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Mostre – Vivian Maier inedita

A partire da oggi e fino al al 26 giugno 2022, le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino ospitano la mostra di Vivian Maier (1926-2009), una delle massime esponenti della cosiddetta street photography.  Fin dal titolo, Inedita, l’esposizione, che giunge in Italia dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi, si prefigge di raccontare aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica di questa recente grande scoperta della fotografia, approfondendo nuovi capitoli o proponendo lavori finora inediti, come la serie di scatti realizzati durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova, nell’estate del 1959.

La mostra, curata da Anne Morin, è co-organizzata da diChroma e dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais, prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali e il patrocinio del Comune di Torino, e sostenuta da Women In Motion, un progetto ideato da Kering per valorizzare il talento delle donne in campo artistico e culturale. L’esposizione presenta oltre 250 immagini, molte delle quali inedite o rare, come quelle a colori, scattate lungo tutto il corso della sua vita. A queste si aggiungono dieci filmati in formato Super 8, due audio con la sua voce e vari oggetti che le sono appartenuti come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica, e uno dei suoi cappelli.

“La mostra – dichiara Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali di Torino, propone una parte dell’opera ancora sconosciuta di Vivian Maier, universalmente apprezzata dopo il ritrovamento dei suoi archivi nel 2007, e indaga le origini della sua poetica, legata soprattutto alla sua tipica e ormai iconica osservazione street, un tema chiave oggi frequentato e condiviso anche tramite i social media da fotografi di diversa cultura ed estrazione. La strada come attualità e contemporaneità, e, accanto, l’itinerario privato di una donna alla ricerca della sua identità”.

“Vivian Maier – afferma Anne Morin – è una fotografa amatoriale che cercava nella fotografia uno spazio di libertà; benché il suo lavoro sia passato inosservato per tutto il corso della sua vita, si ritrova nella storia della fotografia a fianco dei più grandi maestri quali Robert Doisneau, Robert Frank o Helen Levitt”.

“Dopo Capa in color – ricorda Edoardo Accattino, amministratore Ares srl – proseguiamo la nostra collaborazione con i Musei Reali. Così come per Robert Capa, anche in questa mostra abbiamo voluto raccontare al pubblico gli aspetti meno noti di un grande fotografo. Con orgoglio apriamo la prima grande retrospettiva dedicata a una delle maggiori esponenti della street photography, attraverso un percorso che unisce fotografie, filmati e audio, strumenti complementari che permetteranno di scoprire un nuovo aspetto della produzione di Vivian Maier e la sua continua ricerca nello studio dell’immagine”.

Il percorso espositivo tocca i temi più caratteristici della sua cifra stilistica e si apre con la serie dei suoi autoritratti in cui il suo sguardo severo si riflette negli specchi, nelle vetrine e la sua lunga ombra invade l’obiettivo quasi come se volesse finalmente presentarsi al pubblico che non ha mai voluto o potuto incontrare. Una sezione è dedicata agli scatti catturati tra le strade di New York e Chicago. Vivian Maier predilige i quartieri proletari delle città in cui ha vissuto. Instancabile, cammina per tutto il tessuto urbano popolato da persone anonime che davanti al suo obiettivo diventano protagoniste, anche per una sola frazione di secondo, e recitano inconsciamente un ruolo. Le scene che diventano oggetto delle sue narrazioni sono spesso aneddoti, coincidenze, sviste della realtà, momenti della vita sociale a cui nessuno presta attenzione. Ognuna delle sue immagini si trova proprio nel luogo in cui l’ordinario fallisce, dove il reale scivola via e diventa straordinario.

Mentre cammina per la città, Vivian Maier a volte si sofferma su un volto. La maggior parte dei visi che scandiscono le sue passeggiate fotografiche sono quelli di persone che le assomigliano, che vivono ai margini del mondo illuminato dall’euforia del sogno americano. Parlano di povertà, lavori estenuanti, miseria e destini oscuri. Ognuno di questi ritratti, impassibile e austero, è colto frontalmente nel momento dello scatto. A essi fanno da contraltare quelli delle signore dell’alta borghesia, che reagiscono in modo offeso al palesarsi improvviso della fotografa. Oltre ai ritratti, Vivian Maier si concentra sui gesti, redigendo un inventario degli atteggiamenti e delle posture delle persone fotografate che tradiscono un pensiero, una intenzione, ma che rivela la loro autentica identità. Le mani sono spesso le protagoniste di queste immagini perché raccontano, senza saperlo, la vita di coloro a cui appartengono.

Agli inizi degli anni sessanta si nota un cambiamento nel suo modo di fotografare. La sua relazione con il tempo sta cambiando, e il cinema sta già cominciando a insinuarsi e ad avere la precedenza sulla fotografia. Vivian Maier inizia a giocare con il movimento, creando sequenze cinetiche, come se cercasse di trasportare le specificità del linguaggio cinematografico in quello della fotografia, creando delle vere e proprie sequenze di film. Come naturale conseguenza, Vivian Maier inizia a girare con la sua cinepresa Super 8, documentando tutto quello che passava davanti ai suoi occhi, in modo frontale, senza artifici né montaggi.

Un importante capitolo della mostra è dedicato alle fotografie a colori. Se da un lato, i lavori in bianco e nero sono profondamente silenziosi, quelli a colori si presentano come uno spazio pieno di suoni, un luogo dove bisogna prima sentire per vedere. Questo concetto musicale di colore sembra riecheggiare nello spazio urbano, come il blues che scorre per le strade di Chicago e, in particolare, nei quartieri popolari frequentati da Maier. Non poteva mancare una sezione dedicata al tema dell’infanzia che ha accompagnato Vivian Maier per tutto il corso della vita. A causa della sua vicinanza ai bambini per così tanti anni, era in grado di vedere il mondo con una capacità unica. Come governante e bambinaia per quasi quarant’anni, Maier ha preso parte alla vita dei bambini a lei affidati, documentando i volti, le emozioni, le espressioni, le smorfie, gli sguardi, così come i giochi, la fantasia e tutto il resto che abita la vita di un bambino.

