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Portfolio – Nicole Russo, Visioni Extratemporali

“Tra mistero e ricerca, tra luoghi e non luoghi, tra realtà e sogno: è qui che le mie visioni hanno un inizio, ma non hanno una fine.” Così esordisce questa giovane fotografa per presentarci il progetto che pubblichiamo. Parte dalle sue stesse radici, dalla memoria che il mezzo fotografico ha da sempre il compito di conservare e al quale lei affida i ricordi e la celebrazione di un antenato artista che parecchie tracce deve aver lasciato nel suo animo. Come in una sequenza filmica fatta di fotogrammi atemporali e di flashback, di reperti conservati e soste nel presente, indaga il senso stesso della sua identità svelandoci un nonno scultore che creava figure ancestrali, oniriche, utilizzando materia proveniente da altri esseri viventi: gli alberi. Legno che prende forma dalle mani e diventa altro, fino a incanta una bimba lasciandole indelebili ricordi intimisti. Dal ceppo grezzo alle forme scultoree fino all’operazione meccanica e visuale compiuta da lei anni dopo, per una lettura aggiornata che di nuovo si ritrasforma in materia nelle stampe preziose che realizza, in un dialogo costante tra mondo naturale ed esseri umani. (Barbara Silbe)

 

Come lei stessa racconta: “Ho sentito il bisogno di indagare e intraprendere un viaggio emotivo attraverso l’identità familiare e personale. Una ricerca estetica dove si intravedono connessioni con la natura e con la dimensione onirica della mente. Mio nonno Gaetano in “Visioni Extratemporali”, testo risalente agli anni ‘70’ 80, descrive minuziosamente alcune visioni che lo colgono in un momento di convalescenza dettato dalla malattia (un’influenza): un susseguirsi di immagini, alcune mostruose, altre curiose, fino all’apparizione di un angelo custode.”

“Visioni Extratemporali” nasce dall’esigenza di reinterpretare e dar nuova forma, attraverso il mezzo fotografico, alle opere in legno da lui realizzate negli anni ’80. Era scultore e artigiano. Dai suoi pensieri trascritti deriva il titolo e la natura del progetto stesso. Raccontava di visioni, volti e maschere, che prendevano poi forma nelle sue sculture. L’immagine “Incondizionato Essere” rappresenta in questo senso un punto di partenza, un’apparizione luminosa, una figura misteriosa che cerca sé stessa nel mondo.

Velatamente si parla di liaison: connessioni con la natura e con la mente, e soprattutto con la famiglia, ossia il contesto da cui veniamo e le relazioni che, come i rami di un albero, ci tengono legati alle persone a noi care, i primi modelli di riferimento che impariamo ad osservare, a conoscere e ad amare.

Si tratta di un viaggio emotivo, che diventa una ricerca verso la propria identità- personale e familiare. Da qui la progressiva scomparsa della maschera e la perdita del contatto con la natura nuda che man mano diviene legno e oggetto tangibile. L’indagine romantica ed estetica sul confronto tra la dimensione umana e quella spaziale è preponderante ma viene alternata alla ricerca psicologica e più intimistica che ha il suo apice con l’autoritratto dell’artista.

Lo scatto Hand of Memory è catartico: attraverso un’esplosione di emozioni contrastanti l’artista rivede i ricordi legati al suo passato e si ricongiunge al tocco della nonna materna.

Hand of Memory, 2018

Selfportrait

Con le poche forze che le erano rimaste, appoggiò delicatamente la sua mano stanca sulla mia. Le gocce fuori tintinnavano ininterrottamente. C’era odore d’inverno e il freddo mi penetrava le ossa. A differenza della mia, la sua mano era calda, al tatto morbida e segnata da ottantatré anni di vita. In quel momento sentii una scossa di calore scendermi per tutta la schiena. Una sensazione infinita, durata però solo il tempo di un attimo.

Mi alzai di scatto; tutto intorno a me sembrava svanire, e senza ricambiare “l’abbraccio”, me ne andai. Tra le mie paure, l’intensità del suo tocco se ne andò per sempre.

Le fotografie appaiono emblematiche ma al contempo razionali, pulite, nitide, lasciando intravedere gli insegnamenti derivati dalla formazione grafica dell’artista.

Oltre alla forte ricerca in fase preliminare, fondamentali diventano le successive fasi di post-produzione, editing e scelta delle tecniche di stampa.

 

La scelta di stampare alcune fotografie ai sali di platino e palladio, grazie al prezioso supporto di Giancarlo Vaiarelli, maestro in questa antica tecnica, è stata fatta con l’obbiettivo di ridare ai soggetti la propria essenza materica quanto più lunga nel tempo.

 

Lo scatto Madre con maschera, 2018 è l’approdo e la ricerca di equilibro di una figlia nei confronti di una madre, il punto di riferimento che ognuno ricerca nel mondo. Un corpo che crea l’orizzonte tra terra e spazio infinito. L’acqua rappresenta la vita, la nascita e il mutamento del corpo.

La maschera è la continua ricerca di identità.

 

Da essere Umano questa è stata la scintilla che mi ha spinta a percorrere un viaggio per

comprendere a pieno me stessa e i miei valori.

Quando le mie ricerche si sono focalizzate sulle sculture in legno che mio nonno Gaetano ha

lasciato in eredità alla mia famiglia, ho trovato un mezzo per mettermi in contatto con lui.

Un dialogo che ha innescato un viaggio a ritroso nel tempo fino allesatto istante in cui è stato

spinto dal bisogno di realizzare queste opere.

Più scoprivo sulle sue visioni e più prendevo coscienza del mio ruolo in questa storia.

Chi sono io quindi?

Sono un messaggero, un narratore, che con il suo linguaggio mette in contatto il passato con il futuro e la speranza di lasciare alle persone che si ritroveranno nella mia storia un modo per ritrovare se stesse.”

 

Note biografiche

Nicole Russo è nata nel 1994 sulle rive del Lago di Garda. Laureatasi in Graphic Design e Comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brescia nel 2017, fin da subito inizia a lavorare come fotografa in ambito pubblicitario, sviluppando una particolare passione per la ritrattistica e avvicinandosi al mondo della moda. Successivamente, decide di approfondire le sue conoscenze nel campo della fotografia iscrivendosi al Master presso l’Istituto Raffles di Milano, durante l’anno accademico 2017/2018. Qui ha avuto modo di lavorare con professionisti di fama internazionale e di approfondire temi legati al mondo delle belle arti e al mercato dell’arte. A giugno 2018 partecipa alla mostra collettiva “The Embarrassment Show” curata da Erik Kessels in collaborazione con Raffles Milano, esponendo le sue opere allo Spazio O’ di Milano. Nello stesso anno viene selezionata per un workshop diretto da Christopher Morris all’interno del circuito “Milano PhotoWeek”, con il supporto di Samsung Electronics Italia, ZERO e Sky Arte.

