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L’immagine incontra il mondo al Festival Fotografico Europeo

Il bel festival organizzato da Archivio Fotografico Italiano apre oggi la sua dodicesima edizione con una rosa di appuntamenti e mostre imperdibili, curate dal direttore artistico Claudio Argentiero, che animeranno il territorio della provincia di Varese fino al 28 aprile.

Patrocinato dalla Commissione Europea, dalla Provincia di Varese, e dalle Amministrazioni comunali di Legnano, Busto Arsizio, Castellanza, Cairate e Olgiate Olona, con la condivisione di: Archivio Letizia Battaglia, ILISSO Edizioni, Istituto Italiano di Fotografia, EMERGENCY, FP SCHOOL Scuole di Fotografia, gallerie e realtà private tra cui: Barbara Frigerio Gallery Milano, Galleria Boragno Busto A., A&A Studio Legale Busto A. e Milano, Spazio Arte Farioli Busto Arsizio e il supporto tecnico di EPSON Digigraphie, si pone l’obiettivo di promuovere la fotografia d’autore e il linguaggio espressivo, attraverso percorsi visivi articolati, aperti alle più svariate esperienze.

Un progetto culturale e artistico dedicato alla fotografia storica, moderna e contemporanea, con un approccio interdisciplinare che vede importanti autori a confronto con fotografi emergenti, italiani e provenienti da diversi paesi del mondo. Il programma è arricchito da conferenze, proiezioni, presentazione di libri, workshop e iniziative site specific, il cui obiettivo è approfondire l’evoluzione del linguaggio fotografico e visivo. Un crocevia di esperienze dove esperti del settore, studenti, appassionati, ricercatori e professionisti potranno confrontarsi per una crescita collettiva. Il Festival ha tra le finalità anche quella della valorizzazione del territorio, da far
conoscere e scoprire mediante una comunicazione mirata, immagini d’archivio e campagne contemporanee.
Va visto come una sorta di laboratorio culturale dedicato all’arte della fotografia che si apre all’Europa e che dialoga con la gente
attraverso gli sguardi dei grandi autori, mettendo a fuoco le aspirazioni, i linguaggi e l’inventiva di artisti con differenti peculiarità stilistiche.

La proposta comprende in tutto diciotto mostre, conferenze, proiezioni, presentazione di libri. Un programma espositivo articolato che muove dalla fotografia storica al reportage d’autore, dalla fotografia d’arte all’architettura, dalle ricerche creative alla documentazione del territorio, tema da sempre caro al festival e al suo curatore.

Palazzo Marliani Cicogna, a Busto Arsizio, Varese, ospiterà la mostra dedicata a Roberto Kusterle “Una mutazione silente. I segni della metembiosi”; la personale di Carmelo Bongiorno, “L’isola intima, radiografie dell’anima. Fotografare è un atto d’amore” e quella di Gabriele Maria Pagnini “Ritratti 1970-2000”.

Al Museo del Tessile di Busto Arsizio, Varese, dal 23 marzo Stefano Barattini, “Ex fabbrica. Monumenti del lavoro”.

Alla Galleria Boragno, via Milano 4 Busto Arsizio, fino al 24 marzo è esposta con ingresso libero l’artista brasiliana Isabel Lima, con la sua personale dal titolo “Le mie amine salve”, oltre al progetto di Fulvio Francone “La terra e la luna” dal 6 al 14 aprile.

Da Spazio Arte Farioli, via Silvio Pellico 15 Busto Arsizio, dal 23 marzo al 14 aprile esporrà Erminio Annunzi col suo lavoro “Nel buio si cela la luce”.

Al Castello Visconteo di Legnano va invece in scena Maurizio Galimberti con “La promessa – Marcinelle: 8 agosto 1956, concept by Paolo Ludovici, dove l’autore prosegue la sua riflessione sul senso della storia e del tempo con questo nuovo lavoro. Lo affianca una retrospettiva dedicata a Letizia Battaglia “Le immagini, la storia”, e il reportage di Laura Salvinelli “Afghana” che racconta il centro di maternità di Emergency nella valle dl Panjshir. Per finire Joseph-Philippe Bévillard che racconta i Mincéir, minoranza etnica tradizionalmente nomade originaria dell’Irlanda, e Natla Grigalshvili con “La terra dei Doukhobor”

A Castellanza, Varese, un’altra rosa di proposte interessanti.

A Villa Pomini fino al 14 aprile la retrospettiva dedicata a Carlo Bavagnoli recentemente scomparso, e al suo racconto “Sardegna 1959. L’Africa di casa”, affiancata da “Adagio Napoletano” di Stefania Adami, da una collettiva degli studenti del II° anno dell’Istituto Italiano di Fotografia dal titolo “Paesaggi di luoghi senza volto” e dalla personale di Roberto Lugano “Punto Zero”.

La Chiesa dei Santi Innocenti di Olgiate Olona, Varese, allestisce “La terra di sotto” di Luca Quagliato e Luca Rinaldi.

Il Monastero di Santa Maria Assunta di Cairate, Varese, sopita Armando Bottelli con “Natura in mostra” e i “Berbere portraits” di Rui Pires.

Per consultare tutto il programma di eventi collaterali che sono proposti durante tutto il periodo del festival, www.europhotofestival.com

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Camera Torino, tre mostre celebrano l’immortalità dei grandi maestri

Il Centro Italiano per la Fotografia di Torino apre la stagione 2024 con una triplice proposta espositiva all’insegna dei classici dell’obiettivo.

La tragica guerra civile spagnola, momento cruciale della storia del XX secolo, e il rapporto professionale e sentimentale fra Robert Capa e Gerda Taro sono il fulcro della mostra Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra che con oltre cento scatti racconta una stagione intensa del fotogiornalismo e i rapporti personali, affettivi, tra due nomi storici della fotografia del Novecento, tragicamente interrotti con la morte di lei nel 1937. L’esposizione è curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi, e include la riproduzione di alcuni provini della celebre “valigia messicana” che conteneva 4.500 negativi scattati in Spagna dai due protagonisti della mostra e da David Seymour. Fino al 2 giugno.

