Chiara Dondi ha scritto alla nostra redazione presentandosi così: “Sono una fotografa analogica che vive a Bologna”, e ha allegato questo progetto che pubblichiamo volentieri. Le abbiamo risposto subito. Quelle poche righe ci fecero sorridere, una definizione asciutta, quasi drastica, di certo anacronistica in questa era digitale, ma ci sono ancora autori che preferiscono il mezzo più classico restando ai margini della tecnologia, per una ricerca meditativa che si trasforma quasi in una bandiera per l’autorialitià. Ora, benché fermamente convinti che non sia questa la discrimine per il successo del percorso artistico – ogni fotografo troverà il suo dopo un lavoro serio e impegnativo, qualunque mezzo e strada decida di praticare – abbiamo visto in Chiara un valore, che si traduce in ricerca, in un racconto intimo dove l’io trova se stesso proprio nella comunione con la Terra, con la natura, inquadrata con quel senso proprio del Romanticismo letterario che restituiva importanza alla passione. Ogni sua immagine, ogni scena, accoglie e riflette le sensazioni, le paure, i pensieri e ogni loro mutazione. Chiara aspira, come ogni romantico, ad evadere la realtà per cercare ideali assoluti come la bellezza, l’estasi, la pace, il ritorno alle sue origini, e ci riesce attraverso questi ritratti quadrati ambientati in un paesaggio che si trasforma in metafora.
Queste le sue parole:
naturaAmore
Troverai di più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le pietre ti insegneranno ciò che non si può imparare da maestri. (San Bernardo)
Cercare un rifugio tra i boschi, lontano da ciò che ci spinge a correre e a non fermarci mai. Allontanarsi dalla velocità, da ciò che non è necessario e che riempe temporaneamente, in maniera
sommaria, spazi dentro di noi che andrebbero invece colmati con il silenzio e la meditazione. Ricongiungersi alla natura come passo fondamentale di ricerca della giusta dimensione nella quale
riconoscersi e conoscersi veramente.
BIOGRAFIA
Nata e cresciuta a Bologna, studia Disegno Industriale all’Università di Firenze. Fin da piccola mostra interesse per la pittura e, crescendo, con l’aiuto del padre intraprende i primi passi nel mondo della fotografia analogica. Negli anni, il suo rapporto con tale strumento diventa sempre più connesso al suo background di pittrice e inizia a trattare la fotografia stampata come una tela da dipingere. Predilige il medio formato e le macchine fotografiche biottiche con pellicole Ilford. I suoi soggetti principali sono le donne con le quali cerca di creare immagini fatte di introspezione e simbolismo.
Lee Jeffries è un amico di EyesOpen! Magazine. E’ quel magnifico ritrattista che ci permise di realizzare la nostra prima copertina nel lontano 2014. I nostri lettori più affezionati se lo ricordano quel numero Zero da collezione diventato icona del magazine: a rappresentare l’inizio della nostra avventura fu un’anziana signora elegante e bellissima di nome June, una senza tetto, che l’artista inglese aveva fotografato con quel suo modo speciale di inquadrare la dignità profonda scritta sul volto di ogni individuo.
Oggi Lee torna a trovarci, attraverso un libro che raccoglie molto della sua ricerca. Si intitola “Portraits”, sembra uno scrigno foderato di pelle nera da dove escono preghiere. Una toccante introduzione, scritta dall’attore americano Josh Brolin, ci avvia a un viaggio profondamente personale in ciò che rende tutti noi esseri umani. Attraverso un alternarsi di narrazioni e immagini postprodotte in magnifici bianchi e neri contrastati o a colori carichi, il volume esplora l’emozione e l’amore che ci unisce. Sfogliando queste 240 pagine di ritratti e storie scritte a lato, scopriamo persone che emergono dal buio più profondo per affidarci le loro vite attraverso uno stile potente, che dimostra la straordinaria empatia e la spiritualità di un vero maestro dell’obiettivo.