Nel 2019 partecipa alla mostra collettiva Fotografia Zero Pixel, festival fotografico internazionale pensato per dare voce alla fotografia analogica. Sempre nello stesso anno espone i suoi lavori alla mostra collettiva ImageNation Paris, dove viene confermata per l’edizione 2023.  Nel 2022/2023 è chiamata alla Direzione Artistica di un brand di hair & skin care, per il quale ha curato l’immagine dalle scelte editoriali e di branding alla realizzazione di una visual identity. Attualmente Nicole lavora come fotografa nel settore della moda e delle belle arti.

 

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Portfolio – Gabriella Vaghini, Amricord

Come una collezionista di piccole storie, questa autrice si muove sul filo della memoria, raccogliendo interviste visive e reperti ambientali, o piccoli attimi che la riportano alle sue stesse radici. Con un atteggiamento delicato, sperimenta, ma risoluta su che vuole ottenere dal suo progetto, va casa per casa per un racconto lirico che mette a confronto l’eco del passato con un mondo contemporaneo fatto di minuzie, spensieratezze, volti e case accoglienti che non hanno perso quella stessa magia che le raccontava la nonna. Le soste che compie il suo sguardo ci riportano a una dignità antica, povera eppure pronta all’ospitalità, fatta di cose semplici e, per questo, a noi così familiari.

 

Amricord”, in dialetto parmense “mi ricordo”, rappresentava per me l’incipit di una delle tante storie che mia nonna mi raccontava. 

Era un po’ il “c’era una volta” che spalancava davanti ai miei occhi di bambina, accudita da lei prima, e a quelli dell’adulta che se ne occupava poi, una serie di aneddoti che avevano come protagonisti personaggi variopinti, alcuni dei quali con soprannomi fantasiosi. Quando ha perso suo figlio, mio padre, nonna Gina ha gradualmente smarrito anche la memoria del tempo presente. Al contrario, i ricordi del passato, delle sue origini e della sua gente, sono rimasti ben saldi dentro di lei e ai suoi racconti, resistenti alle intemperie del tempo e ai dispiaceri, proprio come la casa in pietra del paesino dove è nata e vissuta prima di incontrare e sposarsi con mio nonno e trasferirsi a Genova.

Bore, in provincia di Parma, è una piccola realtà con pochi abitanti e con l’aria buona. In alcuni punti sembra che il tempo si sia fermato, le persone sono gentili e quando incroci qualcuno per strada ti saluta sempre. Sono tornata lì per raccontare con le immagini i suoi ricordi e rivederli alla luce del presente. Ho fotografato i posti di cui mi parlava, ho rintracciato le persone che conosceva direttamente o che sono radicalmente e visceralmente legate alla sua terra. Inevitabilmente le storie di nonna sono diventate un po’ anche le mie, gli sguardi delle persone e le loro vite mi sono entrati nel cuore, i posti nell’anima.

In una delle prime foto che ho fatto, c’è una sedia vuota che guarda sul panorama. Ho immaginato che lei fosse lì seduta a ricordare e a rivivere, attraverso i miei occhi, quella parte della sua vita da cui non si è mai distaccata del tutto, nonostante la distanza, gli anni e la malattia.

(Gabriella Vaghini)

 

Note biografiche

Mi chiamo Gabriella e vivo in provincia di Roma. Sono attratta fin da piccola dalla potenza delle immagini. Quando ho preso in mano la mia prima macchina fotografica, anni fa, è stata una scoperta bellissima, ma allo stesso tempo la cosa più naturale del mondo. La fotografia, oltre a essere il mio lavoro, è per me memoria e quindi conservazione e testimonianza, ma anche scoperta dell’altro e quindi inevitabilmente di se stessi. E’ catartica, il canale più immediato attraverso cui esprimere quello che ho dentro, le mie emozioni a cui spesso fatico a dare un nome. E’ libertà. Quando attraverso momenti difficili o di cambiamento profondo, monto la macchina fotografica sul cavalletto davanti a me, scatto e mi riconosco.

INSTAGRAM  https://www.instagram.com/gabriellavaghini/

SITO https://portfolio.gabriellavaghini.it/

 

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TERRE DI LOMBARDIA – II° Edizione – 2023 Fotografia, Territorio, Archivio

Nell’ambito della IX edizione della rassegna Archivi Aperti, dal 21 ottobre al 12 novembre 2023

L’Archivio Fotografico Lombardo (AFL), istituito nel 2021 nel comune di Castellanza (VA) per promuovere la conoscenza del territorio, sotto il punto di vista storico, paesaggistico, ambientale e sociale, nell’ambito della IX edizione del progetto nazionale ARCHIVI APERTI – RETE FOTOGRAFIA, in collaborazione e con il patrocinio del Comune di Castellanza e della Provincia di Varese, con la consulenza e il supporto tecnico dell’Archivio Fotografico Italiano APS e del curatore Claudio Argentiero propone dal 21 ottobre al 12 novembre 2023 la seconda edizione della rassegna di TERRE DI LOMBARDIA.
Partner dell’iniziativa che hanno condiviso e patrocinato la rassegna: Provincia di Varese, Ordine degli Architetti della Provincia di Varese, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Milano, ANBI Lombardia, Museo della Fotografia di Brescia, Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus,

LE MOSTRE

PAESAGGI DELLA PIANURA – AUTORI VARI
Courtesy ANBI – Lombardia
Per la comprensione e la gestione del territorio rurale e del paesaggio agrario, la Regione Lombardia – Direzione Generale Agricoltura – e URBIM hanno dato avvio al Progetto Osserva.Te.R. (Osservatorio del Territorio Rurale) che esamina situazione e problemi della pianura lombarda. Osserva.Te.R. nasce da alcune considerazioni e scelte precise. A cavallo del duemila la Lombardia si presenta come un territorio fortemente antropizzato e altamente produttivo, ma ricco ancora di spazi agricoli, di segni e di presenze naturali e culturali di grande valore storico e identitario. Tuttavia la singolare armonia tra uomo e ambiente che ha costituito l’elemento fondante e continuativo del suo sviluppo rischia di entrare definitivamente in crisi a causa dell’invadenza sempre più minacciosa dell’urbanesimo d’oggi che divora spazi
e risorse. I segni di questa crisi sono rilevati in modo sensibile dallo stesso paesaggio che va invece tutelato nelle sue specifiche componenti in quanto costituisce un elemento fondamentale di identità e condizione essenziale per il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni. Ma il paesaggio non è una realtà obiettiva in sé conclusa che si esaurisce come una percezione momentanea di una tonalità definita. Il paesaggio infatti vive, pulsa incessantemente ed è il risultato dell’evoluzione di numerosi elementi che concorrono alla sua formazione: le acque, il suolo, le coltivazioni, le cascine, gli animali, la
vegetazione… e soprattutto la presenza e l’azione quotidiana dell’uomo. Ognuno di questi elementi viene analizzato nelle sue specificità, problematiche e cambiamenti dall’Osservatorio del Territorio Rurale, che svolge su ciascuno approfondite analisi scientifiche, condotte da studiosi e tecnici di varie discipline, e ampie campagne fotografiche svolte dai maggiori fotografi italiani, che con il loro contributo e una visione autoriale documentano i luoghi offrendo punti di vista da cui partire per una riflessione che tenga conto del rapporto uomo e ambiente.