La Project Room di CAMERA ospita fino al 14 aprile la mostra Ugo Mulas / I graffiti di Saul Steinberg a Milano che si conluderà il 14 aprile, protagonista assoluta è la Milano del boom economico e le creazioni del grande illustratore e disegnatore Saul Steinberg immortalate da un giovane Ugo Mulas. Nel 1961 Saul Steinberg realizza una straordinaria decorazione a graffito dell’atrio della Palazzina Mayer a Milano, su commissione dello Studio BBPR che ne seguiva la ristrutturazione. A lavoro compiuto, chiede a un giovane Ugo Mulas  di testimoniare l’opera nella sua interezza e nei particolari. Nel 1997 la palazzina sarà nuovamente ristrutturata, e i graffiti distrutti: oggi, di quello splendido intervento rimangono solo le fotografie di Ugo Mulas, capaci di restituire insieme il documento dell’opera e la sua interpretazione. La mostra è curata dall’Archivio Ugo Mulas e da Walter Guadagnini

Sempre fino al 14 aprile vale la pena di visitare anche la retrospettiva Michele Pellegrino. Fotografie 1967-2023, organizzata da CAMERA e Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo con la curatela di  Barbara Bergaglio e un testo di Mario Calabresi – si compone di oltre 50 immagini di Michele Pellegrino (Chiusa Pesio, CN, 1934), una sintetica  antologica dell’intero suo percorso creativo, tra montagne, ritualità, volti e momenti del mondo contadino. Insieme a queste, è proposta una selezione digitale frutto della catalogazione e digitalizzazione effettuate da CAMERA sull’archivio del fotografo, acquisito dalla Fondazione CRC nell’ambito del progetto Donare.Completa l’esposizione una lettura di quattro foto di paesaggio inserite in Atlante artistico botanico della flora e del paesaggio del Nord Italia, una ricerca, condotta presso l’Università di Udine dalla dottoranda Alessia Venditti con la supervisione dei docenti Alessandro Del Puppo e Valentino Casolo, finanziata dalla Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus.

Accanto alle esposizioni temporanee, la Manica Lunga del Centro, ospita l’esposizione permanente La storia della fotografia nelle tue mani, una proposta originale, la prima in Italia per tipologia e concezione, che offe ai visitatori una lunga timeline con testi, immagini e materiale video, nata dalla volontà di consentire a tutte e tutti, anche alle persone non vedenti o ipovedenti, di fruire di testi, immagini e contenuti digitali.

Altre informazioni

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografiavia delle Rosine 18, Torinowww.camera.to

 

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Sony Awards 2024, annunciati i finalisti del concorso

La World Photography Organisation ha finalmente svelato i nomi dei fotografi arrivati in finale e nella shortlist del concorso Professional dei Sony World Photography Awards 2024 e siamo felici di vedere tra  loro diversi autori italiani.

Giunto alla 17a edizione, il concorso Professional è uno degli appuntamenti più importanti del settore fotografico internazionale, premia le opere che si distinguono per eccellenza tecnica e originalità nell’esporre storie e tematiche e continua a crescere in qualità e iscrizioni. L’edizione 2024 ha segnato di nuovo il più alto numero di iscrizioni (che, ricordiamo, sono gratuite), mai registrato per il concorso Professional, con oltre 395.000 candidature provenienti da più di 220 Paesi e territori.

Il vincitore assoluto del titolo Photographer of the Year 2024 sarà selezionato dal gruppo di finalisti del concorso Professional e annunciato il prossimo 18 aprile a Londra: si aggiudicherà un premio in denaro di 25.000 dollari e una serie di attrezzature fotografiche digitali Sony, oltre a essere protagonista di una presentazione monografica in occasione dei Sony World Photography Award del prossimo anno. Un’opportunità unica per sviluppare ulteriormente il progetto vincente o anche esporre nuovi lavori, conquistando ancora più visibilità e aprendosi nuove porte per la carriera.

Inoltre, dal 19 aprile al 6 maggio 2024, una selezione delle opere dei finalisti e dei fotografi inseriti nella shortlist verrà esposta presso la Somerset House di Londra, prima di essere spostata in altre sedi nel mondo, tra le quali l’Italia con una collettiva curata dal direttore di EyesOpen! Magazine Barbara Silbe. Nella stessa sede della capitale britannica sarà esposto il lavoro di Sebastião Salgado, che in questa edizione ha vinto l’Outstanding Contribution to Photography, premio alla carriera che ogni anno viene attribuito a un grande maestro dell’obiettivo.

Di seguito, i tre finalisti per ogni categoria pro e i relativi progetti selezionati quest’anno:

 

ARCHITETTURA E DESIGN

In Sala Mayor (Living Room), Siobhán Doran (Irlanda) presenta, attraverso una serie di scatti che ritraggono i salotti, le case delle famiglie che si sono arricchite grazie al commercio dello zucchero nelle Filippine. In Tehran Campus Town, Yaser Mohamad Khani (Repubblica Islamica dell’Iran) esplora i nuovi quartieri in costruzione nella periferia di Teheran in una serie di suggestive fotografie dello sviluppo urbano all’interno di un paesaggio dominato da rocce e montagne. Con il progetto Spa Island, invece, Karol Pałka (Polonia) documenta il ruolo delle strutture termali in Slovacchia, diventate ormai parte integrante della vita comunitaria in qualità di luoghi di incontro e interazione.

FOTOGRAFIA CREATIVA

In The Gay Space AgencyMackenzie Calle (USA) reinventa la storia della NASA, che non ha mai fatto viaggiare un astronauta apertamente LGBTQ+, proponendo invece l’idea di un’agenzia spaziale che accoglie e valorizza tutti gli astronauti, a prescindere dalla loro identità di genere. La serie Gilded Lilies: Portraits of Cut Flowers di Tine Poppe (Norvegia) affronta il tema dell’impatto ambientale dei fiori recisi attraverso accurate immagini di bouquet su sfondi di paesaggi devastati dal cambiamento climatico. Con il progetto A Thousand CutsSujata Setia (UK) indaga il dolore e la resilienza delle vittime di abusi domestici nella comunità asiatica del Regno Unito, attraverso una serie di particolari ritratti che riportano delle incisioni sulla superficie, lasciando intravedere uno strato di carta rossa al di sotto.

DOCUMENTARISTICA

Critical Minerals – Geography of Energy, il progetto fotografico di Davide Monteleone (Italia), offre uno spaccato sull’attività di estrazione dei minerali necessari per produrre energie rinnovabili, osservando da vicino l’estenuante lavoro dei minatori che estraggono il cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. In Spiralkampagnen: Forced Contraception and Unintended Sterilisation of Greenlandic Women, Juliette Pavy (Francia) indaga gli effetti a lungo termine della campagna di controllo delle nascite condotta dalle autorità danesi in Groenlandia tra il 1966 e il 1975, durante la quale a migliaia di giovani donne sono stati impiantati dispositivi intrauterini senza il loro consenso, provocandone in molti casi la sterilità. Il progetto di Brent Stirton (Sudafrica), intitolato LGBTQIA Refugees: Fleeing Uganda documenta la vita delle persone che sono state costrette a lasciare l’Uganda a causa delle severe leggi che vietano l’omosessualità, e che ora stanno cercando di ricostruirsi una vita in luoghi protetti in Kenya.