Il progetto “Portraits” è autoprodotto con quella stessa cura per i dettagli che il fotografo impone a se stesso quando scatta ogni singola immagine e che è la chiave stilistica del suo lavoro. L’elegante pubblicazione racconta dieci anni di carriera, durante i quali l’autore ha percorso i marciapiedi del mondo alla ricerca degli ultimi – senzatetto, prostitute, orfani, alcolisti, tossicodipendenti, emarginati – per ridare loro un’identità. Queste fotografie fanno piangere e talvolta ridere, fanno provare emozioni profonde a chi le osserva e inducono a farsi una moltitudine di domande. Il suo istinto lo conduce sempre a cercare un lampo, in mezzo a quelle disperazioni inquadrate in primissimo piano. Li guarda tutti negli occhi, va oltre la loro condizione e scava fino a trovare ciò che affiora. La sua è una dichiarazione d’amore al genere umano.
What is Europe to you? è un progetto artistico che intende rappresentare il sentimento europeo attraverso immagini e parole espresse dalle storie e dalle idee delle singole persone che compongono la grande comunità dell’Europa.
In mostra dal 1 settembre al 15 dicembre 2020 a Villa Vigoni, Menaggio, Como
What is Europe to you?
Questo è il titolo del viaggio fotografico nelle principali città e capitali europee ideato dalla fotografa Lisa Borgiani. Attraverso una mappatura delle città scelte l’autrice identifica i quartieri dove incontra le persone che ritrae in modo spontaneo e inaspettato mentre rispondono alla stessadomanda: What is Europe to you?, che cosa significa per te l’Europa? Ogni persona è ritratta mettendo in risalto la parola chiave che riassume la sua idea di Europa, riportata in una breve intervista. Immagine e parola entrano così in stretto dialogo.
Lo scopo è quello di cogliere e rappresentare ritratti e sentimenti che provengono da diverse culture ed espressi in varie lingue per rafforzare l’idea di una identità comune europea. Il progetto è iniziato nel 2019 ad Atene e a Berlino -interviste e testi a cura della giornalista Marta Ottaviani- per poi proseguire a febbraio 2020 a Milano e a Roma a luglio 2020. Il viaggio proseguirà nelle altre città europee: Parigi, Bruxelles, Madrid, Vienna etc…
Dal 1 settembre al 15 dicembre 2020 Villa Vigoni, centro italo-tedesco per il dialogo europeo, ospiterà la mostra fotografica “What is Europe to you?” con una scelta di ritratti e interviste realizzati nelle città di Milano e Berlino. La mostra si inserisce in un anno speciale: il trentesimo anniversario della riunificazione
tedesca e verrà inaugurata nell’ambito del Vigoni Forum per studenti, martedì 8 settembre 2020 alle ore 18:00.
Nel rispetto delle normative previste per l’emergenza Covid-19, sarà possibile visitare gratuitamente la mostra ogni giovedì dalle ore 15:30 alle ore 16:30. I posti sono limitati, per la prenotazione vi preghiamo di scrivere a reception@villavigoni.eu entro il lunedì antecedente la data in cui si desidera visitare la mostra.
Villa Vigoni si impegna nel rafforzamento delle relazioni italo-tedesche in un contesto europeo. Sostiene lo scambio bilaterale nei campi della politica, dell’economia, della scienza, della formazione e della cultura. La mostra è realizzata in collaborazione con POLI.DESIGN | Master in Digital Strategy
(Politecnico di Milano) e Galleria Podbielski Contemporary (Milano). Progetto grafico e dell’allestimento: Alessandro Colombo
Per ulteriori informazioni: www.villavigoni.eu e www.whatseurope.eu
Apre il 15 settembre, presso l’associazione culturale Zona K via Spalato 11, a Milano, la personale di Gianmarco Maraviglia a cura di Chiara Oggioni Tiepolo. La serie di fotografie esposte racconta il tempo sospeso del lockdown e la conseguente riapertura, in una narrazione a metà fra il racconto intimo e l’indagine fotogiornalistica, pur evitando la dimensione più dettagliata della malattia. Ma anche lui si è ritrovato di fronte al dilemma del “disallineamento”. Come rappresentare e sintetizzare dunque visivamente il cambio di piano sequenza del reale che le nostre esistenze hanno subito? Nasce così il glitch, l’errore di sistema. Immagini di “matrixiana” suggestione che lasciano aperto un interrogativo sul nostro futuro prossimo.
E’ come se qualcosa si fosse inceppato e poi rotto. Rotto il tempo, la realtà, le abitudini. Il senso di libertà, la leggerezza, una certa arroganza nel dare per scontata la vita, perfino. Quella vita. Poi è arrivato il giorno in cui è cambiato tutto. Stroncata la spensieratezza, annullata una gestualità tipicamente italica, spazzato via lo scorrere “normale” delle consuetudini e delle giornate. Ci si è scoperti vulnerabili, l’universo tutto da conquistare si è rimpicciolito fino a entrare
all’interno delle pareti domestiche. Polverizzate le certezze, spogliate le impalcature, ci si è stretti alle uniche sicurezze ancora solide.