STORIA, MEMORIA, OBLIO
DIMORE, VILLE, ARTE E ARCHITETTURE LOMBARDE IN ABBANDONO
Progetto e immagini di Stefano Barattini
Stefano Barattini ha iniziato a fotografare nel 1979, unendo l’interesse del viaggio viaggiare indissolubilmente alla fotografia. Dal 1990 (per circa 5 anni) inizia la sua collaborazione con la rivista Mototurismo e in seguito Scooter Magazine, dove ha pubblicato diversi reportage di viaggio e altri articoli legati al mondo degli scooter. Dopo una pausa di riflessione, nel periodo in cui stava nascendo l’era digitale, ha ripreso la fotografia adattandosi alle nuove tecnologie, sempre legandola ai viaggi soprattutto in Africa. L’architettura (con particolare interesse per il periodo razionalista) e gli spazi suburbani in
continua crescita dove la presenza umana, nei suoi scatti, è quasi sempre assente, sono temi che tratta periodicamente. Dal 2013 ha iniziato, con grande interesse e soddisfazione, a fotografare i luoghi abbandonati, soprattutto le aree industriali. Posti che emanano un fascino unico, fatto di luci e ombre, di polvere, odori e grandi silenzi ma soprattutto di ricordi. E sono questi ricordi, queste tracce del passato, che va a cercare e cattura con la macchina fotografica, perdendosi negli ambienti alla ricerca dell’inquadratura adatta e della luce giusta per meglio rappresentarli; una sorta di universo parallelo che
vive a poca distanza da noi e che la fotografia contribuisce a riportarlo per un momento in vita. Dal 2018 ha iniziato ad avvicinarsi alla fotografia aerea tramite drone. Questo strumento permette di avere una visione differente da chi sta coi “piedi per terra” ed è in grado registrare immagini del territorio difficilmente raggiungibili dall’occhio umano se non avvalendosi di strumenti esterni come elicotteri o aerei da turismo. La sua ricerca è volta a scoprire quali geometrie si nascondono nella costruzione e gestione dei campi lavorati dall’uomo. Ha esposto le sue immagini in festival, rassegne e mostre personali a livello
nazionale e ha ottenuto riconoscimenti significativi per lo stile e la ricerca che da anni persegue con talentuoso approccio.

La mè Brèssa
Fotografie di Piero Manenti
Pietro Manenti ha sempre dimostrato la dedizione e la passione di un fotografo che per decenni ha immortalato, in silenzio e con umiltà, la sua Brescia in tutte le sue sfaccettature, ritrovandola nei visi dei personaggi che nell ’arco della sua produzione ha incontrato. È la Brescia degli angoli nascosti della provincia, dei vicoli del centro storico, delle persone messe ai margini, dei mestieri ora scomparsi. Questa mostra raccoglie una selezione degli scatti che Manenti ha dedicato alla sua città e alla sua provincia, ora conservati nell’Archivio del Museo Nazionale della Fotografia Cinefotoclub Brescia, di cui è stato Socio e Consigliere. Pietro Manenti negli anni ‘70 viveva quotidianamente il centro storico: abitava in Contrada San Giovanni e aveva il proprio laboratorio di falegnameria in Vicolo dell’Anguilla, nel cuore pulsante del Carmine, quel quartiere che per molti rappresentava qualcosa da cui prendere le distanze. Manenti conosceva l’umanità che abitava queste vie, la gente per questo si fidava di lui e di conseguenza da lui si lasciava fotografare senza timore. Ha sempre amato fotografare le persone, con quella buone dose di audacia e intraprendenza, che gli permettevano di avvicinarsi, entrare in confidenza e
scattare. L’operazione dello scatto preferiva viverla da solo: all’epoca si diceva che “a morose e a fotografare era meglio andare da soli” e questo lo faceva aggirandosi per la città e per la provincia con le sue Nikomat e Minolta a pellicola con obiettivo 50 mm, quell’obiettivo che lo stesso Henri Cartier-Bresson diceva riuscire a restituire un’immagine in tutto simile a quella vista dall’occhio umano e permetteva di avvicinarsi maggiormente alle persone. Emoziona vedere oggi in queste immagini in bianco e nero di Piero Manenti, un centro storico che non c’è più ma che fa parte ormai del nostro immaginario
collettivo. ll centro storico della nostra città, e in particolare la zona del Carmine, negli ultimi anni sta vivendo una nuova primavera: gente che passeggia la sera per i suoi vicoli, ragazzi che affollano fuori e dentro i suoi locali, luci e colori, suoni. Sono fotografie nel puro stile “da strada”, che Manenti curava dalla fase della ripresa alla fase dello sviluppo e stampa in camera oscura: ha immortalato la vita, il brusio, la tranquillità, la quotidianità di un quartiere che per troppo tempo è stato considerato “pericoloso”. Un’umanità varia, che si ferma o cammina per Vicolo Borgondio, Pozzo dell ’Olmo, Contrada Carmine.
Colpisce ora vedere lo Stagnì che riveste di stagno le pentole di rame, la straccivendola con il suo carretto di legno che stanca si siede a chiacchierare con i passanti o la signora che nel suo laboratorio crea a mano pupazzi e giocattoli. Ci sono le strade non ancora asfaltate, i muri dismessi, la signora indaffarata in un cortile che non era altro che la sua casa, la venditrice di lavanda che sul sagrato di San Pietro in Oliveto consuma il suo frugale pasto, i bambini che divertiti corrono su un carretto per gli stretti vicoli. Ci sono anche i momenti di festa come il matrimonio in Vicolo Borgondio e la festa in Maddalena con i visi divertiti dei partecipanti al gioco del tiro alla fune. Ma non solo centro storico: troviamo fotografie scattate nella nostra provincia, in Franciacorta, a Borgonato, in Val Brandet, a Campo Vecchio. Immagini della
fine degli anni ‘70, dei primi anni ‘80 del 1900, in cui tutto sembra così lontano ora, di fronte ad un centro storico che è meta della mondanità e delle serate dei bresciani. Conoscere la storia attraverso la fotografia. Rivivere il passato oppure conoscerlo e prenderne consapevolezza. Provincia di Brescia inizi anni 1980. Le cascine e il loro mondo fatto di semplicità. Ecco cosa racconta Piero Manenti con la serie “Ricordi di vita in cascina”, dedicata alla provincia da cui si era spostato per trasferirsi in città, rimanendo sempre legato a quel mondo contadino, umile e sobrio. Queste fotografie in bianco e nero ci parlano di portici assolati in cui riposarsi dopo un faticoso lavoro, di bambini che giocano sporchi all’aria aperta, di salami messi a stagionare nelle umide cantine, di donne che lavano i panni nei secchi, di strade non asfaltate e bagnate, di messe celebrate nei cortili delle case, di scope di paglia, di mungitura di mucche, di tavole imbandite e di volti sorridenti. Un mondo a pochi chilometri dalla città, che manteneva vivo il senso di comunione, di famiglia intesa come vita di condivisione in uno spazio circoscritto, quello della cascina, in cui le abitazioni convivono con stalle, fienili, ambienti per la fabbricazione di cacio e burro e magazzini vari, raccolti intorno ad un grande cortile, che diventa l’anima pulsante del luogo. Fotografie come documenti, come testimonianze, cariche di emozione, velate di quella nostalgia e di ricordo, di quella patina di “mondo antico” a cui siamo indissolubilmente legati, che fa parte del nostro modo di vivere la nostra città e la nostra provincia, in cui abbiamo ancorate le nostre radici. (Luisa Bondoni, storica e critica della fotografia)

