fin dal titolo, Inedita, l’esposizione, che giunge in Italia dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi, si prefigge di raccontare aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica di questa recente grande scoperta della fotografia, approfondendo nuovi capitoli o proponendo lavori finora inediti, come la serie di scatti realizzati durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova, nell’estate del 1959.

La mostra, curata da Anne Morin, è co-organizzata da diChroma e dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais, prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali e il patrocinio del Comune di Torino, e sostenuta da Women In Motion, un progetto ideato da Kering per valorizzare il talento delle donne in campo artistico e culturale. L’esposizione presenta oltre 250 immagini, molte delle quali inedite o rare, come quelle a colori, scattate lungo tutto il corso della sua vita. A queste si aggiungono dieci filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce e vari oggetti che le sono appartenuti come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica, e uno dei suoi cappelli.

“La mostra – dichiara Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali di Torino, propone una parte dell’opera ancora sconosciuta di Vivian Maier, universalmente apprezzata dopo il ritrovamento dei suoi archivi nel 2007, e indaga le origini della sua poetica, legata soprattutto alla sua tipica e ormai iconica osservazione street, un tema chiave oggi frequentato e condiviso anche tramite i social media da fotografi di diversa cultura ed estrazione. La strada come attualità e contemporaneità, e, accanto, l’itinerario privato di una donna alla ricerca della sua identità”.

“Vivian Maier – afferma Anne Morin – è una fotografa amatoriale che cercava nella fotografia uno spazio di libertà; benché il suo lavoro sia passato inosservato per tutto il corso della sua vita, si ritrova nella storia della fotografia a fianco dei più grandi maestri quali Robert Doisneau, Robert Frank o Helen Levitt”.

“Dopo Capa in color – ricorda Edoardo Accattino, amministratore Ares srl – proseguiamo la nostra collaborazione con i Musei Reali. Così come per Robert Capa, anche in questa mostra abbiamo voluto raccontare al pubblico gli aspetti meno noti di un grande fotografo. Con orgoglio apriamo la prima grande retrospettiva dedicata a una delle maggiori esponenti della street photography, attraverso un percorso che unisce fotografie, filmati e audio, strumenti complementari che permetteranno di scoprire un nuovo aspetto della produzione di Vivian Maier e la sua continua ricerca nello studio dell’immagine”.

Il percorso espositivo tocca i temi più caratteristici della sua cifra stilistica e si apre con la serie dei suoi autoritratti in cui il suo sguardo severo si riflette negli specchi, nelle vetrine e la sua lunga ombra invade l’obiettivo quasi come se volesse finalmente presentarsi al pubblico che non ha mai voluto o potuto incontrare. Una sezione è dedicata agli scatti catturati tra le strade di New York e Chicago. Vivian Maier predilige i quartieri proletari delle città in cui ha vissuto. Instancabile, cammina per tutto il tessuto urbano popolato da persone anonime che davanti al suo obiettivo diventano protagoniste, anche per una sola frazione di secondo, e recitano inconsciamente un ruolo. Le scene che diventano oggetto delle sue narrazioni sono spesso aneddoti, coincidenze, sviste della realtà, momenti della vita sociale a cui nessuno presta attenzione. Ognuna delle sue immagini si trova proprio nel luogo in cui l’ordinario fallisce, dove il reale scivola via e diventa straordinario.

Mentre cammina per la città, Vivian Maier a volte si sofferma su un volto. La maggior parte dei visi che scandiscono le sue passeggiate fotografiche sono quelli di persone che le assomigliano, che vivono ai margini del mondo illuminato dall’euforia del sogno americano. Parlano di povertà, lavori estenuanti, miseria e destini oscuri. Ognuno di questi ritratti, impassibile e austero, è colto frontalmente nel momento dello scatto. A essi fanno da contraltare quelli delle signore dell’alta borghesia, che reagiscono in modo offeso al palesarsi improvviso della fotografa. Oltre ai ritratti, Vivian Maier si concentra sui gesti, redigendo un inventario degli atteggiamenti e delle posture delle persone fotografate che tradiscono un pensiero, una intenzione, ma che rivela la loro autentica identità. Le mani sono spesso le protagoniste di queste immagini perché raccontano, senza saperlo, la vita di coloro a cui appartengono.