Note biografiche

Nata a New York da madre francese e padre austriaco, Vivian Maier (1926-2009) trascorre la maggior parte della sua giovinezza in Francia, dove comincia a scattare le prime fotografie utilizzando una modesta Kodak Brownie. Nel 1951 torna a vivere negli Stati Uniti e inizia a lavorare come tata per diverse famiglie. Una professione che manterrà per tutta la vita e che, a causa dell’instabilità economica e abitativa, condizionerà alcune scelte importanti della sua produzione fotografica. Fotografa per vocazione, Vivian non esce mai di casa senza la macchina fotografica al collo e scatta compulsivamente con la sua Rolleiflex accumulando una quantità di rullini così numerosa da non riuscire a svilupparli tutti.

Tra la fine degli anni novanta e i primi anni del nuovo millennio, cercando di sopravvivere, senza fissa dimora e in gravi difficoltà economiche, Vivian vede i suoi negativi andare all’asta a causa di un mancato pagamento alla compagnia dove li aveva immagazzinati. Parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare, che, affascinato da questa misteriosa fotografa, inizia a cercare i suoi lavori dando vita a un archivio di oltre 120.000 negativi. Un vero e proprio tesoro che ha permesso al grande pubblico di scoprire in seguito la sua affascinante vicenda.

VIVIAN MAIER. INEDITA

Torino, Musei Reali | Sale Chiablese (piazza san Giovanni 2)

9 febbraio – 26 giugno 2022. Catalogo Skira.

Orari: dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 19.00; sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00

(ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)

Biglietti:

Intero: € 15,00; Ridotto: € 12,00; over 65, insegnanti, ragazzi tra 18 e 25 anni, gruppi, giornalisti non accreditati.

Ridotto ragazzi: € 6,00 tra 12 e 17 anni compiuti

Pacchetto famiglia: fino a due adulti € 12,00 cad. e ogni ragazzo tra 12 e i 17 anni € 6,00 cad.

Gratuito: possessori dell’Abbonamento Musei Piemonte Valle d’Aosta, Torino+Piemonte card, bambini da 0 a 11 anni, persone con disabilità, dipendenti MiC, giornalisti in servizio previa richiesta di accredito all’indirizzo info@vivianmaier.it

Informazioni: Tel. 338 169 1652; info@vivianmaier.itwww.vivianmaier.it

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Mostre – Gian Butturini a Milano

Aperta da oggi e fino al 6 marzo, presso STILL Fotografia, l’esposizione che rende omaggio a Gian Butturini (1935-2006), uno dei fotoreporter italiani più apprezzati a livello internazionale. E’ curata da Gigliola Foschi e Stefano Piantini, promossa dall’Associazione Gian Butturini, e presenta cinquanta fotografie, tratte da due suoi lavori e suoi libri più famosi – London by Gian Butturini e Dall’Irlanda dopo Londonderry – che raccontano, da un lato, le contraddizioni di Londra alla fine degli anni sessanta, nel periodo passato alla storia come quello della Swinging London, quando cioè la capitale inglese era diventata un crogiuolo di nuove tendenze legate alla moda, alla musica, all’arte e alla cultura in genere, dall’altro, le tensioni politiche e sociali nell’Irlanda del Nord, seguiti al Bloody Sunday, la strage avvenuta a Derry il 30 gennaio 1972 quando l’esercito inglese fece fuoco sulla folla di manifestanti, uccidendone quattordici.

Butturini, che iniziò a scattare immagini sul conflitto nordirlandese una settimana dopo i fatti di Derry, testimonia la radicalizzazione della situazione politica e militare in quel paese. L’autore non cerca di creare immagini volutamente forti, fissando azioni belliche o di protesta, quanto, da vero fotoreporter, far vedere e far capire ciò che sta accadendo con grande capacità di testimonianza, di composizione fotografica unite a una altrettanto notevole sensibilità politica e umana. Nelle atmosfere così cupe e minacciose, tra barricate, cavalli di frisia, fili spinati, soldati armati di mitragliatori, auto bruciate ai lati delle strade, Butturini ritrae i bambini, vittime innocenti in un drammatico conflitto.

La sezione dedicata a Londra racconta la capitale inglese da una prospettiva nuova, critica, non patinata e documenta le incursioni di Butturini tra le strade londinesi popolate da ragazze in minigonna, immigrati, junkie, emarginati, abitanti della City che sembrano vivere in un mondo a parte. È una Londra fuori dagli stereotipi quella che emerge dai suoi scatti, cogliendone tutte le contraddizioni con un occhio innovativo, dove indagine documentaria, interventi grafici e pagine scritte si coniugano a fini espressivi.

“Questa è una mostra – afferma Gigliola Foschi – in difesa della libertà di parola, immagine e pensiero. Una mostra contro una cancel culture che, senza confronto e senza discussione, nella liberale Inghilterra ha fatto ritirare dal commercio il libro London by Gian Butturini e infangato la figura di un uomo che per tutta la vita si era impegnato contro ogni forma di razzismo e d’ingiustizia”.

Fu infatti una doppia immagine con una donna di colore che vende i biglietti della metro chiusa dentro un bugigattolo e un gorilla in gabbia che, invece di suscitare indignazione nei confronti delle condizioni di due esseri viventi, entrambi giustamente intrappolati e discriminati, com’era nell’intento di Butturini, ha scatenato un’accusa di “razzismo conclamato”, costringendo l’editore a togliere il volume dalle librerie.

Il percorso visivo si chiude idealmente con una decina di gruppo di collage situazionisti, opere in cui Butturini, fotografo, ma anche grafico, interviene con colori e scritte graffianti su strisce di fumetti degli anni settanta. Batman o Nembo Kid, ad esempio, si trasformano in eroi della controcultura che rovesciano e stravolgono, in modo provocatorio, i significati proposti dalla cultura dominante.

Accompagna la mostra un libro edito STILL/Pazzini Editore con un testo di Gigliola Foschi.

In occasione del 50° anniversario del Bloody Sunday, domenica 30 gennaio alle ore 18.00, a Still Fotografia a Milano, si terrà un incontro che approfondirà il conflitto che ha insanguinato l’Irlanda del Nord. In collegamento da Derry Gianluca Cettineo, autore di diversi volumi dedicati all’Irlanda, interverrà in diretta per raccontare la giornata di commemorazione e intervisterà i presenti. Ingresso libero fino esaurimento dei posti. La serata potrà essere seguita anche in diretta Instagram.