AMBIENTE

Mahé Elipe (Francia) presenta Echoes of the Hive, un lavoro fotografico sugli sforzi compiuti dalla popolazione Maya del Messico meridionale per preservare una specie di api di importanza fondamentale per la loro cultura e religione, messa in pericolo dal massiccio uso di pesticidi. Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni (Italia) sono gli autori della serie Tropicalia, progetto fotografico sugli effetti del cambiamento climatico e dell’aumento delle temperature in Sicilia, che hanno spinto agricoltori e scienziati locali a sperimentare nuove tecniche agricole per la coltivazione di frutti tropicali. Partendo dagli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile stabiliti dall’ONU per contrastare la fame nel mondo, Maurizio Di Pietro (Italia), nel suo progetto Zero Hunger, si occupa invece della diffusione degli insetti come risorsa alimentare.

PAESAGGIO

In Wildfires of PalermoJim Fenwick (UK) cattura gli straordinari colori dei cieli di Palermo illuminati dai fuochi appiccati dai contadini nella campagna siciliana per bruciare le sterpaglie. Eddo Hartmann (Paesi Bassi) presenta The Sacrifice Zone, progetto realizzato in un’area remota del Kazakistan, dove un tempo avevano sede i principali impianti di sperimentazione nucleare dell’Unione Sovietica. Nelle immagini l’autore ricorre all’utilizzo di infrarossi per evocare l’impatto della contaminazione da radiazioni invisibile all’occhio umano. Infine, An Atypical Chinese Landscape, di Fan Li (Cina continentale), ritrae panorami enigmatici e scarni, popolati da oggetti e costruzioni abbandonate: frammenti di vite passate e sconosciute che lasciano segni permanenti nel paesaggio.

PORTFOLIO

In Quest for Coherence, di Aly Hazzaa (Egitto), l’attento occhio del fotografo si aggira per le strade del Cairo catturando una serie di scene originali e divertenti. Angelika Kollin (Estonia) è invece l’autrice di Parenthood, lavoro che esplora il concetto di famiglia come nucleo principale della vita attraverso una serie di ritratti in bianco e nero di genitori e figli. Con il progetto Portraits and LandscapesJorge Mónaco (Argentina) invita l’osservatore ad addentrarsi nelle storie intime dei suoi soggetti, offrendo uno spunto di riflessione sulla diversità umana.

RITRATTO

In seguito a un’ampia ricerca d’archivio e alla collaborazione con i genealogisti che lo hanno aiutato a rintracciare i suoi interlocutori, Drew Gardner (UK), nella serie Descendants of Black American Civil War Combatants, ricrea le fotografie dei combattenti neri della guerra civile americana attraverso ritratti in posa dei loro discendenti. Per realizzare Father and SonValery Poshtarov (Bulgaria) ha chiesto a padri e figli di Bulgaria, Georgia, Turchia, Armenia, Serbia e Grecia di tenersi per mano. Questo piccolo ma importante gesto di tenerezza familiare crea un ritratto intimo e commovente della mascolinità e delle relazioni padre-figlio. In The First CarAdali Schell (USA) ritrae i suoi amici nelle loro prime auto, rievocando il senso di un viaggio condiviso, ricordi evanescenti e la sensazione adolescenziale dei giovani cresciuti a Los Angeles.

SPORT

In Finger Wrestling in BavariaAngelika Jakob (Germania) racconta la poco conosciuta disciplina del “wrestling con le dita”. Con umorismo e simpatia, le immagini di Jakob ritraggono i praticanti mentre si allenano con speciali pesi per le dita e l’atmosfera concitata delle gare. Thomas Meurot (France) è l’autore di Kald Sòl (Cold Sun), reportage fotografico di un viaggio all’insegna del surf nelle fredde acque dell’Islanda. Il bianco e nero è usato per enfatizzare le temperature gelide che persistono anche sotto il sole. A migliaia di chilometri di distanza, Surf in Dakar di Tommaso Pardini (Italia) racconta la florida scena del surf senegalese attraverso il viaggio di un giovane e promettente surfista che aspira a competere a livello internazionale.

NATURA MORTA

In Still Like ArtPeter Franck (Germania) presenta una serie di scatti in bianco e nero che ritraggono composizioni di natura morta dall’effetto straniante e surreale. Al centro di London Plane Tree, di Beth Galton (USA), c’è uno studio sulla stratificazione dell’identità umana, espresso attraverso la fotografia di strisce di corteccia d’albero sovrapposte ad autoritratti. Infine, il lavoro di Federico Scarchilli (Italia), Flora, evidenzia il ruolo vitale delle piante in medicina, giustapponendo fotografie di specie vegetali che sono state determinanti per lo sviluppo della medicina moderna a file ordinate di pillole disposte simmetricamente.

NATURA E ANIMALI SELVATICI

Protagoniste del progetto Suspended Worlds, di Eva Berler (Grecia), sono le tele di ragno, mondi dove il tempo e l’azione si congelano per regalare all’occhio dell’osservatore delle creazioni effimere intricate e irregolari che fanno pensare a opere d’arte. Attraverso la serie intitolata In the Footsteps of GiantsJasper Doest (Paesi Bassi) descrive il delicato rapporto che lega umani ed elefanti nelle aree rurali dello Zambia, un fragile equilibrio che viene messo sempre più a rischio dalla scarsità di risorse per entrambe le specie. In King Without a Throne: Poached or DehornedHaider Khan (India) documenta la vita di due rinoceronti in cattività, uno in Germania e l’altro in India. La serie si concentra sulla pratica della “decornazione” che, se da un lato aiuta a tenere i rinoceronti al sicuro dai bracconieri, dall’altro li rende vulnerabili perché li priva del loro sistema di difesa naturale.

Per il concorso Professional, le opere arrivate in finale e in shortlist sono state giudicate da: Elena Navarro, curatrice fotografica, produttrice e consulente, Messico; Mutsuko Ota, direttore editoriale di IMA Magazine, Giappone; Elisabeth Sherman, curatrice senior e direttrice mostre e collezioni dell’International Center of Photography (ICP) di New York; Tanzim Wahab, curatore della Spore Initiative, Germania, e direttore del festival Chobi Mela, Bangladesh; Monica Allende, curatrice indipendente, consulente fotografica e Presidente di giuria.