Agli inizi degli anni sessanta si nota un cambiamento nel suo modo di fotografare. La sua relazione con il tempo sta cambiando, e il cinema sta già cominciando a insinuarsi e ad avere la precedenza sulla fotografia. Vivian Maier inizia a giocare con il movimento, creando sequenze cinetiche, come se cercasse di trasportare le specificità del linguaggio cinematografico in quello della fotografia, creando delle vere e proprie sequenze di film. Come naturale conseguenza, Vivian Maier inizia a girare con la sua cinepresa Super 8, documentando tutto quello che passava davanti ai suoi occhi, in modo frontale, senza artifici né montaggi.

Un importante capitolo della mostra è dedicato alle fotografie a colori. Se da un lato, i lavori in bianco e nero sono profondamente silenziosi, quelli a colori si presentano come uno spazio pieno di suoni, un luogo dove bisogna prima sentire per vedere. Questo concetto musicale di colore sembra riecheggiare nello spazio urbano, come il blues che scorre per le strade di Chicago e, in particolare, nei quartieri popolari frequentati da Maier. Non poteva mancare una sezione dedicata al tema dell’infanzia che ha accompagnato Vivian Maier per tutto il corso della vita. A causa della sua vicinanza ai bambini per così tanti anni, era in grado di vedere il mondo con una capacità unica. Come governante e bambinaia per quasi quarant’anni, Maier ha preso parte alla vita dei bambini a lei affidati, documentando i volti, le emozioni, le espressioni, le smorfie, gli sguardi, così come i giochi, la fantasia e tutto il resto che abita la vita di un bambino.

Note biografiche

Nata a New York da madre francese e padre austriaco, Vivian Maier (1926-2009) trascorre la maggior parte della sua giovinezza in Francia, dove comincia a scattare le prime fotografie utilizzando una modesta Kodak Brownie. Nel 1951 torna a vivere negli Stati Uniti e inizia a lavorare come tata per diverse famiglie. Una professione che manterrà per tutta la vita e che, a causa dell’instabilità economica e abitativa, condizionerà alcune scelte importanti della sua produzione fotografica. Fotografa per vocazione, Vivian non esce mai di casa senza la macchina fotografica al collo e scatta compulsivamente con la sua Rolleiflex accumulando una quantità di rullini così numerosa da non riuscire a svilupparli tutti.

Tra la fine degli anni novanta e i primi anni del nuovo millennio, cercando di sopravvivere, senza fissa dimora e in gravi difficoltà economiche, Vivian vede i suoi negativi andare all’asta a causa di un mancato pagamento alla compagnia dove li aveva immagazzinati. Parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare, che, affascinato da questa misteriosa fotografa, inizia a cercare i suoi lavori dando vita a un archivio di oltre 120.000 negativi. Un vero e proprio tesoro che ha permesso al grande pubblico di scoprire in seguito la sua affascinante vicenda.

VIVIAN MAIER. INEDITA

Torino, Musei Reali | Sale Chiablese (piazza san Giovanni 2)

9 febbraio – 26 giugno 2022. Catalogo Skira.

Orari: dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00; sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00

(ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

Biglietti:

Intero: € 15,00; Ridotto: € 12,00; over 65, insegnanti, ragazzi tra 18 e 25 anni, gruppi, giornalisti non accreditati.

Ridotto ragazzi: € 6,00 tra 12 e 17 anni compiuti

Pacchetto famiglia: fino a due adulti € 12,00 cad. e ogni ragazzo tra 12 e i 17 anni € 6,00 cad.