Note biografiche

Gian Butturini (1935 – 2006), fotoreporter internazionale, poliedrico artista della comunicazione, si afferma da giovane a Brescia come designer e architetto d’interni. Nel 1969 pubblica London by Gian Butturini; nel 2017 esce il reprint del libro (Damiani editore) con prefazione di Martin Parr, successivamente ritirato dal commercio con l’accusa di “razzismo conclamato”, senza che questa potesse essere discussa. Ha realizzato quaranta libri fotografici, tra i quali Cuba 26 luglio, Dall’Irlanda dopo Londonderry, Tu Interni Io Libero con Franco Basaglia, C’era una volta il Muro; DONNE lo sguardo, le storie con introduzione di Carla Cerati e due volumi dedicati alla storia cilena. Nell’autobiografico DAIQUIRI (Edizioni Mimesis) ha narrato le cronache dei suoi reportage. Sue foto sono state esposte in Strange and Familiar al Barbican Centre di Londra, alla Manchester Art Gallery e alla Somerset House in occasione di PHOTO LONDON 2018. In qualità di regista ha prodotto documentari, tra i quali Crimini di Pace, con musiche di Luigi Nono, e Bologna, 10.15 strage. Ha inoltre realizzato il film Il Mondo degli Ultimi con Lino Capolicchio, premiato in vari festival internazionali. Il lascito culturale dell’autore è attualmente promosso dall’Associazione Gian Butturini. www.gianbutturini.com.

GIAN BUTTURINI. LONDRA 1969 – DERRY 1972. UN FOTOGRAFO CONTRO. Dalla Swinging London al Bloody Sunday

Milano, Still Fotografia (Via Zamenhof, 11) fino al 6 marzo. Orari: martedì-venerdì, 10-18; giovedì, 10-19.30; sabato, 15-19

Informazioni: Tel. 02.36744528; info@stillfotografia.it; press@stillfotografia.it

Sito internet: ww.stillfotografia.it 

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Libri italiani nell’olimpo del settimanale Time

di Barbara Silbe

Ottime notizie per l’editoria fotografica italiana, che sta raggiungendo livelli sempre più alti di qualità: è stata resa nota la storica classifica del Time, il primo news magazine settimanale degli Stati Uniti, sui migliori libri fotografici del 2021: tre dei venti volumi selezionati portano il marchio made in Italy di Musumeci Spa, printing atelier con sede ad Aosta. Curata dal dipartimento fotografico della rivista, la classifica è il risultato delle scelte di ciascun editor sui progetti fotografici più toccanti pubblicati in un anno profondamente connotato dall’isolamento causato dalla pandemia. Questi, nel dettaglio, i tre volumi di pregio stampati da Musumeci S.p.A.

PICKPOCKET di Daniel Arnold (Elara Press) è la prima monografia dell’autore, una documentazione altamente espressiva delle strade di New York, tra il 2009 e il 2020. La particolarità risiede nell’origine delle prime fotografie del libro. Partendo dalle foto inizialmente pubblicate su Instagram, infatti, il libro è stato realizzato durante una serie di incontri su Zoom durante la quarantena.

What She Said di Deanna Templeton (Mack) racchiude le pagine dei diari segreti e le fotografie di numerose adolescenti, per lo più incontrate casualmente e fotografate per strada. Il libro mostra come il tempo sia essenziale per crescere, guarire e aprire uno spazio in cui la forza può essere trasmessa alla generazione successiva.

In Plain Air di Irina Rozovsky (Mack) rappresenta un vero e proprio inno all’esperienza comune di visitare il Prospect Park di Brooklyn, New York. Le fotografie dell’autrice vanno oltre le crepe dei muretti e dei marciapiedi, raccontando la sua personale storia d’amore con questo luogo iconico.

“Nei tre libri fotografici traspare immediatamente tutta la poesia che si svela di fronte all’obiettivo grazie alla sensibilità dei tre autori – afferma Michele Biza, amministratore unico di Musumeci S.p.A. e presidente di Altre Industrie Manifatturiere di Confindustria Valle d’Aosta – La stampa ci riconsegna così la loro visione, in maniera fedele, onesta e palpitante di vita. È un onore aver catturato l’attenzione del pubblico più critico e attento del panorama mondiale, quello composto dai giornalisti del Time. Una soddisfazione che condivido con i team che hanno lavorato con professionalità e competenze specifiche per molti mesi a questi libri fotografici. Un triplice riconoscimento che in qualche modo premia la qualità e l’eccellenza dell’artigianalità Made in Italy. In Musumeci siamo depositari di una memoria del saper fare che rappresenta un importante elemento di congiunzione tra arte e fotografia, tra il presente e il passato delle antiche tradizioni”.

 

 

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FE+SK BOOK AWARD un nuovo premio dedicato al libro fotografico

Scade il 4 febbraio il termine ultimo per concorrere al FE + SK BOOK AWARD, una delle novità che caratterizzano questa XVII edizione di Fotografia Europea 2022. Il bando consente a chi aderisce alla call con un progetto fotografico o un dummy non ancora pubblicato, di vincere l’opportunità di trasformare il proprio lavoro in un vero photobook. La partecipazione è aperta a fotografi, curatori e collettivi europei (o residenti in Europa) di qualsiasi età. Il progetto vincitore diventerà un libro fotografico -in tiratura di 500 copie- pubblicato da Skinnerboox, la casa editrice di Jesi (AN) specializzata in fotografia contemporanea e arti visive, tra le più importanti del settore indipendente e sarà presentato durante le giornate inaugurali del festival (29-30 aprile /1 maggio 2022).

Per partecipare basta versare una quota iscrizione di 10€ e inviare il proprio progettoentro il 4 febbraio 2022 (ore 23 CEST).

Tutte le info e le modalità di partecipazione si possono leggere su www.fotografiaeuropea.it/fe-sk-book-award/

Le proposte saranno sottoposte ad una giuria composta da Milo Montelli (founder Skinnerboox), Tim Clark (direzione artistica Fotografia Europea) e Elisa Medde (managing editor di Foam International Photography Magazine), che si riunirà all’inizio di febbraio per selezionare una short list di 5/10 titoli e di conseguenza decretare il vincitore, che sarà annunciato entro la fine di febbraio 2022.

Sarà data priorità a libri non pubblicati, ma saranno accettati anche libri self-published stampati in meno di 100 copie, mentre sono esclusi progetti di libri fotografici già stampati da case editrici. Otterranno un punteggio extra i progetti che si mostreranno in linea con il tema di Fotografia Europea 2022 “Un’invincibile estate”.