Si è aspettato, come se fossimo rinchiusi in un bunker, che un’entità altra ci desse nuovamente il via libera. Si è affidata la nostra esistenza prima a un bollettino, poi alle tecnologie. La parola “controllo” ha assunto le tinte rassicuranti di un mantello di protezione. E infine la riapertura. Evviva. Ecco dunque tutti riversarsi in strada, con la fretta e l’urgenza di riappropriarsi del tempo che fu, la necessità quasi fisica di convincersi che fosse tutto finito, passato, pronto a essere dimenticato. Eppure. Abbiamo fatto finta che non fosse successo niente, volevamo che non fosse successo niente. Ma qualcosa continua a non funzionare. Ed è solo adesso, probabilmente, ora che le emozioni si depositano e sedimentano, che abbiamo il coraggio e la lucidità di comprendere quanto davvero quella frattura del normale si sia fissata dentro di noi in maniera irreversibile.
Inaugurazione – 15 settembre 2020, ore 19. Aperta fino al 24 settembre
Orari: da martedì a domenica 17.00 – 21.00, lunedì 17.00 – 19.00. Ingresso gratuito contingentato a max 20 persone contemporaneamente
ZONA K è un’associazione culturale con attività riservate ai soci. Per accedere alla mostra
occorre inviare la richiesta tesseramento almeno 24 ore prima sul sito www.zonak.it, costo tessera € 2,00.
INFORMAZIONI e PRENOTAZIONI: ZONA K – Via Spalato 11 – 20124 Milano
biglietti@zonak.it |T. 02.97378443 – CELL: 393.8767162 (da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle
19.00)
www.zonak.it
Questoprogetto è un viaggio fotografico virtuale nell‘Italia dellaprimaveradel 2020. Raccogliestoriediamici,conoscenti,parentiesconosciuti. Ognisoggettoèstatofotografatotramitewebcameharicevutounbrevequestionario al quale ha dovuto rispondere. Ogni ritratto è affiancato daun‘immaginedi Google Earth – raffigurantel‘areaincuiilsoggetto ha trascorso laquarantena – che serve a rivelare e sottolineare lasolitudinedelle persone, e delle stessecittà, durante il lockdown imposto per garantire sicurezza ed evitare l’aumento dei contagi. Un isolamento forzato, al quale Nicola non ha voluto totalmente arrendersi. Questa sua serie infatti, testimonia come un giovane autore abituato a esprimersi con le immagini, abbia scommesso sulla sua capacità narrativa valicando le barriere e ovviando ai rischi sanitari grazie alla tecnologia, scoprendo un nuovo modo di raccontare storie e incontrare persone.
NicolaCordìnasceaCatanzaronel 1988. Siinnamoradellafotografiaeiniziadagiovanissimoalavorarecomeassistentefotografoeaseguirelascenamusicaleindipendente.Nel 2010 sitrasferisceaMilanodovefrequentailcorsobiennale di Istituto Italiano di Fotografia. Finitiglistudiiniziaalavorarecomefotografoevideomaker. TraivariclienticoncuihacollaboratocisonoXfactor,Eni,Larepubblica,Nikon,Manfrotto,OpeleXbox.
Questo è il suo profilo Instagram: @naygo. Ulteriori informazioni qui
«Questa mattina… Come da rituale mi sono alzato, mi sono bevuto il caffè e fumato una sigaretta.» L «Essendo in collina ho un panorama ampio vedo boschi, il paesello e il mare.» A.
«Dalla mia finestra vedo due bellissime montagne che finalmente mi piacciono.» G.
«Se noi fossimo alberi, in questo momento staremmo respirando come non succedeva da tempo.» A«Se noi fossimo dei pesci rossi, saremmo abituati a vivere in una bolla di vetro.» G.
“Oggi ho provato una nuova attività: lo skate.” B. ” “Mi manca andare in giro per Roma in bicicletta e giocare con mio nipote.” G. “Questa mattina… Mi son svegliato presto per poter correre in mezzo alle campagna insieme al mio cane.” F.