​FINALISTI E SHORTLIST DEL CONCORSO PROFESSIONAL

ARCHITETTURA E DESIGN

Finalisti

Siobhán Doran, Irlanda

Yaser Mohamad Khani, Repubblica Islamica dell’Iran

Karol Pałka, Polonia

Shortlist

Francesco Amorosino, Italia

Maciej Czarnecki, Polonia

Joseph Horton, Regno Unito

Marc Koegel, Canada

Julia Mustonen-Dahlkvist, Finlandia

Nick Ng, MalesiaAlbrecht Voss, Germania

FOTOGRAFIA CREATIVA

Finalisti

Mackenzie Calle, Stati Uniti

Tine Poppe, Norvegia

Sujata Setia, Regno Unito

Shortlist

Daniela Balestrin, Brasile

Diana Cheren Nygren, Stati Uniti

Peter Franck, Germania

Noru Innes, Finlandia

Lei Jiang, Cina continentale

Romain Laurendeau, FranciaQiu Yan, Cina continentale

DOCUMENTARISTICA

Finalisti

Davide Monteleone, Italia

Juliette Pavy, Francia

Brent Stirton, Sudafrica

Shortlist

Raphael Alves, Brasile

Ernesto Benavides, Perù

Natalia Garbu, Moldavia

Eddo Hartmann, Paesi Bassi

Jens Juul, Danimarca

Frankie Mills, Regno UnitoRenaud Philippe, Canada

AMBIENTE

Finalisti

Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni, Italia

Mahé Elipe, Francia

Maurizio Di Pietro, Italia

Shortlist

Javier Arcenillas, Spagna

Aletheia Casey, Australia

Sachin Ghai, India

Jonas Kakó, Germania

Maximilian Mann, GermaniaKathleen Orlinsky, Stati Uniti

PAESAGGIO

Finalisti

Jim Fenwick, Regno Unito

Eddo Hartmann, Paesi Bassi

Fan Li, Cina continentale

Shortlist

Liang Chen, Cina continentale

Hendrik J. Hunter, Paesi Bassi

Kevin Kraugartner, Germania

Alessio Paduano, Italia

Ekrem Sahin, Turchia

Yevhen Samuchenko, UcrainaHaozheng Wu, Macao

PORTFOLIO

Finalisti

Aly Hazzaa, Egitto

Angelika Kollin, Estonia

Jorge Mónaco, Argentina

Shortlist

Paweł Bojarski, Polonia

Lydia Grizzle, Stati Uniti

Horst Kirstner, Germania

Anna Neubauer, AustriaMojtaba Radmanesh, Repubblica Islamica dell’Iran

RITRATTO

Finalisti

Drew Gardner, Regno Unito

Valery Poshtarov, Bulgaria

Adali Schell, Stati Uniti

Shortlist

Liang Chen, Cina continentale

Owen Harvey, Regno Unito

Jiatong Lu, Cina continentale

Michael O. Snyder, Stati Uniti

SPORT

Finalisti

Angelika Jakob, Germania

Thomas Meurot, Francia

Tommaso Pardini, Italia

Shortlist

Lorenzo Foddai, Italia

Oles Kromplias, Ucraina

James Rokop, Stati Uniti

Piotr Sadurski, Polonia

Kai Schwörer, Germania

Luis Tato, SpagnaLucas Urenda, Cile

NATURA MORTA

Finalisti

Peter Franck, Germania

Beth Galton, Stati Uniti

Federico Scarchilli, Italia

Shortlist

William Abranowicz, Stati Uniti

Raúl Belinchón Hueso, Spagna

Kristina Kulakova, Austria

Helen McLain, Stati UnitiMichael Young, Stati Uniti

NATURA E ANIMALI SELVATICI

Finalisti

Eva Berler, Grecia

Jasper Doest, Paesi Bassi

Haider Khan, India

Shortlist

Steven Begleiter, Stati Uniti

Kathryn Cooper, Regno Unito

Massimo Giorgetta, Italia

Kathleen Orlinsky, Stati Uniti

Jen Osborne, Canada

Jacques Smit, SudafricaLukas Zeman, Repubblica Ceca

 

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Straordinarie, oltre cento ritratti di donne italiane

Di Fabrizio Bonfanti

Il 14 Febbraio, alla Fabbrica del Vapore di Milano, ha inaugurato la mostra “Straordinarie”.

Curata da Renata Ferri con il patrocinio di Deloitte e Fondazione Deloitte, ospita una galleria di 110 ritratti di donne realizzati dalla fotografa Ilaria Magliocchetti Lombi.

Il progetto è sostenuto da Terre des Hommes nell’ambito del loro progetto #indifesa che ha l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulle violazioni dei diritti delle bambine e delle ragazze nel mondo.

L’enorme spazio è stato allestito in modo semplice, ma di grande impatto: i toni del porpora dominano la sala scura, le fotografie verticali emergono in tutta la loro bellezza e sono accompagnate da una colonna sonora di racconti delle protagoniste diffusi nell’ ambiente.

Si tratta di donne, appunto, straordinarie, ritratte dalla fotografa su un set essenziale. Appartengono  al mondo della cultura, dello spettacolo, dell’impresa e dello sport, sono donne eccellenti che hanno raggiunto posizioni e riconoscimenti eccezionali combattendo i pregiudizi e ostilità di un mondo patriarcale, la cui classe politica parla ancora al maschile e che non attribuisce all’universo femminile il valore che merita.

Si tratta di un’esposizione imperdibile e necessaria, perché offre a chiunque uno spunto di riflessione. Un percorso emblematico per le giovani donne che, guardando questi ritratti, possano trovare esempi che le aiutino ad affrontare le difficoltà che potranno incontrare, in quanto donne, per raggiungere i loro obiettivi o per essere semplicemente quello che desiderano essere, ma soprattutto che ricordi a noi maschi che non esiste superiorità o privilegio di genere di alcun tipo.

La sensibilità dell’autrice, il coinvolgimento delle protagoniste da lei inquadratei e la cura dedicata al progetto che è durato oltre due anni, ci permettono  godere di un puzzle di storie di donne che hanno contribuito a rendere la nostra società migliore. Tra loro ci sono Michela Murgia, Liliana Segre, Lella Costa, Laura Boldrini, Giovanna Botteri, Ilaria Cucchi, Cathy La Torre, Flavia Pennetta, Emma Bonino, Patrizia Sandretto…

Un viaggio oltre i pregiudizi e le discriminazioni, affidato a volti e voci straordinarie che sembrano volersi confidare con chi le osserva, che serve anche per tenere sempre viva l’attenzione sulle disparità di genere.

L’ingresso è libero ed è previsto un ciclo di eventi programmati per tutto il periodo dell’esposizione.

 

Info:

Straordinarie

Cattedrale della Fabbrica del Vapore
Via Giulio Cesare Procaccini 4, MILANO

Dal 14 febbraio al 17 marzo 2024

Ingresso gratuito

 

 

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Al via il 5 aprile la prima edizione del master in giornalismo di Panorama Academy

Di Barbara Silbe

Nato da un’idea del direttore Maurizio Belpietro e diretto da Massimo de’ Manzoni, il Master Universitario post-laurea, della durata di un anno e dal valore di 60 crediti formativi, coniuga l’esperienza giornalistica di un brand storico come Panorama con l’offerta formativa dell’Università eCampus e si avvale della partecipazione e della competenza di giornalisti e partner d’eccezione come RTL 102.5, Panorama, La Verità e Donna Moderna. Coniugherà la formazione accademica a quella pratica sul campo, così da offrire agli iscritti un training di qualità nelle più avanzate tecniche di scrittura, videoscrittura, giornalismo digitale, produzione di servizi televisivi e radiofonici, dirette, inchieste e podcast, e inserisce anche elementi di economia e diritto dell’informazione.