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Mostra – DARK CITIES Fotografie di Lynn Saville

Inaugura domani alle ore 18, presso Alessia Paladini Gallery in via Pietro Maroncelli 11 a Milano, la personale di questa fotografa americana che è anche l’occasione di celebrare il primo anniversario di attività di questo spazio espositivo focalizzato sulle produzioni al femminile. In mostra, una selezione di 20 opere a colori, scattate principalmente a New York e Brooklyn. Il critico statunitense Arthur C. Danto descrive Lynn Saville (Durham, North Carolina 1950) come “la risposta newyorkese a Eugène Atget, perchè si aggira per la sua città alla fine del giorno, raccogliendo i frammenti del passato quando passano nel presente, poco prima che vengano inghiottiti dalle ombre”.  Scattando all’alba o al tramonto – posizionando il cavalletto in modo furtivo per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine – l’artista ritrae luoghi svuotati della loro dimensione primaria, che diventa altra, quasi un set cinematografico dietro al quale si svelano abbandoni dovuti alla dilagante crisi finanziaria, o a espansioni edilizie che cancellano un passato fatto di persone e di consuetudini ormai desuete.

Sono fotografie fatte anche di attese, sembra quasi che questi luoghi stiano aspettando una nuova possibilità di rigenerazione. La quasi totale assenza della presenza umana nelle fotografie di Lynn Saville facilita questa impressione di trasformazioni in divenire, immaginarie: i pochi passanti appaiono furtivamente, quasi dei fantasmi, spesso fuori fuoco (anche grazie alle lunghe esposizioni richieste dalla poca luce naturale). Lynn Saville non assume una posizione apertamente critica verso i temi dello sviluppo urbano. Piuttosto, la riflessione si rivolge ai segni visibili che i cambiamenti economici operano sul tessuto urbano. Il suo impegno sociale è presente, ma non interferisce con il suo senso del colore e della luce, della composizione o con la sua curiosità verso la “mano invisibile” del mercato immobiliare e i suoi effetti, molto visibili, sulla vita di ognuno. In questo modo, Lynn Saville riesce a trasformare l’ordinario, colmando i vuoti con immaginarie profondità.

Nelle sue iridiscenti, enigmatiche fotografie, Lynne Saville trasporta l’ambivalenza visuale ed emotiva del momento di passaggio tra notte e giorno suggerendo il contrasto tra ciò che è visibile e ciò che non lo è; le sue immagini sospendono il tempo, privando i paesaggi urbani delle loro consuete caratteristiche e abitanti. Il realismo è la cifra consueta della street photography e diventa quindi estremamente interessante quando un’artista trascende il genere utilizzando un approccio diverso: accanto al liricismo di Helen Levitt o al romanticismo di Saul Leiter, Lynn Saville rivolge il suo sguardo dapprima alla concretezza dei paesaggi urbani per poi ricercare e svelare le vite segrete di queste strutture, i lati nascosti e imprevedibili.

Aperta con ingresso libero fino al 26 marzo.

Info: www.alessiapaladinigallery.it

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Mostra – Reka Nyari, Ink Stories

DART | Dynamic Art Museum presenta la prima mostra personale in Italia dell’artista Reka Nyari, aperta fino al prossimo 6 febbraio 2022 presso il Museo della Permanente di Milano.
Ink Stories è una mostra di fotografie in bianco e nero su larga scala e di opere digitali in NFT realizzate dall’artista. Questa selezione di opere fa parte di un progetto di ritrattistica in corso che Nyari ha iniziato nel 2017 con la sua prima mostra personale a New York, intitolata Geisha Ink. Questo corpus di opere, diviso in tre sezioni (Geisha Ink, Blooming Ink e Punctured Ink) continua a esplorare un elemento centrale della pratica di Nyari: studi intimi di auto-identità ed emancipazione femminile attraverso la ritrattistica di nudo.
Reka Nyari inserisce la serie Ink Stories nel filone dell’immaginario femminile senza limiti
con i racconti di quattro donne e la loro risposta alla lotta e al dolore. Gli intricati fili d’inchiostro sulla loro pelle rafforzano il loro spirito come atti di sfida, voti di potere ed emblemi di trasformazione della mente attraverso la fisicità del corpo.
Nella serie Punctured Ink, Nyari lavora attraverso un processo di perforazione della superficie di ogni stampa che, a differenza della pittura o del disegno, crea fori in rilievo che lasciano un risultato permanente, proprio come fa un tatuaggio sulla pelle. Le immagini di Nyari di figure nude non sono strettamente intese come ritratti seducenti, al contrario comunicano la loro carica emotiva ed espandono il vocabolario artistico al regno delle narrazioni, stratificando storie personali e contenuti fittizi: la nudità, il gesto, lo sguardo, così come gli oggetti, si legano intrinsecamente all’identità femminile.

Reka Nyari (Helsinki, 1979) vive e lavora a New York. Il suo lavoro è stato esposto in numerose gallerie negli Stati Uniti e in Europa. Ha ricevuto premi da organizzazioni prestigiose, tra cui il primo premio al  Miami Photo Center Vision Excellence Awards 2018 e all’International Photography Awards (IPA) 2010, categoria Beauty Pro. La sua monografia di 225 pagine intitolata “Femme Fatale: Female Erotic Photography” è pubblicata in 6 lingue ed è sold out in tutto il mondo. Ha cominciato quest’anno a pubblicare i suoi lavori come NFT e questa è la sua prima mostra in un museo in Italia.


Reka Nyari

Ink Stories

DART | Dynamic Art Museum
Via Filippo Turati, 34, 20121 Milano
Fino al 6 febbraio 2022

Orari d’apertura: lunedì – venerdì: 10-19
sabato – domenica: 11-19
biglietto intero: 10 euro
biglietto ridotto: 6 euro
card semestrale DART valida per ingressi illimitati per tutte le mostre: 15 euro

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CONTATTI

www.dartmilano.com

dart@dartmilano.it

+39 02 94382885

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Pinterest come “musa”

E’ trascorso un po’ di tempo dal mio ultimo intervento qui, ma sono tornata carica di argomenti e tips utili per i vostri canali social.

Questa volta mi piacerebbe raccontarvi un po’ di Pinterest, un social ancora un po’ di nicchia, ma d’ispirazione per tanti, soprattutto per chi fa della fotografia la sua passione.