«Dalla finestra vedo palazzi (si vede anche cosa accade negli appartamenti) e un cortile interno, con alberi, piante e tantissimi uccellini.» F. «Questa notte spero di non fare tardi.» M.
«Questa mattina ho assistito alla laurea online del mio migliore amico… siamo amici da una vita ed e stato strano festeggiare questo traguardo così… dietro uno schermo.» M.
«Oggi ho ballato davanti allo specchio.» R.
«Questa mattina guardando fuori dalla finestra mi appare la stessa immagine di ieri, dell’altro ieri e probabilmente anche di domani. Vedo la mia via, che si congiunge alla strada principale, vuota ed in perfetto ordine.» A.
«Della quarantena mi piace Il silenzio intorno a me, l’Italia che lentamente si digitalizza e avanza…» F.
«Questa notte spero di dormire bene senza la stupida zanzara che mi disturba e senza sognare pianeti o lotte intergalattiche.» A. «Dalla finestra vedo una ragazza con un cappello di paglia e capelli lunghi che passeggia su un grande terrazzo condominiale.» M. «Sta piovendo a dirotto. Oggi stare a casa peserà un po’ meno.» D «In questo momento, il signore del palazzo di fronte sta sul terrazzo condominiale in tenuta ginnica, con la racchetta in mano e lancia la pallina al muro… Amo la gente che non si perde d’animo.» S. «La quarantena mi ha aiutato a scoprire o riscoprire il senso più profondo della convivenza.» G.
Quante foto avete portato a casa dai vostri viaggi? E quante volte avete desiderato racchiudere i ricordi dei posti visitati in un’unico oggetto da conservare per sempre? I luoghi simbolo, un monumento, la geografia che vi rimanda ai passi che lì avete percorso, oggi stanno tutti dentro a un gioiello uscito dalla fantasia di una start up italiana, Art is Therapy/3D Box Studio, che progetta e sviluppa idee innovative. Londra, New York, Roma: parte da queste tre metropoli la loro avventura in bilico tra scultura, architettura, arte e fotografia. Si tratta in effetti di miniature estremamente dettagliate di siti iconici, che stanno racchiuse in un anello chiamato Teti dove tecnologia e design si mescolano. Le figure che si intravedono attraverso il plexiglass trasparente sono i punti di riferimento più riconoscibili: l’Empire State Building o la Statua della Libertà nella Grande Mela, il Big Ben e la ruota panoramica a Londra, il Colosseo a Roma… Piccole fotografie di orizzonti tridimensionali che diventano oggetti di culto.
“L’idea è nata dalla nostra passione per l’arte, il design e, soprattutto, i viaggi”, ha dichiarato il designer Marco Zagaria. “Ciascuno di noi ha ricordi legati a luoghi particolari. Siamo nati tutti da qualche parte, abbiamo casa da qualche parte. Ci siamo innamorati, abbiamo avuto nuovi amici, abbiamo viaggiato e vissuto eventi straordinari in posti meravigliosi che sono diventati i nostri preferiti. E, con un anello Teti, non ti allontanerai da questi ricordi, indipendentemente da dove ti portano i tuoi viaggi”.
Gli altri membri del piccolo team di creativi sono Nicola Zagoria e Matteo Toriello. E’ loro intenzione trasformare l’idea anche in ciondoli, orecchini e altri gioielli. Protette all’interno di una resina lucida che non si usura con il passare del tempo, le foto-sculture sono prodotte in rame, nichel, argento e oro utilizzando una stampante 3D. Le opere, di alto artigianato artistico, sono frutto di lungi mesi di progettazione e vengono fatte in Italia con materiali eco-compatibili, riciclabili e resistenti, a conferma dello sforzo dell’azienda di produrre a emissioni zero. L’attenzione è posta anche verso i materiali di spedizione, gli imballaggi del prodotto e il merchandising, dove tutto è creato per essere completamente riciclabile ed eco-friendly.
Gli anelli Teti, forgiati e rifiniti a mano e adatti ai più originali tra noi, partono da 100 euro e possono essere preordinati, acquistati e regalati online a questo link
Simona Tombesi è una fotografa riminese che inizia la sua produzione artistica con una serie di pubblicazioni di autoritratti e estratti di vita quotidiana sul blog personale “Lalulona”.