Come mai ve ne parlo su una testata che si occupa di fotografia? Perché le immagini hanno un ruolo fondamentale nel testimoniare i fatti del mondo e perché sono coinvolta come docente per tutti gli approfondimenti che riguardano la fotografia come linguaggio narrativo. Le mie lezioni indagano lo stretto, complesso rapporto tra editoria e fotografia sotto diversi punti di vista. Il loro scopo è far comprendere come utilizzare le immagini per raccontare i fatti, per confezionare un articolo o un’intera testata e come relazionarsi con le figure professionali che all’interno del mercato editoriale si occupano specificamente di questo. Studieremo le regole e i canoni estetici del racconto visivo affidandoci ai grandi maestri dell’obiettivo e l’utilizzo della fotografia nel contesto di una pubblicazione, sia come corredo della parola scritta che come vero linguaggio indipendente da un articolo e potente veicolo di ogni messaggio. Analizzeremo la trasformazione dei mass media avvenuta in questi anni e per capire come muoversi in modo efficace in questo mondo. Infine spiegheremo come si disegnano pagine di giornali e riviste di impatto, con particolare riguardo alla copertina.

Il corso, che si rivolge a un numero chiuso di laureati interessati a lavorare nel mondo della comunicazione, dell’informazione digitale o della carta stampata, è fondamentale per dar modo agli iscritti di imparare a trovare le notizie, a scriverle, a impaginarle, a declinarle nei linguaggi di tutti i media (carta, radio, televisione, web) e a conoscere, attraverso le testimonianze dirette, quei segreti del mestiere destinati a fare la differenza fra l’originalità del lavoro di un professionista e la ripetitiva passività dell’Intelligenza Artificiale.

Il comitato direttivo, con a capo Maurizio Belpietro, si compone di nomi come Massimo De’ Manzoni, condirettore del quotidiano La Verità, Pietro Luigi Polidori di Università eCampus, Lorenzo Suraci, fondatore e presidente di RTL 102.5. Tra i docenti, Mario Giordano, Giorgio Gandola, Ivana Faccioli, Enrico Galletti, Valentina Ramella, Enrico Landoni, Martino Cervo, Paola Salvatore.

Un po’ di dati:

12 corsi accademici

10 seminari con ospiti illustri

200 ore di tirocinio

30 ore di laboratori pratici

3 mesi di stage in una testata partner

MAIN Partner sarà Openjobmetis Agenzia per il Lavoro

Per informazioni https://academy.panorama.it/
Le iscrizioni sono aperte fino al 31 marzo 2024

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Martin Parr e la variopinta British culture in mostra a Milano

Di Jacopo Scarabelli

Ho fatto visita in anteprima alla mostra fotografica di Martin Parr, da domani al 30 giugno allestita al Mudec, per un progetto interamente curato dallo stesso autore in collaborazione con Magnum Photos e con il museo milanese.
Ho una certa ammirazione verso la fotografia a colori per un semplice motivo: saperla esprimere con criterio, competenza e intelligenza è tutt’altro che semplice e purtroppo non capita spesso di vedere una fotografia a colori pensata.

I colori invece hanno un significato, creano forti contrasti e hanno un potere totale sul nostro cervello. Ma questo avviene, appunto, solo se sono utilizzati nel modo giusto.

Rosso, bianco e blu. Questi i toni dell’Union Jack, la bandiera inglese e icona dello stile British. “Short & Sweet”, il titolo della mostra, si presenta così. Con questa sintesi cromatica che non solo riprende i colori della nazione dell’autore, ma sono anche tra i più rappresentati e utilizzati nella sua produzione.
Ma cosa significano?
Martin Parr (classe 1952) è il fotografo dissacrante e delle contraddizioni. La sua produzione si concentra nel rappresentare l’ironia e la comicità di certe situazioni. Come se fosse un antropologo con la fotocamera in mano. Definizione che lui stesso ha gradito: “Viviamo in un mondo che fa propaganda di perfezione – ha detto– La realtà è che viviamo in una contraddizione continua e quello che faccio è fotografarla.”

Il rosso e il blu sono complementari, quindi in netto contrasto cromatico. Antagonisti su un territorio dove da una parte possiamo pensare al primo come l’idea di società perfetta di cui viene fatta propaganda mediatica etc… e l’altro che è invece l’esatto opposto: l’imperfezione e il fallimento di quell’idea.

Ed è proprio nel loro scontro che nasce la fotografia di Martin Parr.
Quella superficie bianca, neutra, dove sintetizza con la sua fotografia quel cortocircuito che viviamo ogni giorno.
E non lo fa con l’atteggiamento da reporter. Lui è un documentarista e ci tiene a ribadirlo.
La sua produzione non nasce da fortuite casualità, ma è attenzione, ricerca, visione.

“La differenza tra reporter e fotografo documentario – prosegue – sta nella scelta di scattare e proporre fotografie che abbiano un’interpretazione più complessa e comunicativa nel suo insieme e che possano essere rappresentative di una società che cambia. Le persone sono divertenti. Anche vedere i fotografi che prima mi han fotografato qui al museo mi diverte. E questo contrasto con i problemi della vita, sia i più insignificanti che quelli più importanti, mi porta a quella che è la mia visione. ” 

Il percorso inizia coi suoi lavori in bianco e nero: esposta una piccola sezione delle serie “The Non-Conformists” e “Bad Weather”, per poi trovare espressività in quell’utilizzo dei colori che tanto lo connota. Perché non si tratta solo di saturarli o di metterne tanti insieme. La sensibilità sta nel cucinarli nel modo giusto. Nel dosare gli ingredienti.

Si parte con “The Last Resort” realizzato tra il 1982 e il 1985, ironico reportage sulle spiagge di Brighton dove mixa sapientemente satira, crudeltà e tenerezza verso i suoi connazionali. Segue il mosaico installazione di duecento scatti dal titolo “Common Sense” sul consumo di massa e la cultura consumistica dello spreco, dal quale emerge la volgarità, il cinismo e il cattivo gusto della cultura contemporanea osservata di nuovo con amabile ironia. In questa sezione sembra quasi di vedere quegli ingredienti sopracitati sapientemente utilizzati. E noi siamo proprio là in mezzo. In quel pentolone che è l’umanità fatta di piccole ed enormi contraddizioni e dove continuiamo a dire “Cheese!” quando Martin Parr ci scatta una foto.