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE LEGATA ALLA FOTOGRAFIA

Il web ci offre una svariata offerta  di piattaforme, per crescere, e accrescere, la nostra visione fotografica e Pinterest rientra perfettamente in questo meraviglioso e duttile pacchetto. La differenza, rispetto a social come Instagram, sta proprio nell’A.I. di Pinterest. La sua intelligenza artificiale sfrutta in modo incredibile la tecnologia legata alla fotografia.

Pinterest è forse la piattaforma che premia, stimola e aiuta la condivisione plurima di immagini o contenuti realizzati in contesti diversificati. Non a caso è stato il luogo prescelto per immagazzinare e discernere lavori di autori affermati come Vivian Maier – che difficilmente sono fruibili in altre piattaforme.

Il social dell’ispirazione per eccellenza dove il termine “adozione” di un lavoro altrui non porta magagne dal punto di vista morale o legale.

Basta un nome, un tag o un luogo e il gioco è fatto: ti si aprirà un mondo vastissimo che difficilmente si consumerà, o ti annoierà, nel breve termine.

 

LE AZIONI SU PINTEREST

All’interno di Pinterest, potrai compiere le seguenti azioni:

  1. Ricercare contenuti sulla search bar;                                                        2. Pinnare i contenuti;                                                                      3. Raccoglierli all’interno di una determinata Board.

Quando parlo di Pinnare (Pin) su Pinterest, faccio riferimento ad una azione molto semplice: salvare una determinata immagine.

Una volta cliccato infatti su “Salva” (anticamente definito come “Pin”) potrai scegliere in quale Board o Bacheca conservare l’immagine stessa.

Per creare una Board personalizzata dovrai semplicemente visitare il tuo Profilo Pinterest e cliccare sull’immagine a forma di croce scegliendo se creare una bacheca o un pin.

Ma la cosa eccezionale di questa piattaforma è la creazione di una bacheca dove promuovere la tua attività in pochi semplici passaggi:

  • convertire l’account in profilo aziendale, in modo da aver accesso ad una serie di dati da analizzare e che vi saranno d’aiuto per affermare la vostra presenza su questo social.
  • Compilare tutti i campi del profilo per aiutare le persone a capire chi siete e cosa fate.
  • Aggiungere il link del vostro sito ed eseguire la procedura di verifica dal menu impostazioni, sezione verifica.
  • Aggiungere il pulsante “salva” al vostro sito in modo da facilitare la condivisione dei contenuti.
  • Aggiungere il pulsante “segui” al vostro sito.

 

COMINCIAMO!

Ora siete pronti per cominciare.

Sarebbe bene salvare almeno 10-15 contenuti di valore tutti i giorni, non solo quelli propri, ma anche altrui, di cui è sempre raccomandato verificarne l’attinenza.

La cosa fantastica è che i post condivisi hanno un tempo di vita maggiore rispetto ad altri social. Un’immagine può diventare virale anche a distanza di 5-6 mesi dal salvataggio, mentre su Instagram, Facebook e Twitter un post ha una visibilità di circa 20-30 minuti dal momento della pubblicazione.

 

IL “GOOGLE” DELL’ISPIRAZIONE

Infine Pinterest può essere considerato un vero e proprio motore di ricerca per  trovare la propria ispirazione…quasi meglio di Google per alcuni.

Pinterest è uno di quei social insieme a YouTube ad essere dotato di una search bar interna davvero perfetta. Ti basterà utilizzare la keyword che preferisci, come ad esempio “still life”, oppure perchè no, per l’ambientazione del tuo servizio fotografico natalizio, e avere accesso ad una moltitudine di risultati differenti.

Idee, nuove proposte e nuova linfa vitale per la nostra mente, Un luogo sicuro dove poter riaccendere la miccia della nostra creatività, con l’obiettivo di condividere contenuti visivi.

Tutto questo è Pinterest!

 

Stefania La Rosa

email: info@stefanialarosa.com

sito web: www.stefanialarosa.com                                                                                     FB : @stefaniawebmarketing

LINKEDIN: https://www.linkedin.com/in/stefania-la-rosa-07525b37/

IG: @stefaledo

 

 

 

 

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Libri – Armando Rotoletti, Marina di Ventimiglia

Il libro fotografico “Marina di Ventimiglia”, realizzato dal fotografo siciliano Armando Rotoletti e dallo storico ventimigliese Mario Ascheri, svela il passato e il presente della città ligure attraverso un susseguirsi di immagini e racconti. Promosso da Marina Development Corporation, attore principale di un grande progetto di rigenerazione urbana volto a valorizzare la qualità paesaggistica-naturale e l’identità storico-artistica di Ventimiglia, il volume – costituito da 128 pagine, formato 34×32 cm, 89 fotografie, rilegatura e rifiniture di pregio – vuole essere un omaggio alla città, alla sua gente e al suo futuro di nuova destinazione turistico-ricettiva, di portata internazionale ma a forte vocazione italiana.

Armando Rotoletti è nato a Messina, ha studiato fotografia a Londra, si è dedicato al fotogiornalismo prima di essere protagonista di numerose mostre personali e collettive. Ha esplorato la realtà antropologica di un paese alle pendici dell’Etna, e ha documentato lo straordinario territorio del vulcano. Le pietre e i volti della sua Sicilia. Marina di Ventimiglia è l’accorata testimonianza del suo primo incontro con la Riviera ligure di ponente. Un colpo di fulmine… a cielo sereno.

 Mario Ascheri, invece a Ventimiglia è nato e la sua presenza in questo libro attesta il suo legame profondo con la sua città da cui partì dopo il liceo classico, avviato a una carriera universitaria e professionale che lo vide presto Professore di Storia del diritto medievale e moderno e all’occorrenza di Storia delle istituzioni politiche, di Istituzioni medievali e Storia del Rinascimento. A Ventimiglia i suoi soggiorni da ‘spantegau’ (emigrato, disperso) sono stati brevi ma continui e intensi, e le ferie non gli hanno impedito di organizzare seminari di storia dai quali sono nate pubblicazioni e si è consolidato un gruppo di validi cultori di storia.

Il loro incontro culturale e artistico si traduce in un volume intriso di luoghi e monumenti, di volti, tradizioni e cultura, che narrano la storia di un territorio sospeso tra il bianco e nero del passato, e i colori del presente guardando con ottimismo al futuro.  “Bisogna pensare – si legge nella prefazione di Rotoletti – al passato di questo luogo per capire come mai il nucleo antico di una città di mare abbia trovato la sua dimensione nella sommità di uno sperone di roccia, ‘sospeso’ tra il mare e la montagna”.