Dal 2014 al 2015 Simona utilizza gli scatti per il blog, uno al giorno, come esercizio tecnico-pratico e di ricerca stilistica e, dopo qualche mese, dati i riscontri positivi, viene invitata a presentare i suoi lavori presso RF64 Spazio Minimo di San Marino e partecipa alla mostra collettiva Nove Minime al Museo della Città di Rimini.
Simona partecipa poi a diverse personali e collettive presentando i suoi progetti autoriali, come il FotoConfronti Off di Bibbiena (AR) con la serie “Lalulona Beachwear” e la 26esima edizione del SiFest dove, in collaborazione con la fotografa Cinzia Aze, espone ritratti di famiglie fittizie tra performance art e riproduzione fotografica.
Successivamente Simona si concentra sul ricamo su fotografie, in particolare sull’estetica di parti del corpo “ricucite” con ago e filo, come nella serie “That sticks around like summat in your teeth?”.
Su questa linea nasce” Bright Horses” nuovo progetto a cui l’autrice inizia a lavorare durante la quarantena ispirata dai movimenti della lingua dei segni, osservando gli interpreti durante le conferenze della Protezione Civile e studiando astrologia e mitologia greca.
Tra suggestioni simboliche e rimandi di forme tra linguaggi, cosmologia, corpi e storia, nascono le Costellazioni che qui vi presentiamo.
Ho incontrato questa giovane e promettente fotografa lo scorso novembre a una lettura portfolio. Il contesto specifico era quello del bellissimo WeLand PhotoFest, ospitato a Specchia, Lecce, e organizzato dall’Associazione Photosintesi. Appena visto il suo lavoro, mi è venuto spontaneo di prenderla un po’ in giro e dirle “Ma tu, sinceramente, che cavolo ci fai qui?”. Da principio rimase sconvolta. Giusto il tempo di un silenzio, poi le spiegai il senso della mia domanda, e il senso era che è piuttosto brava e mi sarei aspettata di confrontarmi con lei a un livello superiore. Cristina Pappadà scoppiò il lacrime per la felicità e non si fermava più. E la sua reazione mi fece pensare a quanto tenesse alla Fotografia, più ancora che al suo ego. Il tema del festival pugliese era dedicato al paesaggio e lei, classe 1990, affascinata dalle immagini fin da bambina e avvicinatasi consapevolmente al mezzo solo nel 2014, usa le forme del corpo e del paesaggio per comunicare sensazioni e stati d’animo.
Il suo stile è già connotato di personalità, nonostante sia evidente la fase ancora acerba dell’espressione artistica, ed è caratterizzato da un sapiente uso del mosso e da bianchi e neri carichi di contrasto e materia, lettura emozionale ed evanescente che utilizza per mostrare al suo pubblico quello che vede nel mondo e che le passa nei pensieri.
Il portfolio che pubblichiamo si intitola XAOC.
CÀOS. Una parola di origine greca, CHÀOS, il cui significato primario è “fenditura” e – simbolicamente – “abisso”; che rimanda anche a un’altra parola greca, CHÀO, che si traduce come “sono vuoto”. Ogni giorno ci muoviamo tra moltissime informazioni e stimoli. Viviamo sommersi da immagini e testi, in aggiornamento continuo davanti ai nostri occhi via social, web, tv e nella vita reale. Sostenerle e immagazzinarle produce dipersione di energia, confusione, caos appunto.
Con le sue fotografie, Cristina Pappadà, ha cercato di dare un senso al suo caos interiore – che è uguale a quello vissuto da ognuno di noi – inquadrando movimenti, forme umane e luoghi geografici in continuo intercalare tra volumi e prospettive. luci e ombre. Dal paesaggio corporeo a quello che ci circonda e ci ospita, si giunge alla prova finale: l’accettazione di sé e dell’umana condizione. Non c’è ancora quiete, nemmeno nei rami che si arrampicano nel cielo. Non è presente un punto di arrivo per questo vagare. Sembrano istanti, sussuti, stadi di passaggio verso la sua coscienza. La fotografia diventa così una cura, uno sfogo e un modo per dare risposta alle numerose domande che di certo la tormentano.
Siamo ormai abituati allo sguardo della fotografia sui volti e sui luoghi delle periferie umane, scatti di compassione e di denuncia. Risulta invece inedita questa esposizione che, coraggiosamente, ribalta il punto di vista. Si tratta di immagini scattate da giovani immigrati, fotografi sperimentali, e del loro sguardo sulla città che li ha accolti-non accolti in una più o meno recente esperienza di immigrazione.