Piero Manenti nasce a Cossirano – Trenzano, il 12 gennaio 1939. A ventidue anni si trasferisce a Brescia e – nel 1975, dopo essersi iscritto al Cinefotoclub di Brescia – inizia a fotografare. Ha partecipato a più di cinquanta mostre fotografiche collettive e a numerose mostre personali, tra cui ricordiamo “Brescia moderna” (Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia negli anni ʼ80) e “Sensazioni in bianco e nero” (Sala dei Santi Filippo e Giacomo, 2013). Le sue fotografie sono pubblicate su importanti volumi fotografici: Brescia, antica della Lombardia, Brescia, la città degli anni ʼ90, I Brusafer della Franciacorta, 50 anni di storia in un click e 1953-2013: 60° anniversario Cinefotoclub. Eʼ stato insignito dalla Fiaf dellʼonorificenza di Bfi, Benemerito della Fotografia Italiana.

PROIEZIONI – CONFERENZE – PRESENTAZIONE DI LIBRI
Villa Pomini – sala conferenze – Castellanza (VA)
SABATO 28 OTTOBRE 2023 – ore 17 – ingresso libero
CONVERSANDO DI FOTOGRAFIA E CINEMA – Proiezione commentata
IL PAESAGGIO E IL LAVORO
nel cinema di ERMANNO OLMI
Relatore ROBERTO DELLA TORRE – Docente di storia del Cinema
Al termine visita guidata alle mostre
SABATO 4 novembre 2023 – ore 17 – ingresso libero
PRESENTAZIONE DI LIBRI – RACCONTI E IMMAGINI
Giuseppe Chiavaroli/autore
IL CASO DELLA BOTTEGA FOTOGRAFICA CHIOLINI DI PAVIA
Claudio Manenti / autore
ANDEM TUCC A MILAN
DOMENICA 5 novembre 2023 – ore 17 – ingresso libero
URBEX
FOTOGRAFARE L’ABBANDONO – Proiezione commentata
Incontro con il fotografo STEFANO BARATTINI
Al termine visita guidata alle mostre

INFORMAZIONI E CONTATTI
Luogo: Villa Pomini – Via Don Luigi Testori, 14 – Castellanza (VA)
Periodo espositivo: 21 ottobre – 12 novembre 2023
Inaugurazione-Presentazione e visita guidata alle mostre: 21/10/2023 ore 17
Orari visita: sabato 15,30-19 / domenica 10-12 – 15/18,30 – Ingresso Libero
Coordinazione: Archivio Fotografico Lombardo
Curatore: Claudio Argentiero /Afi
e-mail: afi.fotoarchivio@gmail.com ; sms 3475902640 – WhatsApp 333 3718539

 

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Arriva a Milano il Big Event della fotografia

Il capoluogo lombardo si prepara al “Big Event”, fiera-mercato della fotografia che si svolgerà sabato 14 e domenica 15 ottobre 2023 alle Officine del Volo (ex Officine Aereonautiche Caproni) in via
Mecenate 76/5 dalle 9.30 alle 19.00. L’iniziativa, ideata e organizzata da Fabio Prina e Giuseppe Ferraina, responsabili rispettivamente di FcF Forniture Cine Foto e di Milano Sunday Photo, si presenta come una grande festa della fotografia e si svolgerà con la collaborazione di Loredana De Pace / Studio CAOS in veste di Culture & Communication Manager. Una due giorni che mette insieme tutte le anime della  fotografia: aziende, leader, addetti ai lavori, professionisti, appassionati e amatori, ma che si rivolge anche al grande pubblico offrendo un’altra prospettiva per persone di tutte le età che si sentono sempre più
protagoniste del mondo dell’immagine contemporanea, ma che spesso si affidano al proprio smartphone e non si sono mai confrontate con una vera macchina fotografica.
L’evento sarà aperto a tutti, il pubblico potrà toccare con mano le ultime novità nel campo dell’imaging e della tecnologia più innovativa, incontrare da vicino i grandi fotografi contemporanei e confrontarsi con alcuni nuovi autori che hanno già raggiunto un’ottima capacità artistica ma ancora non sono riconosciuti a livello nazionale e internazionale, e che metteranno in vendita a un prezzo sostenibile una loro opera fotografica. Il tutto in un’atmosfera dinamica, underground di festa e gioia, con ottima musica live e, nelle parti esterne della location scelta per il Big Event, con alcune principali proposte di Street food, così da richiamare anche i semplici curiosi, che non hanno nella fotografia il loro principale interesse, ma che della fotografia amano e riconoscono la magia e vorrebbero saperne di più.

Proprio pensando a questa fascia di pubblico il Big Event offre innanzitutto la possibilità di conoscere le novità del settore proposte dai principali Brand della tecnologia fotografica: Sony, Canon, Videndum (Manfrotto, Joby, Gitzo, Lowepro, Avenger, Lastolite, Syrp), Nital (Nikon, DJI, Lexar, Polaroid), Fujifilm, Attiva (Eizo, Wacom, Lacie), Polyphoto (Om System, Tamron, Angel Bird), Asphot Pro (Godox, Saramonic, Delkin Device, Dorr), FF Distribuzione (Tamrac, Rollei), Rinowa (Tokina, Tenba, Hoya, Benro, Nissin, 7Artisan, TTartisan), Gruppo TFS (Nanlite, Sirui, Kase), Fowa (Panasonic, Hasselblad, Samyang, Zeiss, Kodak), Image Consult (Laowa Venus Optics, Kaiser, Hensel, Billingam, Tethertools, Omnicharge), Aedi Jewels, Canon Sistemi per la stampa fotografica, Polaroid, Insta360, Fujifilm Instax.

E poi spazio alla cultura. Accanto all’aspetto tecnico e professionale del mondo fotografico, la kermesse propone anche un taglio più artistico, che prevede mostre e incontri con alcuni fra i più importanti fotografi internazionali.