Il catalogo è pubblicato da 24 ORE Cultura, contiene 70 immagini e un’intervista all’autore realizzata da Roberta Valtorta.

 

La mostra:

MARTIN PARR “Short & Sweet”

Mudec Photo, via Tortona 56, dal 10 febbraio al 30 giugno 2024

Oltre 60 fotografie selezionate dall’autore insieme all’installazione “Common Sense”, composta da circa 200 scatti e una intervista inedita, per ripercorrere la carriera di uno dei più famosi fotografi documentaristi contemporanei.

A cura di Martin Parr con la collaborazione di Magnum Photos

Orari: 9.30-19.30; lunedì 14.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30.

Telefono: 02 54917

 

 

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Mostre – Sergio Scabar, Il tempo sospeso

Vasi, libri, ciotole e piccoli pezzi di legno. Teatrini di oggetti per giungere all’essenza dei fenomeni, questo e molto altro costituisce il lavoro di Sergio Scabar, che per la prima volta dalla sua scomparsa nel 2019, è in mostra a Milano dal 25 gennaio al 20 aprile al BAG Bocconi in via Sarfatti 25, nell’ambito del ricco calendario di iniziative di MIA Photo Fair..

“Il tempo sospeso: Opere di Sergio Scabar”, ideata da Fabio Castelli e curata da Angela Madesani, presenta gli ultimi lavori del fotografo, con immagini inedite provenienti dalla famiglia dell’artista e da collezioni private. Fotografie che sono frutto di una stampa alchemica realizzata dall’artista stesso, in bianco e nero, su carta baritata – carta di alta gamma, costituita da pura cellulosa a grammatura spessa – e quindi poste all’interno di cornici nere, senza vetro né passe-partout. Protagonisti delle immagini sono oggetti provenienti dalla dimensione domestica dell’artista, come nelle opere di Giorgio Morandi, artista particolarmente amato dal fotografo friulano.

“Sono tutti pezzi unici – commenta Angela Madesani curatrice della mostra – un’ unicità espressa anche dalla cornice, che attribuisce di volta in volta un senso diverso alle cose. Sono opere che richiedono un tempo lungo di visione, in contrasto con il consumismo visivo sempre più diffuso dei nostri giorni”.

Un immaginario personale quello di Scabar, che si fa collettivo attraverso la creazione delle sue opere, frutto di un lavoro meticoloso di disciplina compositiva, quasi ossessivo. “Sergio – commenta ancora Madesani – aveva un rapporto strettissimo con ogni suo singolo lavoro, che avvolgeva in un panno nero morbidissimo. Trattava le sue opere come dei bambini che non dovevano prendere freddo”.

Scatti unici di oggetti che l’artista ha volutamente bloccato e sospeso nel tempo, una dimensione di puro still life. Espressione di intelligenza della forma, esaltata dalla luce uniforme e di origine indefinita. “Teatri delle cose” li definisce Madesani, tableaux-vivants che rimandano alla tradizione storico-fotografica vittoriana.

“Ognuno dei suoi lavori – spiega – è una possibile risposta a dei quesiti. Recano la forza del dubbio sul senso delle cose, sull’esistenza, sullo stesso fare arte. Sono fotografie legate al tempo, alla memoria, dove la dimensione estetica è sicuramente un mezzo, ma non il fine ultimo”.

Un’iniziativa che rientra nel percorso di avvicinamento a MIA Photo Fair 2024 la fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia in Italia (11-14 aprile) che si svolgerà nella centralissima sede di AllianzMiCo.

“La mostra dedicata a Sergio Scabar ospitata in Bocconi – afferma la Direttrice di MIA Ilaria Dazzi – testimonia la volontà di Fiere di Parma di stabilire un rapporto sempre più stretto con la città di Milano. Pensiamo che la fotografia possa dare un contributo fondamentale per arricchire la già importante proposta culturale della città. Il nostro obiettivo è creare un network di valore con un numero sempre maggiore di istituzioni cittadine”.

Fabio Castelli ideatore della mostra conclude: “La scelta di questo artista vuole ricordare l’intento espresso nel concept delle mostre in Bocconi, ossia quello di presentare autori italiani e stranieri di livello internazionale, ma relativamente meno conosciuti in Italia e a Milano in particolare. L’occasione si è presentata considerando il tema “Changing” nell’edizione di MIA Photo Fair di quest’anno. Le opere di Scabar, così lontane dal tempo e dal fragore del nostro presente, trovano l’apice della loro suggestione osservando quelle nelle quali riconosciamo alcuni elementi che facevano parte del mondo della fotografia. Quel mondo lo conosciamo bene. Ci sembrano lontanissime, e ci inducono alla riflessione sui valori di questo cambiamento ”

Note biografiche
Sergio Scabar è nato a Ronchi dei Legionari (Gorizia) nel 1946, dove ha vissuto e lavorato fino alla sua morte avvenuta nel 2019.Comincia a interessarsi alla fotografia nel 1964. Dal 1966 al 1974 ha partecipato saltuariamente a concorsi nazionali e internazionali, utilizzando la fotografia soprattutto con finalità di racconto e reportage. Successivamente, negli anni ’80, il suo lavoro prende una svolta sostanziale: la figura umana esce dalle sue opere e il suo interesse si concentra sulla natura, sublimando l’aspetto materiale e concettuale.

Col lavoro “Il Teatro delle cose” nel 1996, inizia a utilizzare una stampa alchemica ai sali d’argento “unico esemplare”. Il metodo di lavoro artigianale emerge maggiormente rispetto alle opere precedenti. Nel 2003 ha ricevuto dal CRAF il premio “Friuli Venezia Giulia Fotografia”. Nel 2005 realizza una mostra personale dal titolo “Tempo Fermo” al Castello di Grumello (Bergamo) a cura di Philippe Daverio. Nel 2008 pubblica “Silenzio di Luce” per Punto Marte Editore e nel 2010 “Cidinors” edito da Associazion cultural Colonos. Nel 2015 partecipa alla collettiva “Obiecta” presso la Giacomo Guidi Gallery (Roma) e nel 2016 a “Silenzi” presso la Galleria Milano di Milano, entrambe curate da Angela Madesani.

Nel 2017 gli viene dedicata una personale alla Galerie L&C Tirelli a Vevey (Svizzera). Pochi mesi prima della sua scomparsa Palazzo Attems Petzenstein dedica a Sergio Scabar una grande mostra antologica sul suo lavoro, dal titolo Camera Oscura (1969-2018) a cura di Guido Cecere e Alessandro Squinzi con un prezioso catalogo dell’editore Faganel in cui è un lungo testo di Angela Madesani.
Le sue opere sono presenti nella collezione d’arte contemporanea di San Vito al Tagliamento, “Punto Fermo” istituita in occasione della rassegna “Palinsesti” (2011), secondo un progetto di Angelo Bertani, Alessandro del Puppi e Denis Viva. Le sue opere sono anche nella collezione della Pinacoteca dei Musei Provinciali – Palazzo Attems Petzenstein, della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, del CRAF – Centro di ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo (Pordenone), nella collezione della Polinova Galerija di Aidussina (Slovenia) e dell’Associazione cultural Colonos (Villacaccia di Lestizza, Udine). Ha esposto in numerose gallerie private e in diverse istituzioni in Italia e all’estero.