Gratuito: possessori dell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta, Torino+Piemonte card, bambini da 0 a 11 anni, persone con disabilità, dipendenti MiC, giornalisti in servizio previa richiesta di accredito all’indirizzo info@vivianmaier.it

Informazioni: Tel. 338 169 1652; info@vivianmaier.itwww.vivianmaier.it

Pubblicato il Lascia un commento

Libri – Nobuyoshi Araki, Polarnography

Polarnography è una raccolta di cento Polaroid inedite realizzate da Nobuyoshi Araki nel 2016, nelle quali ritratti femminili e squarci di cielo si dividono equamente lo spazio, secondo un abbinamento mai casuale. I controversi nudi di donne giapponesi legate secondo la tecnica
kinbaku l’hanno reso famoso in tutto il mondo, così come è noto l’amore viscerale che Araki nutre verso la città di Tokyo, celebrato in molte sue serie di immagini e pubblicazioni, da Tokyo Lucky Hole a Tokyo Diary, Tokyo Novelle o Suicide in Tokyo. Donna e cielo dunque non
solo convivono nel tradizionale quadrato Polaroid, quanto si completano l’una nell’altro, nelle forme come nei colori: cento combinazioni per altrettante opere uniche, inedite e irripetibili. Le cento Polaroid dell’autore sono riprodotte in facsimile e contenute in una scatola che è a sua volta il facsimile di quella che conteneva le foto Polaroid vergini. La composizione retorica tra Polaroid e Pornografia è ovviamente all’origine del titolo Polarnography. Le opere, in perfetto facsimile, sono un prezioso oggetto da collezione.

Il libro, un pezzo da collezione, è pubblicato da Skira editore: 8,7 x 10,8 cm in scatola 9 x 11.5 x 6.5 cm contenuta in confezione 29 x 35.5 x 6.8 cm in tela e acetato. Prezzo: € 89,00

Pubblicato il Lascia un commento

Jodi Bieber – Tra luce e ombra, in mostra a La Spezia

“Between Darkness and Light. Selected Works: South Africa 1994-2010” è il titolo della mostra di Jodi Bieber da poco inaugurata a La Spezia, presso la Fondazione Carispezia. E’ la terza tappa del percorso dedicato alla fotografia contemporanea promosso dalla Fondazione a partire dal 2015 e la prima grande personale dell’artista sudafricana che ha vinto numerosi premi internazionali tra cui il World Press Photo of the Year 2010, con l’immagine pubblicata sulla copertina del Time di Bibi Aisha, una giovane afghana con il volto sfigurato. La Bieber ha pubblicato i suoi scatti sulle maggiori testate internazionali e viene dalla scuola e dallo stile ritrattistico di David Goldblatt. Ha lavorato in Sudafrica, Medio Oriente, Pakistan, Iraq, Stati Uniti. Il percorso espositivo presenta 100 fotografie in bianco e nero e a colori che saranno ospitate negli spazi della Fondazione fino al 4 marzo 2018. Una raccolta che narra la storia recente del Sudafrica, articolata in 4 serie complete tra le più rilevanti dell’intera produzione dell’artista: “Between dogs & wolves”, “Growing up with South Africa”, “Going home”, “Illegality and Repatriation”, “Women who murdered their husband” e “Soweto”.
Gli scatti di Bieber mostrano un paese in pieno sviluppo economico libero, democratico, ma dove le differenze sociali, le discriminazioni persistono ancora. Le immagini in mostra ritraggono le differenti comunità mettendo in risalto anche il buio e la luce che è in ognuno di noi. Jodi Bieber, che ha dedicato una lunga parte della sua carriera al racconto dei giovani che nel suo Paese vivono nei sobborghi ai margini della società, in questo viaggio è una testimone del tempo che esplora il suo mondo negli anni di passaggio da un’epoca a un’altra. una realtà in fermento, dalla fine dell’apartheid ai nostri giorni.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira che oltre alle opere in esposizione contiene una conversazione fra Jodi Bieber e Filippo Maggia.

Per infornazioni pratiche: www.fondazionecarispezia.it

(Testo di Carolina Masserani)