I TALKER
Lorenzo Morandi (Nikon), Paolo Verzone (Canon Ambassador), Giulia Parmigiani (Sony), Enrico Farro (Manfrotto), Ugo Baldassarre (OM System), Sara Lando (Fujifilm), Paolo Baccolo (Attiva), Emanuele Lucchetti (OM System), Giulio Di Sturco (Fujifilm), Massimo Sestini (Canon), Francesco Brunello (Nikon), Giovanni Auletta (Sony), Avv. Costantino Monteleone (Cosmo Legal Group).

AUTORI PRESENTI
Alessandro Accossato, Federica Antico, Giusy Baffi, Nicola Bertoglio, Selina Bressan, Roberta Cimadoro, Marcello Colombo, Mario Cucchi, Mauro De Bettio, Matteo De Cillis, Dalila De Luca, Flash Photo Center, Francesco Fontana, Giorgio Formenti, Fuorifuoco, Giuseppe Giudici, Stefano Germi, Giovanni Grassi, Cesare Gualdoni, Alberto Lagomaggiore, MADE4ART, Ivan Manzone, Vito Margiotta, Sonia Marschaleck, Tiziano Masciadri, Carlo Milani, Orti Fotografici, Vittoria Panerai, Alberto Ravelli, Andrea Scabini, Rocco Scattino, Marco Urso, Toby Vignati, Barbara Vittoria Vitale, Zamenhof Art.

LE MOSTRE
– Spiriti della foresta di Juan Borja, in collaborazione con la Fcf Gallery
– Volare! di Massimo Sestini / Sponsor Canon
– Volare! con le foto degli studenti dell’Istituto Italiano di Fotografia di Milano / Sponsor Fujifilm

 

INFO

Officine del Volo, Via Mecenate 76/5
14 e 15 ottobre 2023 dalle 9.30  alle 19.00
Biglietto di ingresso: Intero € 9. Ogni biglietto è valido per l’ingresso a una giornata
È possibile acquistare in anteprima il biglietto al costo di € 5,80 direttamente su https://tinyurl.com/3nh8kuwm
Per informazioni
info@milanosundayphoto.it | www.milanosundayphotobigevent.it

 

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Mostre – Romanzo Italiano

Un affresco a quattro mani sul tema del matrimonio che si fa specchio della società italiana, è questo il senso della mostra che vede protagonisti i fotografi Franco Carlisi e Francesco Cito. Un corpus di 120 fotografie in bianco e nero dei due autori saranno in mostra dal 12 al 29 ottobre presso lo Spazio Field di Palazzo Brancaccio a Roma, a cura di Giusy Tigano. Organizzato dall’agenzia fotografica milanese GT Art Photo Agency in collaborazione con SMI Technologies & Consulting Srl, con il patrocinio del Municipio I Roma Centro il confronto tra loro consente un dialogo tra stili per comporre insieme una narrazione a due voci su un tema comune, quello del matrimonio. Osservando le fotografie di Carlisi e Cito ci si trova di fronte a un romanzo per immagini intenso, incalzante e sorprendente, che esce completamente dagli schemi e rimane impermeabile alle convenzioni classiche della più comune fotografia di settore, ancorata a stereotipi di stile e di linguaggio, per lasciare spazio a un’esplorazione del tema defilata, spiazzante e in controtendenza. Le immagini in mostra si susseguono e si intrecciano come elementi armonici di una partitura che si ripete quasi immutata da secoli, per raccontare – con sguardo a volte poetico e a volte ironico e disincantato – le sorprese emotive e i molteplici risvolti relazionali e sociali di uno dei riti di passaggio fondamentali della nostra società e della nostra cultura.

Le opere di Franco Carlisi sono una selezione del più ampio progetto “Il Valzer di un giorno”, il cui libro è stato vincitore del Premio Bastianelli nel 2011 e del Premio Pisa nel 2013. Il giorno è  quello delle nozze, in una Sicilia nascosta, periferica, esplorata oltre il recinto delle codificazioni e delle convenzioni entro cui i protagonisti del rito matrimoniale costruiscono la loro recita. Nel sontuoso bianco/nero delle stampe, di suggestione quasi barocca, le fotografie accettano la sfida del tempo, per sorprendere nel suo flusso caotico l’attimo in cui il senso si rapprende, in un abbraccio, in una movenza, nella lacrima di una sposa, in una coppia che si invola in una giostra, dispiegandosi in una spazialità ricca di sinuosità e di anfratti, di tonalità intermedie fra lo scuro denso delle ombre e i bianchi accesi di una luce che non si arrende.

“L’occhio di Franco Carlisi coglie continuamente dei “fuori campo” e ce li restituisce, direi proprio da narratore, con straordinaria vivezza e intensità. Le foto matrimoniali di solito anelano all’evanescenza, alla leggerezza, alla purezza, alla solennità. Invece, attraverso lo sguardo  di Carlisi, tutto diventa carnale, vissuto forte, reale, senza mezze tinte” (Andrea Camilleri, introduzione al libro fotografico “Il Valzer di un giorno” di Franco Carlisi).

La selezione fotografica del maestro Francesco Cito è invece parte della sua più vasta indagine dal titolo Matrimoni Napoletani” (o “Neapolitan Wedding”), vincitrice del prestigioso World Press Photo nel 1995 (categoria “Day in the life”, 3° premio). Anche in questo caso, non si rinviene traccia della staticità e della monotona ripetitività della classica fotografia matrimonialista “di mestiere”, spesso assoggettata per necessità alle specifiche richieste degli sposi; si delinea piuttosto una cifra espressiva fortemente autoriale e slegata dai dettami della fotografia di genere convenzionale e stereotipata.

“Napoli, perché sposarsi qui non è solo folclore ed esibizione. Non è solo un giorno speciale nella vita, intesa come la vita vera. Tutto il contrario è la sospensione dell’ordinario, il trasferimento momentaneo ma radicale di un’intera comunità parentale, amicale, sociale in un’altra dimensione, senza più alcun rapporto con l’esistenza ordinaria di tutti. Cito affronta una ‘struttura’ possente, coerente, collaudata, funzionante: il moderno matrimonio foto-genico nella sua fenomenologia più completa e pura. E la de-struttura per comprenderla e smontarla con cura, con i guanti e il monocolo all’occhio, come si fa con il meccanismo di un orologio di cui, da fuori, si vedrebbe solo l’ostentato ticchettio e il circuito delle lancette” Michele Smargiassi, introduzione al libro fotografico “Neapolitan Weddings” di Francesco Cito).