“L’occhio del ‘foresto’ – gli fa eco Ascheri nell’introduzione – vede quel che la routine mette in ombra per i residenti. Un libro così elegante invita a ripetere l’esperienza di Rotoletti, e non si resterà delusi. E poi c’è un’ulteriore motivazione per questa avventura: si può sempre tentare di andare oltre le sue scoperte”.

E in questo rincorrersi tra passato e presente che si inserisce la visione di “Marina di Ventimiglia”, sintesi tra le radici del centro storico, ora protagonista di una nuova riqualificazione, e lo sviluppo che sta interessando il litorale.

Il libro è disponibile online sul sito dell’autore www.armandorotoletti.com e in alcuni punti vendita di Ventimiglia (offerta minima suggerita 40 euro). Il ricavato sarà devoluto in beneficenza in collaborazione con l’associazione “Le ragazze di Vilma” che si occupa di attività benefiche nella città alta.

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Mostra – 40 ANNI POSITIVI – Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV FREE

di Fabrizio Bonfanti

A proposito di pandemie…

Il dramma dell’AIDS, purtroppo, non è ancora stato risolto e non sempre ci ricordiamo di questa pandemia che rischia di rimanere silenziosa, ma che continua a mietere vittime soprattuto in Paesi dove l’accesso alle cure è difficile se non impossibile.

Il 1 Dicembre ricorre il “World AIDS Day” ovvero una giornata commemorativa per le vittime dell’AIDS e di sensibilizzazione sul tema.

Pochi giorni fa è stata inaugurata la mostra “40 anni positivi” nello spazio dei Frigoriferi Milanesi, che raccoglie documenti di archivio, fotografie, campagne pubblicitarie che ripercorrono i 40 anni di lotta all’AIDS.

Accolgono i visitatori una serie di pannelli che ripercorrono la storia drammatica dei primi anni di diffusione dell’infezione di HIV, dell’evoluzione del movimenti di sensibilizzazione nel mondo e delle terapie. Vi sono poi testimonianze concrete, come un gruppo di fotografie realizzate da un anonimo in un reparto di malattie infettive, i manifesti pubblicitari degli anni in cui si stava diffondendo il virus.

Molto emozionante è vedere la stanza dedicata le coperte del Names Project AIDS Memorial Quilt che venivano realizzate, in passato, per ricordare le persone che non sono sopravvissute alla malattia.

La seconda parte del percorso espositivo, invece, racconta di come si siano evolute le terapie che permettono a un positivo di vivere una vita normale con una pillola al giorno senza il rischio di di diffondere la malattia. Sono presenti video della performance “I Miss You” di Franco B oltre che alcune sue fotografie, ritratti dell’artista Larry Stanton realizzati prima della sua morte, il video “Last Night I took a man” di David Wojnarowicz

Il percorso si chiude con il messaggio U=U (Undetectable=Untrasmittable) ovvero una persona sieropositiva in terapia non trasmette il virus e quindi è sicuro.

Promossa e organizzata da Milano Check Point, con il supporto di ALA Milano Onlus, Anlaids sezione Lombarda, ASA Milano Onlus, CIG – Arcigay Milano, Fondazione LILA Milano Onlus e NPS Italia Onlus e Simit Lombardia, col patrocinio del Consiglio Regionale di Regione Lombardia, del Comune di Milano, Assessorato alla Cultura e Assessorato al Welfare e Salute, main sponsor Viiv Healthcare, Gilead Sciences, Durex, top sponsor Janssen and Cilag, Cepheid, UniCredit, media partner Corriere della Sera e Fondazione Corriere della Sera, la

 

“40 ANNI POSITIVI. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free”

Milano, Frigoriferi Milanesi | Sala Galleria (via Piranesi 10)

Orari:

Lunedì e martedì chiuso. Da mercoledì a venerdì 15.00-20.00. Sabato e domenica 10.00-20.00

Per altre informazioni:  40annipositivi@gmail.com

www.milanocheckpoint.it

FB: milanocheckpoint

IG: milano.checkpoint

TW: @MiCheckPoi

 

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La fiera delle meraviglie – Viaggio intorno al Paris Photo

di Benedetta Donato

A due anni di distanza dall’ultima edizione del 2019 al Grand Palais, dopo essere stata cancellata nel 2020 a causa della pandemia, finalmente la fiera di fotografia più importante del mondo, ha riaperto i battenti dal 10 al 14 novembre a Parigi. Svoltasi presso il Grand Palais Éphémère, struttura adiacente la Tour Eiffel, in attesa che le operazioni di ristruttrazione del Grand Palais giungano al termine, ha accolto oltre 190 espositori provenienti da 30 paesi, tra gallerie presenti fisicamente e sul web, grazie a Online Viewing Room (di cui 16 esclusivamente on line), premi internazionali e case editrici con oltre 863 artisti presentati nei Solo & Duo Shows e nei Group Shows. 118 i musei e le istituzioni internazionali che hanno confermato la loro visita.

Questi i numeri riguardanti la sola fiera ed è possibile dunque farsi un’idea dell’imponenza di una vera e propria macchina pensata, costruita, funzionante al solo scopo di diffondere la fotografia non solo in termini commerciali, ma di promozione della cultura visiva.

Il merito certamente va agli organizzatori e alla direttrice Florence Bourgeois che, per chi non lo sapesse, dopo una lunga esperienza nel mondo della finanza e dell’industria, si rimette a studiare, perfezionando il suo curriculum formativo presso l’École du Louvre e la Sorbonne Paris IV, al fine di approfondire la storia dell’arte e della cultura visiva per, come lei stessa ha affermato: «far convergere il mio interesse per il mondo dell’arte con la specializzazione professionale e legittimare la mia scelta di lavorare in questo settore». In un’intervista rilasciata a Madame Figaro all’alba del 15 novembre, dichiara: «Cerco di conciliare gli imperativi commerciali e di redditività di una grande fiera internazionale con l’eccellenza artistica. Dal mio arrivo, nel 2015, ho subito notato la mancanza di visibilità delle donne artiste presenti in fiera; in qualche anno siamo passati dal 20% al 32% e con la piattaforma EllesXParis Photo continuiamo a crescere». Si tratta un programma avviato nel 2018 in collaborazione con il Ministero della Cultura e sostenuto da Women In Motion per promuovere la visibilità delle donne artiste e il loro contributo alla storia della fotografia. Per questa edizione 2021, Nathalie Herschdorfer, storica dell’arte specializzata nella fotografia e direttrice del museo Locle in Svizzera, presenta una selezione di opere scelte tra le proposte delle gallerie. Le artiste selezionate beneficiano di una visibilità sul sito web, uno spazio online contenente interviste, articoli e statistiche sulla rappresentazione delle donne fotografe.