La mostra “Percorso sperimentale di inclusione” si colloca all’interno dell’intervento sistemico che Fondazione Monserrate (attiva dal 1994 con programmi di promozione culturale e sociale in Italia, Asia e sud America) sta realizzando a Milano sul tema dell’inclusione sociale dei migranti. In particolare è frutto delle attività della “Finestra d’Amicizia” di Monserrate, che in 12 anni ha permesso di intercettare più di 2000 persone immigrate che vivono nelle periferie, ha favorito emersione di situazioni di fragilità e
integrazione sociale e culturale di giovani e adulti, sostenuto il cammino verso legalità e autonomia di numerose persone/famiglie con minori, il superamento di esperienze di isolamento ed estraneità ai nuovi contesti di vita, anche grazie ad attività di educazione linguistica e civica e iniziative innovative come percorsi di photolangage e tour storico-culturali e fotografici di conoscenza di Milano.
L’esposizione fotografica, ospitata da Milano Photo Week e Milano Photofestival 2019, è frutto di questo lavoro e del cammino personale di ciascuno di questi ragazzi e giovani adulti, di un percorso che li vede protagonisti e non beneficiari di un aiuto.
Accanto alle foto scattate dai giovani immigrati, sono esposte anche alcune foto scattate dai fotografi professionisti che hanno fatto gratuitamente da tutor durante le uscite fotografiche in città.
Una sezione speciale della mostra è dedicata ai ritratti fatti ai protagonisti del progetto dal fotografo Mattia Zoppellaro, noto per le pubblicazioni sulle più importanti riviste di cultura contemporanea italiane e internazionali.
Mostra fotografica “Percorso sperimentale di inclusione”
Palazzo Bovara, Corso Venezia 51 – Milano
dal 5 al13 giugno 2019
INAUGURAZIONE 4 giugno ore 18
Contatti:
Fondazione Monserrate Via San Vittore, 36/1 20123 Milano
segreteria@monserrate.it tel. 02 4818453 / 338 5411759
Un peccato non esserci, ma le scelte degli organizzatori di The Phair sono categoriche: alla prima edizione possono esporre solo gallerie che siano state invitate a farlo, quasi a voler sottolineare che il comitato scientifico ha un’idea precisa e alta di che cosa debba essere una fiera di fotografia. Nel nome inglese di questa kermesse piemontese si condensano due parole: Photography e Fair, apre il 3 maggio a Torino nella ex Borsa Valori della centralissima via San Francesco da Paola, per restare aperta fino a domenica. I comitato di esperti coinvolti sembra aver guardato davvero nella giusta direzione per dialogare, proporre, riflettere sulla natura stessa di questa arte a centottanta anni dalla sua nascita, sulle nuove strade del collezionismo, sulle motivazioni e sulle scelte delle gallerie. Fanno parte della squadra Luca Panaro, critico e docente a Brera, che assume anche il ruolo di coordinatore del gruppo, Lorenzo Bruni, anche coordinatore di The Others che garantisce una family feeling tra le due fiere, Alessandro Carrer, curatore e docente a Urbino, Cristiana Colli, giornalista e curatrice, Giangavino Pazzola, consulente curatoriale di Camera, e Carla Testore esperta d’arte.
Il progetto, fortemente voluto da Roberto Casiraghi e Paola Rampini, è stato concepito per valorizzare in modo esclusivo un linguaggio artistico su cui è racchiusa una grande dinamicità e fermento culturale, ma pochi contesti di rifermento per proporre a collezionisti, curatori, direttori di musei e collezioni pubbliche e private, l’innovazione e riflessioni sull’immagine. Quasi a voler cercare quel fil rouge che rimetta in ordine la confusione in un mercato relativamente giovane, Roberto Casiraghi spiega: “Ad inviti, perché si voleva selezionare le migliori gallerie italiane tra quelle che focalizzano le loro scelte sulla fotografia. Saranno 35 in spazi di venti mq. uguali per tutti, un allestimento sartoriale, più simile a una serie di mostre che a un impianto fieristico. Si è scelto di dare grande leggibilità all’esposizione per entrare in sintonia con le opere proposte, senza filtri. La formula è piaciuta molto e le adesioni, già in questa prima edizione, sono di altissimo profilo.”