La mostra evento “Romanzo italiano” si sviluppa all’interno dello Spazio Field accompagnata da un’installazione artistica di particolare impatto, curata dallo studio di Architettura luoghiCOMUNI, che esalta l’intensità evocativa delle immagini e ne rafforza la potenza comunicativa. Studiata per creare suggestioni e facilitare visioni personali, l’installazione si sviluppa attraverso le diverse sale espositive in modo silenzioso e acromatico, stimolando un continuo rimando tra le immagini e la storia personale di chi visita la mostra. Accompagnando nel visitatore un crescendo emotivo e avvolgente, nell’ultima sala di questo percorso immersivo l’installazione ricrea la giusta distanza per lasciare spazio alla visione soggettiva e ad una riflessione più riservata su tutto ciò che è “il prima” ed “il poi” di  questo giorno speciale tanto atteso e carico di significati. Si tratta quindi di un progetto a tutto tondo in grado di esprimere la carica visionaria dei due fotografi che, pur differenziandosi tra loro, lavorando in geografie differenti e mantenendo intatta la propria identità autoriale distinta e singolare, sono in grado di rappresentare un tema tutto italiano in maniera congiunta e coerente, quasi simbiotica, dimostrando un’originalità inedita e sorprendente, una profonda e amabile leggerezza, e una rara e commovente sensibilità.

Come scrive Gianmaria Testa commentando il lavoro di Carlisi, “Non l’urgenza di un attimo da conservare a futura e immobile memoria. Queste fotografie sanno frugare fra le pieghe, rubano tempo al tempo, lasciano indovinare un prima e anche intravedere un poi; misurano a scatti la distanza fra il guardare e il vedere”.

Precedentemente esposti più volte – singolarmente – in altre città (sia italiane che estere) con una selezione fotografica spesso più ridotta, i due fortunati progetti di Carlisi e di Cito si coniugano per la prima volta insieme in un duetto inedito, toccante e convincente, in una location d’eccezione della nostra prima città italiana, componendo in ambienti scenografici memorabili una esposizione raffinata, intensa e indimenticabile che si fa vetrina di costume, storia sociale, emozione condivisa.

Info:

Franco Carlisi, Francesco Cito. Romanzo Italiano

SPAZIO FIELD, Palazzo Brancaccio,Via Merulana 248, Roma

Ingresso libero. Inaugurazione giovedì 12 ottobre dalle ore 18.30

Informazioni al pubblico info@spaziofield.com; GT Art Photo Agency| 02.36551643

 

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Al Pac di Milano torna “Ri-Scatti”, mostra di fotografia sociale.

Dal 7 ottobre al 5 novembre 2023, al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano torna la nona edizione del bel progetto di fotografia sociale RI-Scatti. Questa edizione parla di diversità con “Chiamami col mio nome”, focus sulla vita, sulle esperienze, sulla quotidianità delle persone transgender che vede protagonisti sedici soggetti.

La rassegna è ideata e organizzata dal PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano e da Ri-scatti ODV – l’associazione di volontariato che dal 2014 realizza progetti di riscatto sociale attraverso la fotografia – e promossa dal Comune di Milano con il sostegno di Tod’s. L’edizione di quest’anno è realizzata in collaborazione con l’Associazione per la Cultura e l’Etica

L’esposizione, a cura del conservatore del PAC Diego Sileo, si propone di raccontare storie vere, alcune volte amare, altre gioiose, ma assolutamente frutto di una libera espressione. Più di trecento fotografie mettono in luce le identità delle persone trans e il loro sofferto percorso di transizione, accendendo i riflettori sulle difficoltà nel riconoscersi prima ancora che farsi riconoscere e accettare dalla propria famiglia, dai propri amici, dalle istituzioni e dalla società. Ancora oggi l’Italia risulta al primo posto in Europa per numero di episodi di transfobia: molte sono le violenze e i soprusi, a causa di ragioni sociali e culturali, che le persone trans vivono durante la propria esistenza.

Gli scatti in mostra al PAC sono quelli di Alba Galliani, Antonia Monopoli, Bianca Iula, Elisa Cavallo, Fede, Ian Alieno, Lionel Yongkol Espino, Logan Andrea Ferrucci, Louise Celada, Manuela Verde, Marcella Guanyin, Mari, Nico, Nico Guglielmo, Riccardo Ciardo, Seiko. Dopo aver seguito un percorso formativo supervisionato come sempre da fotografi professionisti, volontari di Ri-scatti, tutti hanno trovato la forza e il coraggio di raccontarsi con la macchina fotografica in mano, di mostrarsi con le loro fragilità e insicurezze, riconoscendo e utilizzando la diffusione della conoscenza come prima arma di difesa contro la transfobia. La corretta informazione e il contatto con persone che pensiamo lontane, ma che semplicemente non conosciamo, può infatti aiutarci a rivedere le nostre posizioni e, più semplicemente, a comprendere.

Con un’offerta per gli scatti in mostra si potrà contribuire a sostenere l’operato dell’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e dell’Associazione ALA Milano.

CHIAMAMI COL MIO NOME7 ottobre – 5 novembre 2023PAC Padiglione d’Arte Contemporanea Via Palestro, 1420121 Milanowww.ri-scatti.itwww.pacmilano.itMOSTRAOrari: da martedì a domenica ore 10—19:30giovedì ore 10—22:30Chiuso il lunedìIngresso libero

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Libri – Abecedario fotografico, Ferdinando Scianna

Nella collana “In Parole” Contrasto ha pubblicato Abecedario fotografico di Ferdinando Scianna delizioso compendio uscito in occasione degli ottant’anni di vita del fotografo, dei quali sessanta trascorsi a occuparsi di fotografia. Scianna in queste pagine si regala e regala a noi un nuovo e prezioso volume, un personalissimo abecedario dedicato all’arte che da sempre lo vede protagonista della scena culturale. Da uomo di grande capacità narrative, parola per parola, tema dopo tema, analizza le tradizioni, le novità e le particolarità del linguaggio visivo che nei decenni ha adoperato, un poetico espediente per ripercorrere gli anni della sua lunga carriera e mettere ancora una volta il punto sulla cultura delle immagini.

Si comincia con la A di Ambiguità, emblematica apertura per descrivere quanto la fotografia possa essere ambivalente e scivolosa, in continua oscillazione tra la grande esigenza di verifica della realtà e la grande domanda di evasione, di sogno. Passando poi per Amori, Cinema, Dubbi, Emozioni, Fortuna, Identità, Miracoli, Ossessione, Piacere, Scelte, attraversando l’intero l’alfabeto si arriva alla Z di Zeusi, il “protopittore”, come lo definisce Scianna, in grado di dipingere, raccontano, un grappolo d’uva tanto realistico da ingannare persino i passerotti che volevano beccare quegli acini dipinti. Così racconta inoltre nell’introduzione: “Perché questo libretto. In effetti, non lo so: mi sembra che si sia fatto da solo. Sto per compiere, con grande stupefazione, ottanta anni. Forse per questo mi è venuta voglia di recuperare idee, frammenti sulla mia vita e il mio mestiere. Li ho ritrovati tra le cose scritte, dette in interviste e molte, troppe volte ripetute. Molti li ho scritti o riformulati adesso. Se uno cerca di vivere con passione e fa il fotografo par vari decenni, confondendo spesso la vita con il mestiere, inevitabilmente si domanda, e gli domandano, che cosa pensi del suo lavoro, della sua vicenda umana. Si accumulano così frammenti, quasi smozzicati aforismi, che a poco a poco, mi sono accorto, costruiscono come un abecedario della tua relazione con quello che fai, con te stesso e con gli altri”.