Trovate tutto qui e c’è da rifarsi gli occhi: https://ellesxparisphoto.com/

Non solo artiste selezionate tra gli espositori, ma anche presenti nel settore CURIOSA, uno spazio dedicato agli emergenti, a cura di Shoair Mavlian Direttrice di Photoworks. Qui il programma completo e gli autori esposti in questa ultima edizione:

https://www.parisphoto.com/fr-fr/foire/actu/curiosa-2021.html

Ogni giorno, si sono svolte iniziative di interesse, rivolte ad ogni tipo di pubblico: dalle preview riservate ai collezionisti e alla stampa, dalle conversazioni aperte al pubblico per LE PLATFORME con esperti del settore ai talk curati da THE EYES con diversi autori, dalle proiezioni cinematografiche alle presentazioni di premi prestigiosi, dalle pubblicazioni editoriali per finire con i booksigning.

A questo proposito, tra gli eventi più attesi, sicuramente c’è stato l’annuncio dei vincitori del Paris Photo – Aperture Foundation Photobook Awards, anticipato dall’esposizione con le pubblicazioni finaliste, consultabili presso lo spazio editoria.

Il prestigioso riconoscimento internazionale, che ogni anno conferisce il premio per tre categorie riguardanti le pubblicazioni di settore: Miglior libro fotografico, Miglior catalogo fotografico e Miglior primo libro fotografico. Quest’anno, nell’ordine, sono stati premiati: Muhammad Faldi e Fatris MF con The Banda Journal (Jordan, jordan Édition, Jacarta Indonesia)

What They Saw: Historical Photobook by Women, 1843-1999 di Russet Lederman e Olga Yatskevitch, eds. (10×10 Photobooks, New York)

Sasha Phyars-Burgess con Untitled (Capricious Publishing, New York)

Infine la menzione speciale della giuria è andata a Vasantha Yogananthan per Amma, l’ultimo capitolo della serie di pubblicazioni del progetto A Myth of Two Souls (Chose Chommune, Marseille, France)

La mia visita in fiera è avvenuta nella giornata di mercoledì 10 novembre, in occasione della preview riservata alla stampa proveniente da tutto il mondo. Non nascondo l’emozione di accedere ad uno dei luoghi più importanti per la fotografia, dopo un lungo periodo di stop. E non solo perché è stato un modo di ritornare a quella modalità di fruizione che consideriamo normale, ma per il lavoro di selezione elevatissima che si percepisce e si può quasi toccare con mano, girando per gli stand di questa fiera.

Tra i primi lavori in cui mi sono imbattuta, quello di Thomasz Machiński (1942), presentato dalla Galleria Christian Berst è sicuramente degno di nota. Si tratta di un meccanico di origine polacca, la cui produzione è stata scoperta non molto tempo fa ed è stata esposta ai Rencontres Internationales de la Photographie ad Arles nel 2019 nella sezione “Photo Brut”. Ebbene, questo autore ha realizzato 22.000 autoritratti in neanche mezzo secolo!

Proseguo la mia visita e ritrovo un’altra presenza già notata ad Arles, si tratta dell’installazione ospitata dallo stand di Polka Galerie “TV Nation” di The Anonymous Project, nato nel 2017 in seguito all’acquisto di diapositive vintage da parte del regista Lee Shulman. Si tratta di materiale a colori degli ultimi 70 anni di storie di vita quotidiana senza tempo, che rischiano di essere dimenticate. The Anonymus Project è diventato una vera e propria impresa artistica, che vuole restituire significato a questi ricordi, creando nuovi modi di interpretazione e narrazione.

La stessa galleria presenta “The Day May Break”, di Nick Brandt, artista impegnato, che propone immagini di rara potenza e raffinatezza, in cui compaiono persone e animali colpiti dal degrado ambientale e dalla distruzione, in un’atmosfera di sospensione, come in attesa che il destino comune si compia. La potenza di queste fotografie, riesce a far isolare i visitatori e a creare un’immersione totale nella narrazione proposta da questo grande autore.

Il tema della salvaguardia ambientale ricorre in “Allegoria” di Omar Victor Diop, presentato da MAGNIN-A Art Gallery, dove l’autore pone la questione fondamentale dell’ambiente, a partire dal continente africano. Si tratta di una rappresentazione allegorica in cui il fotografo – come per le serie precedentemente prodotte – è protagonista delle sue immagini, ispirate dalle preoccupazioni dell’umanità per un mondo naturale che potrebbe diventare un ricordo, da rivedere in un futuro non poi così lontano soltanto nei libri.

La narrazione prodotta in Africa è ultimamente al centro di grande interesse da parte della critica e del pubblico dell’arte. Non a caso, in concomitanza al Paris Photo, si svolge la fiera AKAA, acronimo di Also Know As Africa, giunta quest’anno alla sesta edizione.

Ho visitato la manifestazione, riscontrando anche qui una qualità molto elevata e una selezione davvero interessante. Tra le varie gallerie, ho avuto il piacere di intrattenermi negli spazi di Fisheye Gallery e di VisionQuesT 4rosso contemporary photography, presenti rispettivamente con i Solo Show dedicati a Delphine Diallo e alcuni tra i suoi lavori più noti e a Bruno Cattani con il progetto “VODOO”.

Altri lavori interessanti da segnalare ad AKAA: Kader Diaby, Mário Macilau, José Chambel, Justin Dingwall, James Barnor, Marc Posso e l’ipnotica opera di Angèle Etoundi Essamba. Tra le diverse proposte, non è raro trovare autori presenti in entrambe le fiere, come nel caso di Saïdou Dicko, artista visivo autodidatta, che nel 2005, inizia a lavorare con la fotografia e a soli sei mesi dal suo debutto fotografico, presenta la sua prima mostra alla Dakar Biennial Off 2006, dove ha vinto un premio, il primo di una lunga serie.