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INFORMAZIONI
“Il tempo sospeso: Opere di Sergio Scabar”
BAG- Bocconi Art Gallery presso Università Bocconi in via Sarfatti 25, piano seminterrato
Dal 25 gennaio al 20 aprile 2024
Mostra ideata da Fabio Castelli e curata da Angela Madesani
Orario apertura 9.00 – 20.00. Sabato 10.00- 18.00. Domenica chiuso

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Portfolio – Lorenzo Palombini, Magneto

Come addentrarsi nelle vite e passioni di persone che riteniamo sconosciute o quasi? La tecnologia ci viene enormemente in soccorso in questo frangente. Mai come in questa epoca basta una banale ricerca sul web o sui social network e il gioco è fatto, la privacy violata, la vita prende forma e sostanza. Ne delineiamo un profilo, l’immaginazione viene scavalcata dalla certezza. Abbiamo visto, letto tutto, abbiamo finalmente un riferimento, un pregiudizio. È voyeurismo puro, ma in una forma tramutata in cui l’ansia ha sostituito l’eccitazione, in cui lo stereotipo è servito, il dubbio abolito.
Facile cavolo, troppo facile.
Voglio la loro privacy, ma non così.
Voglio entrare nella vita delle persone, nella loro vera intimità.
Saranno i magneti sul loro frigorifero a svelarmi chi sono. Come dei frammenti disposti a un primo sguardo in maniera casuale, diverranno rivelatori di una identità complessa, vera e non più mediata dall’apparenza.

La memoria della casa
di Federica Brigo
La serie Magneto è un progetto fotografico di Lorenzo Palombini, artista romano che utilizza la fotografia come punto di partenza per studiare il mondo e coloro che lo abitano.
I suoi progetti indagano le convenzioni e i limiti del visibile, dalla linea dell’orizzonte che delimita il paesaggio all’eredità classica di Roma, fatta di monumenti riconosciuti e riconoscibili e ancora radicata nelle scelte estetiche che inconsciamente vengono fruite ogni giorno. La tradizione e la fede religiosa diventano per Palombini delle possibili lenti attraverso cui ripensare al tessuto sociale della nostra contemporaneità.
Nella sua pratica artistica la griglia fotografica e la composizione, così come la ricerca della simmetria e del suo superamento, si sovrappongono all’esperienza del quotidiano, alla composizione dello spazio intimo e all’equilibrio dei piccoli gesti domestici.
Con il progetto fotografico Magneto, Palombini ha scelto di orientare la macchina fotografica all’interno della casa, dimensione del privato per antonomasia, focalizzando il suo interesse per la cucina e nello specifico verso l’elettrodomestico più imponente e simbolico: il frigorifero.
Il frigorifero è l’oggetto domestico che maggiormente rivela le nostre abitudini più intime, proprio perché legate a ciò che introduciamo dentro di noi. Attraverso la serie non viene documentato il suo interno, che rimane privato e nascosto, ma si vuole mostrare il suo esterno che, grazie allo sportello metallico, diviene bacheca pubblica e spazio espositivo.
Nel corso della realizzazione di Magneto, in cui sono stati fotografati ventitre frigoriferi appartenenti ad altrettanti nuclei familiari, è emerso che i singoli sportelli presentavano una selezione curata di immagini e testi sotto forma di calamite, cartoline, fotografie, ritagli di giornali e adesivi così come di inviti, citazioni, menù e calendari.
Si può infatti notare che nella selezione di cosa esporre nel frigorifero si sono approfonditi veri e propri nuclei tematici: alcuni hanno affrontato principalmente il tema del viaggio grazie a cartoline e souvenir; altri si sono soffermati su quello dell’arte attraverso le riproduzioni di opere sulle calamite; chi ha creato una bacheca dei ricordi attaccando polaroid e fotografie di famiglia; altri hanno dato spazio all’esigenze della quotidianità affiggendo calendari, orari del medico e menù del ristorante preferito; infine, ci sono tutti coloro che nella superficie del frigorifero hanno toccato più categorie in contemporanea, trasformando lo sportello in luogo di collegamenti e suggestioni.
Se in una concezione antropomorfica dello spazio domestico il luogo della cucina viene spesso associato al cuore della casa, il frigorifero rappresenta indubbiamente la sua memoria: è proprio qui che i ricordi, dai più significativi ai più effimeri, si stratificano nel tempo.
Le immagini e gli oggetti non sono distribuiti casualmente, ma seguono criteri compositivi ben definiti. In alcuni casi sono state disposte insieme calamite con simili forme e dimensioni o che rientravano nella medesima categoria, possiamo inoltre notare che in molte composizioni sono state applicate precise distanze tra gli elementi esposti.
Lo sportello del frigorifero diventa dunque uno spazio in cui allestire una narrazione personale, destinata inizialmente alla famiglia e pensata per una fruizione quotidiana. In secondo luogo, questa scelta di immagini e ricordi viene curata dagli abitanti della casa, in maniera più o meno consapevole, pensando alla possibile ricezione di un pubblico esterno, fatto di ospiti, parenti e amici.
Ecco che quella che all’apparenza può sembrare una superficiale e casuale decorazione, in realtà condivide un’analoga metodologia con l’arte di esporre e di “fare mostre”. Alla fine che cos’è la curatela se non fare una selezione in base a dei criteri prestabiliti, come tematici o estetici, creando delle connessioni fra gli oggetti rispettando scelte di allestimento precise.
Lorenzo Palombini attraverso il suo progetto fotografico, riesce a documentare la necessità delle persone che l’hanno accolto nella loro casa di raccontare una storia personale per immagini e, al contempo, un’esigenza condivisa da tutti noi e parte della nostra cultura occidentale. I frigoriferi immortalati potrebbero tranquillamente essere i nostri, addirittura le calamite potrebbero essere, e spesso sono, le stesse.
I gadget e souvenir d’arte, come le calamite e cartoline, vengono spesso prodotti e venduti all’ingrosso. Pertanto, nei bookshops di musei e spazi espositivi si possono acquistare una serie di riproduzioni di opere d’arte che, pur non essendo presenti in mostra o parte della collezione, vengono vendute in quanto suscitano il comprovato interesse del visitatore. L’acquisto di queste raffigurazioni in formato calamita e cartolina può essere sicuramente associato alla composizione di una personale collezione di opere d’arte, fruite realmente o meno, e allestita all’interno del contesto domestico.
Il progetto Magneto, nella sua linearità e intuizione, riesce abilmente a sovrapporre la dimensione intima e domestica con quella esteriore e collettiva, servendosi dell’esposizione dell’Altro per metterci di fronte al nostro stesso bisogno di mostrare noi stessi.