Tutta la fotografia racchiusa in un alfabeto, tutta la fotografia raccolta in un abecedario straordinariamente redatto attraverso la scrittura ironica, profonda e allo stesso tempo lieve di Ferdinando Scianna. Una maniera unica e originale per celebrare un compleanno speciale attraverso un racconto pittoresco e familiare, dove il mondo – come riporta l’autore – scrive sé stesso con penna di luce e in cui il fotografo ne è il lettore, che si muove in questo caso tra le ombre, gli spiragli luminosi e il sole assordante delle sue origini siciliane.

Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni Sessanta. Nel 1965 esce il volume Feste religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L’Europeo e poi, come corrispondente per la stessa testata, a Parigi, città in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens e in Italia La villa dei mostri, sempre con un’introduzione di Sciascia. A Parigi scrive inoltre per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Littéraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson che lo introdurrà nel 1982, primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum Photos. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. È autore di numerosi libri e svolge da anni un’attività critica e giornalistica. Gli ultimi volumi pubblicati con Contrasto sono Visti&Scritti (2014), Obiettivo ambiguo (2015), In gioco (2016), Istanti di luoghi (2017), Cose (2018), Autoritratto di un fotografo (2021).

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Libera Accademia Creativa, riparte l’anno accademico

Iscrizioni aperte da LAC, la Libera Accademia Creativa con sede a Brescia. Molti sono gli appuntamenti in programma, tra corsi per neofiti e per professionisti, workshop e laboratori con grandi nomi della fotografia, per una formazione a tutto tondo che segue gli studenti in modo completo e autorevole.

Si parte con il Corso PRO 2023/24, che avrà inizio lunedì 23 ottobre 2023 e terminerà giovedì 20 giugno 2024 per un totale di 650 ore. Le lezioni si svolgeranno in presenza dal lunedì al giovedì, dalle ore 10:00 alle ore 17:00.

Queste le materie di studio:

Fotografia di moda

Principale attività dei corsi. Moltissime ore di pratica sul set e con le più svariate tipologie di illuminazione. Gli shooting prevedono una parte di pianificazione dove ogni progetto è curato nei minimi dettagli. La progettualità permette di avere il controllo sui tempi di realizzazione ed eventuali imprevisti.

Ogni shooting è organizzato con modella/o di agenzia, make-up, styling, scenografia e tecnici, tutti professionisti del settore.

Sul set gli studenti LAC lavorano costantemente con attrezzature professionali sempre nuove, come flash PROFOTO/BRONCOLOR e macchine fotografiche CANON.

Numerose le collaborazioni con agenzie di moda e brand di fascia alta che permettono un risultato impeccabile.

Gli editoriali realizzati dagli studenti verranno infine sottoposti ai magazine di settore per essere pubblicati online o su cartaceo, in base alle richieste delle redazioni.

Tutti gli studenti LAC hanno ottenuto almeno una pubblicazione editoriale nel corso dell’anno accademico.

 

Fotografia still-life/ADV

Focus anche su questi due aspetti fondamentali della fotografia pubblicitaria. Anche qui la progettualità è considerata importante. Gli iscritti faranno molte ore di pratica sul set, per imparare i trucchi del mestiere e lavorare con brand di prodotti esclusivi.

Lo still-life è analizzato ed eseguito secondo i trend attuali e secondo le richieste di mercato. Una tecnica approfondita e accurata trasforma un semplice prodotto in una vera e propria locandina ADV.

 

Postproduzione fotografica

Che si tratti di editoriali di moda, cataloghi, locandine o still-life, la post produzione deve essere eseguita a regola d’arte. Nel programma di studio ci sono molte ore di fotoritocco e piccoli segreti dei photo retoucher più seguiti al mondo. Le attrezzature utilizzate per la post produzione comprendono Mac APPLE, monitor calibrati EIZO, tavolette grafiche WACOM e una licenza Creative ADOBE per tutta la durata del corso.

 

Video fashion/ADV

Molte ore dedicate anche alla parte video, fondamentale e ormai imprescindibile per la professione.

Tanta pratica sul set con camere BLACKMAGIC 6K e CANON, setup luci e tecniche di ripresa. I set di moda sono impostati esattamente come quelli fotografici e i set ADV comprendono la progettazione degli spot pubblicitari e la parte registica di un video prodotto.

 

Editing video

I principali programmi utilizzati per l’editing video sono DaVinci Resolve e Premiere, con particolare attenzione al Color Grading, montaggio video, audio ed effettistica.

Anche per l’editing video si lavora con Mac APPLE e monitor calibrati EIZO.

 

Storia della fotografia e Storia dell’arte

Nel programma di studio è prevista anche una panoramica essenziale sui grandi autori, sugli artisti del nostro secolo e uno scorcio sulla storia artistica/fotografica che ha segnato e cambiato per sempre il concetto di fotografia che oggi conosciamo.

Il bagaglio culturale è importantissimo per ogni fotografo e sicuramente si tramuta in una differenza sostanziale tra una preparazione professionale e un tutorial scovato sui internet.

 

Grafica e Social Media

Le lezioni hanno un aspetto teorico e uno tecnico/pratico. Si parte dalle basi e dai concetti di vendita per poi arrivare a sviluppare una vera identità con cui ci si presenta al mondo del lavoro.

Viene prepara una strategia di marketing, progettato un logo e infine si realizza un portfolio impaginato alla perfezione.

A tutto questo si aggiunge la capacità di gestire un profilo social e di realizzare un sito web.

 

Brand Identity

Ogni aspetto del marketing passa da qui.

Previste lezioni teoriche. ma dall’aspetto pratico, basate su uno studio di settore, analisi delle campagne più vincenti e applicazione al proprio scopo.

 

Talk & ospiti

Moltissimi appuntamenti esclusivi con vari esponenti autorevoli del mondo della fotografia ed esperti del settore, che sapranno fornire stimoli e consiglio per sviluppare una visione autoriale in ogni studente.

Tra gli ospiti più noti previsti in calendario, ci sono Barbara Silbe, direttore di EyesOpen! Magazine, giornalista e curatore; Roberto Tomesani dell’Associazione nazionale fotografi professionisti TAU Visual; Alessandro Bernardi del Centro Sperimentale di Cinematografia.

 

Al termine del Corso PRO verrà rilasciato un attestato con certificazione ad ottenimento degli obiettivi fissati.

