Portfolio – Andrea Boccini, The Missing Link

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La ricerca dell’ anello mancante: ciò che resta del legame evolutivo che unisce noi umani al resto degli animali, un legame dimenticato, interrotto e rimpiazzato da confini sempre più netti. Un viaggio ai confini tra riserve naturali e aree fortemente antropizzate, dove “civiltà” umana e natura “selvaggia” collidono. In un’epoca famelica di ordine e controllo, che non lascia spazio al selvatico, la convivenza genera conflitti, il mutualismo diventa domesticazione e mercificazione, e l’estinzione si traduce in “esaurimento scorte”, la domanda che supera l‘offerta. Anche gli sforzi di conservazione hanno i loro effetti collaterali, aggravando il peso di certi confini sull’evoluzione stessa.

Un racconto che non mostra buoni e cattivi, bianco o nero, ma un’ area di grigi in cui è difficile individuare il confine tra giusto e sbagliato, una linea sottile tracciata sulla sabbia, come quella tra tra la nostra libertà e quella del resto degli esseri viventi.

La mia libertà finisce dove inizia la tua”. Ricordo questa frase come il primo vero codice di comportamento che si radicò in me. La trovavo equa. Delinea un confine ben preciso nel quale puoi muoverti, un confine netto, ma invisibile. Non ho mai ben capito dove fosse, in fondo non mi era molto chiaro nemmeno il concetto di confine, mi sono sempre chiesto che scopo avesse: contenere o proteggere, imprigionare o salvare? Il primo concetto di confine che capii fu quello tra vivi e morti, apparentemente l’unico confine netto, senza comunicazioni, senza ponti visibili. Il primo vero passo per comprenderlo fu grazie a degli animali estinti, i dinosauri. Osservavo le riproduzioni di queste creature dando per scontato che fossero veritiere. Anni dopo compresi che nessuno poteva conoscere come fossero esteriormente. Nessuna prova. Solo fossili. Questo marchiò a fuoco nella mia mente l’idea di confine. La perdita irreversibile, la fine di qualcosa che lascia solo ossa e immaginazione.

Oggi questo processo si sta ripetendo: sesta estinzione di massa e siamo noi umani, dalla vetta conquistata da predatore alfa, a spingere ogni forma di vita diversa da noi oltre quel confine. Da protagonisti poniamo il limite alla libertà o sopravvivenza di ogni altra creatura, tracciando linee di accettabilità da spostare a seconda della morale, della cultura, della convenienza o delle evidenze scientifiche. Selvaggio e addomesticato subiscono lo stesso confine: non più liberi di autodeterminare la propria condizione.

Dove finisce la nostra libertà individuale? La nostra libertà collettiva? La nostra libertà come specie? Dov’è il nostro limite? Abbiamo avviato questo progetto per trovare questi limiti insieme al legame che unisce l’uomo al resto degli animali selvatici e volevamo farlo prima che l’estinzione portasse via tutto ciò che di selvatico è rimasto. “Amnesia Ambientale Generazionale”. Uno studio del professore in psicologia dell’università di Washington, Peter Kahn, dice che stiamo perdendo la memoria di come fosse la natura: “Con ogni generazione successiva, la quantità di degrado ambientale aumenta, ma ogni generazione tende a percepire la condizione degradata come la condizione non degradata, come la normale esperienza.”

La ricerca ci ha ricondotti all’origine di tutti noi, in quei luoghi dove il sapiens ha per la prima volta mosso i suoi passi alzando la testa al firmamento, dove ancora oggi sopravvivono alcuni tra gli ultimi primati rimasti, i gorilla e gli scimpanzé, i nostri parenti più stretti, la nostra famiglia. Casa, insomma. Tornati alle origini abbiamo compreso qual era la vera ragione della nostra ricerca: volevamo riconnetterci, ricucire il nostro legame dimenticato, ricordare le nostre radici selvatiche, sentirci randagi. Ed è proprio vero. Diventa evidente una volta tornati alla quotidianità del mondo civile. Siamo scollegati, come ingranaggi distaccati dal motore centrale, sparati lontano dalla centrifuga delle nostre ossessioni. Fa male questo distacco. Mi spezza. Sento qualcosa di grosso che manca. Una memoria mancante. Un legame mancante.

Note biografiche

Spinto dalla passione per la natura selvaggia, Andrea Boccini (Firenze, 1989), è un fotografo documentarista che ha fatto della conservazione della fauna selvatica la sua missione. Completati gli studi scientifici e artistici, ha lavorato in diversi settori: dal teatro alla video produzione, dalla grafica editoriale a quella pubblicitaria. Nel 2015 le prime mostre collettive a Milano e Recanati. Nel 2016, inizia il progetto fotografico indipendente in corso, “The Missing Link”, un documentario che lo ha portato a lavorare come volontario per la conservazione di specie a rischio ed ecosistemi vulnerabili in tre continenti nei luoghi più remoti. Dal 2019 il progetto è entrato nelle selezioni vincenti dei concorsi “Life Framer”, “International Photography Awards”, “ND Awards”, “Annual Photography Awards” e “Luganophotodays” ed è stato esposto a Pollenza (MC), Città di Castello (PG), Cortona (AR) e Perugia. Nel 2022 ha conseguito la qualifica di “Padi Coral Reef Restorator” operando come volontario per la conservazione delle barriere coralline dell’Oceano Indiano con l’associazione Reefolution. Dal 2024 è reporter per ND Magazine.

Instagran: @andreatheboch – @the_missing_link_doc

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