Le gallerie che partecipano sono: 1/9 unosunove di Roma, Francesca Antonini di Roma, Alfonso Artico di Napoli, Enrico Astuni di Bologna, Valeria Bella di Milano (che accoglie alcune opere di Toni Thorimbert), Continua di San Gimignano in provincia di Siena, Massimo de Carlo di Milano, Raffaella De Chirico di Torino, Tiziana Di Caro di Napoli, Doppelgaenger di Bari, Fabbrica EOS di Milano, Studio G7 di Bologna, Gagliardi & Domke di Torino, Guidi &Shoen di Genova, In Arco di Torino, Giò Marconi di Milano, MATÈRIA di Roma, METRONOM di Modena, Montrasio Arte di Milano, Franco Noero di Torino, Davide Paludetto di Torino, Francesco Pantaleone di Palermo, Alberto Peola di Torino, Giorgio Persano di Torino, Photo & Contemporary di Torino, Pinksummer di Genova, Poggiali di Firenze, PrimoPiano di Napoli, Lia Rumma di Napoli, Tucci Russo di Torre Piellice in provincia di Torino, Shazar di Napoli, Paola Sosio di Milano, Traffic di Bergamo, VisionQuesT 4rosso di Genova e Z2o Sara Zanini con sede a Roma.
Una grande varietà di artisti contemporanei italiani e stranieri, nomi affermati a livello internazionale e nuovi foto-artisti frutto di un’attenta politica di scouting, per citarne alcuni: Anri Sala, Simone Mussat Sartor, Tomas Saraceno, Paola De Pietri, Olivo Barbieri, Guido Guidi, Myriam Laplante, Mario Airò, Annette Kelm, Lida Abdul, Giovanno Ozzola, Andy Warhol, Luca Vitone, Robert Capa…
Otto macro argomenti da approfondire, dei quali si parlerà sulla web tv, fruibile sul sito thephair.com attraverso incontri e interviste: l’editoria, i new media, il collezionismo, le fondazioni, i giovani autori, il mercato, il ruolo dei musei e le committenze. Nel programma anche un contest supportato da Nikon per raccontare per immagini l’esperienza di visita con un massimo di 5 scatti condivisi su Instagram: i 10 scatti che otterranno il maggior numero di “like” andranno al giudizio del comitato di consulenza che selezionerà i tre più meritevoli di ricevere una reflex digitale. Lo scatto vincitore assoluto sarà anche pubblicato su La Stampa l’8 maggio 2019.
Nello spazio Polaroid Originals un’esposizione di scatti, non in vendita, realizzati dal fotografo ed artista Alan Marcheselli, capaci di raccontare alla perfezione la magia dello scatto istantaneo analogico Polaroid. Inoltre, ogni giorno, due performance live di Alan Marcheselli che daranno una visione artistica e personale della versatilità della fotografia istantanea Polaroid Originals.
Nella tradizione torinese lo spazio lettura: una libreria con titoli dedicati al tema tutti da sfogliare e acquistare e una bouvette rievocazione storica di un caffè d’altri tempi il “Bar Maggiora” a cui ben si addice l’elegante stile mitteleuropeo del caffè Illy.
L’appuntamento sarà annuale. Dettagli su thephair.com
Viste guidate gratuite condotte dai curatori di The Phair, con prenotazione obbligatoria: orari e iscrizione sul sito www.thephair.com – Orario di apertura al pubblico dalle 12,00 alle 21,00.
Ingresso: biglietto intero 12 euro, 10 euro per i membri della Community Nikon Club (www.nikonclub.it), Abbonamento Musei Torino Piemonte; Torino+Piemonte Card: ridotto 8 euro giovani 12/18 anni e studenti universitari fino a 25 anni
Giacomo Giannini, Tennis, dalla serie “Isle of View” 1987-1992 Stampa Fine Art Gicleé su carta baritata, cm 100 x 94 Ed. 7 + 2 p.a. Courtesy: Paola Sosio Contemporary Art
Arno Rafael Minkkinen Maroon Bells Sunrise 2013 stampa b/n ai pigmenti 130 cm x 100 cm Courtesy: Photo&Contemporary
Annette Kelm Mini Easel Relief, 2018 archival pigment print, framed 84 x 63 cm 85.7 x 64.8 x 4 cm (framed) Ed.: 4/6, II Photo: Roman März Courtesy: Gió Marconi
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.