A proposito di premi, durante la mia visita al Paris Photo, incontro Gosette Lubondo Diakota, vincitrice del Prix Maison Ruinart, giunto alla terza edizione. Il suo lavoro è una riflessione sulla memoria, l’eredità e il tempo, che merita di essere osservato con molta attenzione. Credo sia l’unica artista presente in fiera di cui non ho scattato fotografie, per godermi il piacere di parlare con lei e gustare le sue opere dal vivo. Ha un profilo Instagram che potete seguire: https://www.instagram.com/gosettelubondo/?hl=it

Terminata la piacevole conversazione con questa autrice, ammiro le opere di Zanele Muholi, artista, fotografa e attivista sudafricana, che si è impegnata per la causa LGBTQI e per l’affermazione dell’identità lesbica nel suo paese. La sua ricerca più recente la vede molto spesso partecipante e creatrice delle sue immagini, che fanno riferimento ad esventi specifici della storia politica sudafricana. Esagerando l’oscurità del suo tono della pelle, Muholi rivendica un’oscurità più profonda, per stravolgere le immagini della cultura dominante.

Proseguo ancora la mia visita, notando come l’indagine artistica possa essere tramite per veicolare messaggi diversi che non hanno a che fare solo con l’estetica. Trovo così un mix che varia dalla fotografia documentaria al fotogiornalismo, come nel caso di Alex Majoli, Antoine D’Agata, Diana Markosian, e un racconto di spaccati di società che attraversano gli anni, con i lavori di Diane Arbus, Hiro e Sofia Valiente. Il rapporto tra uomo e natura emerge nelle rappresentazioni di Laura Henno, Aino Kannisto e Erwin Olaf Cartella 3 Immagini 19, mentre i ritratti del mondo animale sono protagonisti dell’obiettivo di Michael Ackerman e Todd Hido.

Poi ci sono i mondi altri, le diverse culture presenti nelle fotografie di Charles Fréger, Chester Higgins, Hannah Darabi, Edith Roux, Alfred Seiland, Adriana Lestido, Ilit Azoulay. Ancora la stravaganza e l’irriverenza di Juergen Teller e Boris Mikjailov.  Le immagini di impatto di Pieter Henket. L’autore ha presentato in anteprima a Paris Photo presso lo stand della Kahmann Gallery, il progetto su una nuova generazione di messicani che sta sfidando le rigidi tradizioni sull’espressione di genere, sesso, sessualità e religione.

La figura umana torna sotto altre forme nelle fotografie di Aaron Siskind, Sara Punt e Sofia Uslenghi, l’indagine sul territorio di William Christenberry, la metafotografia di Tòth Gàbor e ancora autori come Irving Penn, Gordon Parks, Saul Leiter, Cy Twombly, Vivian Maier, Edward Burtynsky, Paolo Roversi, Paolo Ventura, Cathleenn Naundorf, Mary Ellen Mark che ti fanno rimanere senza fiato. Ma se ne ha ancora bisogno perché usciti da qui, dopo essersi rifatti gli occhi e le orecchie grazie ai tanti confronti cui si è potuto assistere, mi aspetta un tour per musei, accademie, gallerie e librerie.

Mi precipito quindi al Prix de Photographie de l’Académie des beaux-arts William Klein che quest’anno è stato conferito ad Annie Leibovitz, cui è stata dedicata la mostra esposta fino al 5 dicembre 2021. Poi è la volta della MEP-Maison Européenne de la Photographie per la grande mostra dedicata ai 50 anni di carriera di Samule Fosso. Ancora la Magnum Photos, che ospita la doppia personale Bruce Davidson e Khalik Allah, “New York”; l’inaugurazione di ImageNation Paris con una selezione di autori tra cui Delgina Carmona, Theo Gosselin, Cihan Bektas, Claire Luxten e al piano superiore la collettiva “Tell me a Story” curata da Laura Tota.

Il mio tour parigino prosegue con il percorso Off print, la rassegna organizzata in diverse librerie della città, dove oltre ad un’ampia selezione di libri, si possono visitare mostre temporanee. La conclusione di queste giornate mi vede nello studio di Frank Horvat, per una visita guidata alla mostra “J’aime le strip-tease. Frank Horvat vu par Valérie Belin”. Condotta da Fiammetta Horvat, questa visita diviene una sorpresa con accesso al prezioso archivio e alla collezione privata dell’autore, che negli anni ha acquisito centinaia di opere di altri fotografi, costituendo una collezione da museo!

Moltissimi altri gli autori esposti nelle diverse sedi di un enorme circuito: da Peter Lindbergh a Michale Kenna, da Mona Kuhn a Vivian Maier e ancora Daidō Moriyama, Raymond Depardon, William Klein e mostre incredibili come “Chefs d’Oeuvre Photografiques du MoMA. La Collection Thomas Walther” allestita al Jeu de Paume fino a febbraio 2022 e infine “Automated Photography”. Quest’ultima nasce da un progetto di ricerca sviluppato dal Master in Fotografia dell’ECAL – École cantonale d’art de Lausanne che mette in discussione questa situazione esaminando le tecnologie di produzione e distribuzione di immagini. Una mostra audiovisiva coinvolgente, un simposio e un libro presentano sguardi critici e una selezione di progetti che esplorano il potenziale estetico e concettuale della fotografia automatizzata.

Bisogna immaginare Parigi, in questo periodo dell’anno, come un contenitore di eventi dedicati quasi esclusivamente alla fotografia. Si passa dalle fiere sopra menzionate, alle grandi esposizioni allestite in diverse sedi della città, tra musei, fondazioni, accademie, gallerie, istituti di cultura, circuiti di librerie, fino agli archivi d’autore e alle manifestazioni concomitanti come Photo Saint Germain e Paris Photo Days, i festival come la Biennale de L’Image Tangible, il Festival du regard o i Rencontres Photographique du 10 e la Bourse de Commerce con una programmazione incredibile. Davvero impossibile menzionarli tutti!

Francamente è impensabile di venire qui solo per visitare il Paris Photo! Bisogna pianificare per bene il proprio tempo e certamente operare una selezione delle cose da fare e vedere, ma organizzarsi in modo da capire che la fiera di fotografia più importante del mondo è parte di un sistema molto più complesso con tante diramazioni, caratterizzato dal sostegno del Governo francese, dall’elevata e curata qualità dell’offerta, in tutte le possibili articolazioni in cui si può declinare la fotografia, intesa come espressione artistica e come campo professionale di altissima specializzazione.

Immaginate un caleidoscopio gigantesco e infinito, che non vi stanchereste mai di guardare… E riscoprirete Parigi che, a novembre, torna a splendere!