Note biografiche
Chi sono io? È una domanda alla quale non so ancora rispondere del tutto. Non ho grande memoria del mio passato ed è forse per questa ragione che ho iniziato a fotografare. Se dovessi pensare al ruolo che ha la fotografia nella mia vita, la legherei alla possibilità di memorizzare in maniera indelebile i miei ricordi. Non cerco un modo diretto per esporre i fatti e, anzi, non li mostro nemmeno in maniera oggettiva; al contrario porto le mie sensazioni inerenti le tematiche che affronto. Credo che gli aspetti più profondi siano sempre nascosti e vadano interpretati. Le mie foto per questo non sono sempre dirette. Raccontano di un problema, ma lo fanno in maniera surreale. È il mio linguaggio, il mio modo di comunicare e farmi sentire.
Da autodidatta inizio ad interessarmi e amare la fotografia. Successivamente frequenterò la Scuola Romana di Fotografia e Officine Fotografiche per migliorare le mie conoscenze. Precedentemente i miei interessi erano legati a tutt’altro genere essendomi laureato in Ingegneria Aerospaziale. Ho lavorato come assistente per l’artista Silvia Camporesi fino ad agosto 2018.

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Portfolio – Domenico Laviano, Olympos

Olympos è un paese adagiato sulle montagne di Karpathos, una delle isole più remote della Grecia nel sud-est del Mar Egeo, abitata da qualche centinaio di abitanti. Un luogo unico, nel quale pare che il tempo si sia fermato, anche perché conserva antiche tradizioni. È incastonato tra i monti dell’isola e si affaccia sull’aspro paesaggio greco e sul mare. La Pasqua Ortodossa a Olympos segue il rito bizantino e comprende anche il ricordo dei morti il martedì dopo la Pasqua, che è conosciuto come il “Martedì delle Anime”.

Durante la Settimana Santa, la chiesa si riempie di fedeli che partecipano alle varie funzioni religiose, tra cui le preghiere serali, le processioni e la celebrazione della Divina Liturgia. Il Giovedì Santo viene celebrata la Liturgia dell’Ultima Cena, durante la quale viene benedetto il pane eucaristico e il vino.

Il Venerdì Santo, durante il giorno, la chiesa è il palcoscenico di una tradizione davvero commovente: le donne del villaggio vestite di nero decorano il feretro dell’Epitaffio con fiori e vi appuntano fotografie di amici e familiari scomparsi nell’ultimo anno, insieme a dediche. A tarda sera, l’Epitaffio viene portato in tutte le case del villaggio, e viene fatto fermare presso quelle che hanno perso persone care, dove vengono nominati i nomi dei defunti.

Il sabato è la giornata dedicata alla preparazione del pranzo pasquale. Le donne fanno il pane negli antichi forni e viene cucinata la capra, piatto tipico di questa festa. Alla sera inizia il rito pasquale che si prolunga per ore, in una chiesa gremita di gente.

Il martedì dopo la Pasqua, la comunità si reca nei cimiteri per commemorare i defunti. I fedeli portano candele, fiori e cibo sulle tombe dei loro defunti e pregano per loro. Questo gesto simboleggia la speranza nella resurrezione e la fede nella vita eterna.

In sintesi, questa comunità, si raccoglie attorno al proprio sacerdote (Pope) e partecipa alle celebrazioni della Divina Liturgia, la processione dell’Epitaffio, la messa di mezzanotte, il banchetto pasquale e il Martedì delle Anime. Questi sono rituali e celebrazioni rimasti immutati nel tempo in questa comunità ortodossa e uniscono cittadini e visitatori in una festosa e sentita celebrazione.

 

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Portfolio – Fabio Pellegrini, La Moschea della Magliana

Ho realizzato questo reportage fotografico sulla Moschea El Fath di Roma, meglio nota come “Moschea della Magliana”, perché avevo saputo che è stato uno dei primi luoghi di culto musulmani ad essere stato fondato nella Capitale e che svolge attività sociali come la scuola di arabo, la donazione del sangue, la beneficenza, oltre a promuovere l’uguaglianza tra le persone. Ero molto interessato a fotografare i soggetti in una circostanza intima come quella della preghiera e a raccontare una storia che riguardasse un momento di introspezione e fede religiosa. Per questi fedeli, la religione, oltre ad essere una dottrina, è anche una guida, uno stile di vita, un rifugio dal dolore e un’occasione di meditazione. Ho raccontato la devozione, la spiritualità e la fede dei credenti musulmani che frequentano questo luogo di culto e ho cercato di dare un’immagine differente della comunità, lontana dai soliti luoghi comuni che dipingono i fedeli islamici soltanto come persone chiuse al dialogo, intolleranti e integraliste.

Ho scelto di usare il linguaggio del bianco e nero, per far concentrare l’osservatore sui soggetti delle fotografie, oltre che per rendere le immagini drammatiche ed estemporanee. Dopo aver avuto dall’imam il permesso di fotografare, ottenuto dopo una conversazione telefonica, sono riuscito a stabilire un rapporto con alcune persone che erano all’interno della moschea, credenti musulmani provenienti dall’Algeria e dalla Tunisia arrivati in Italia molti anni fa, in cerca di una vita migliore, con i quali ho avuto il piacere di parlare di religione e di Islam dopo l’ora della preghiera, in un bar, davanti a una tazza di caffè. Con loro ho cercato il contatto visivo, per avere il consenso a fotografarli e per instaurare un dialogo, volevo conoscerli e cercare di capire cosa li faceva sentire così vicini a Dio e per quali ragioni. Durante la realizzazione degli scatti, in alcuni casi ho cercato di non influenzare la scena, per riprendere le persone nel modo più naturale possibile e per non disturbarle durante la preghiera, rimanendo in silenzio e vicino a loro. Dal principio, ho trovato un po’ di scetticismo nei miei confronti, alcuni si sentivano a disagio nell’essere inquadrati mentre pregavano, altri mi chiedevano se avessi il permesso dell’imam, se ero un giornalista e dove sarebbero finite le fotografie. Presentandomi, mostrando il mio lavoro sul display della fotocamera e facendo vedere alcune fotografie di reportage che avevo memorizzate nel telefono, sono riuscito a conquistare la loro fiducia. Ho realizzato il portfolio in due differenti giorni, di domenica mattina e di venerdì durante la preghiera comunitaria, riprendendo i momenti principali della funzione religiosa.