Info e costi sul sito www.lac-accademiacreativa.com

 

LAC Libera Accademia Creativa

Via Roncadelle 6, 25132 Brescia

M +39 3480962079  T 030 5280448

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Mostra – Beauty and Desire

Dal 23 settembre 2023 al 14 febbraio 2024, il Museo Novecento di Firenze celebra a uno dei maggiori esponenti della fotografia del novecento, Robert Mapplethorpe (New York, 4 novembre 1946 – Boston, 9 marzo 1989), in un confronto inedito con gli scatti di un altro artista, Wilhelm von Gloeden, e una selezione di fotografie dall’Archivio Alinari. Quarant’anni dopo la grande mostra del 1983 al Palazzo delle Cento Finestre, che fece conoscere proprio a Firenze l’opera di Mapplethorpe, tornano le immagini del celebre fotografo newyorkese con un progetto organizzato in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation e della Fondazione Alinari per la Fotografia.

A cura di Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento, assieme a Eva Francioli e Muriel Prandato, questa è la seconda grande mostra che il museo fiorentino dedica alla fotografia, pratica che ha rivoluzionato la storia dell’arte a partire dall’Ottocento. Ospitata negli spazi espositivi al primo e al secondo piano, “Beauty and Desire” trae spunto da un nucleo consistente di opere che mette in luce l’intensa produzione artistica di Mapplethorpe, sottolineando il legame della sua ricerca con la classicità, nonché il suo approccio scultoreo al mezzo fotografico, reso evidente tanto nello studio del nudo maschile e femminile, quanto nella natura morta, equiparando i corpi agli oggetti secondo una visione e una sensibilità di scultore.

A partire da questo focus, il lavoro di Robert Mapplethorpe è messo a confronto con alcune fotografie risalenti alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento, provenienti dagli Archivi Alinari. Fra queste, assumono uno speciale rilievo alcune immagini del barone Wilhelm von Gloeden, tra i pionieri della staged photography e punto di riferimento per alcune fotografie di Mapplethorpe. Uno dei tratti distintivi delle atmosfere che animano le composizioni di von Gloeden è proprio il richiamo al passato, concepito quale inesauribile bacino di soggetti e suggestioni: un segno stilistico unico, che Io rende ancora oggi un’icona.

“È con grande soddisfazione che inauguriamo Beauty and Desire, la straordinaria mostra incentrata sull’opera fotografica di Robert Mapplethorpe e del barone von Gloeden, a cui vanno ad aggiungersi foto storiche dell’archivio Alinari — afferma Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. — Questo è un progetto che abbiamo voluto per celebrare i quarant’ anni dalla grande mostra realizzata a Firenze nel 1983, che fece conoscere la potenza e purezza degli scatti di Mapplethorpe a tutti i fiorentini e non solo. Beauty and Desire inoltre conferma la volontà del Museo Novecento di essere ponte tra la fotografia agli albori del Novecento e l’arte contemporanea, così come tra istituzioni fiorentine e internazionali come quella della Fondazione Alinari per la Fotografia e della Fondazione Mapplethorpe, che voglio ringraziare per il supporto e la collaborazione scientifica. Con questo progetto i curatori si propongono di gettare nuova luce sulla complessa articolazione della ricerca di Mapplethorpe, a partire da un inedito accostamento con le fotografie di von Gloeden, un confronto evocativo e a tratti puntuale, che rivela il ricorrere di temi comuni: motivi che attraversano il tempo e giungono fino a noi, ponendosi come spunti di riflessione sull’attualità, soprattutto su come arte, morale, religiosità e spiritualità, cambino e si evolvano nella loro reciproca relazione”.

La mostra trae spunto da un nucleo di circa cinquanta fotografie selezionate tra le centinaia dell’intensa produzione artistica di Mapplethorpe suddivise per sezioni tematiche, grazie alle quali è possibile focalizzare l’attenzione sul rapporto tra Mapplethorpe e l’antico, la sua passione per i maestri che lo hanno preceduto come von Gloeden e i fratelli Alinari, la stretta comprensione se non affinità con Michelangelo Buonarroti, al quale Mapplethorpe si ispirò e con cui si relaziona anche grazie alle fotografie scultoree realizzate dagli Alinari, cogliendo il senso estetico delle pose atletiche, e in particolare della compressione di masse muscolari trattenute e pronte a esplodere con grande energia.

Il progetto si propone quale ulteriore contributo alla conoscenza del grande fotografo statunitense nel nostro territorio, a cui in passato sono state dedicate, tra le altre, una mostra a cura di Germano Celant al Centro Pecci di Prato (1993) e un’esposizione a cura di Franca Falletti e Jonathan K. Nelson alla Galleria dell’Accademia (2009): mostra, quest’ultima, che già metteva in luce l’innegabile relazione tra Mapplethorpe e Michelangelo. L’interesse per l’antico e la passione per i fotografi che Io hanno preceduto sono una costante nell’opera di Robert Mapplethorpe che fu un appassionato e curioso collezionista di fotografie. Va aggiunto che l’artista compie agli inizi degli anni Ottanta un celebre viaggio in Italia, durante il quale ha la possibilità di confrontarsi direttamente con il paesaggio di Napoli e la potenza disarmante delle rovine che annullano agli occhi del fotografo la distanza tra il presente e il passato, in una prospettiva che è già di fatto post-moderna. Fu a Napoli che entrò per la prima volta in contatto con le fotografie di von Gloeden, grazie soprattutto a Lucio Amelio, il celebre gallerista legato a Andy Warhol e Joseph Beuys che del fotografo tedesco era un apprezzato conoscitore e collezionista, e al quale dedicò fra il 1977 e il 1978 una mostra e due pubblicazioni, con prefazioni di Marina Miraglia e Roland Barthes. Fu nella stessa galleria di Lucio Amelio che Mapplethorpe espose nel 1984, proponendo un approccio autonomo alla fotografia, e un intenso connubio di elementi formali e contenuti soggettivi trasversali e liberi da ogni conformismo, in cui ad affiorare erano le continue metamorfosi tra spirito apollineo e sensualità dionisiaca, tra gli archetipi figurativi del mondo classico e l’iconografia del mondo cattolico.

I soggetti, le pose, le atmosfere sospese delle composizioni, così studiate e ponderate nella messa in scena in studio, ci guidano alla scoperta di un’idea non convenzionale di bellezza e di eros, di quella che potremmo definire una sessualità spiritualizzata al limite dell’arte per l’arte. Le opere in mostra, pur traendo ispirazione dai canoni della classicità, sembrano infatti condurci lungo traiettorie estetiche non scontate e a tratti perturbanti, sollevando e risolvendo interrogativi sul tema del corpo e della sessualità la cui eco risuona, a tratti immutata, nella cultura visiva contemporanea, dove la censura e il giudizio morale sono sempre pronti a mettere sotto accusa la bellezza e il desiderio. Ma la grandezza artistica di Robert Mapplethorpe sta proprio in questa capacità di sopprimere ogni falso moralismo, costringendoci a una osservazione frontale, iconica, dei corpi e dei sessi esibiti come oggetti, e al tempo stesso trasfigurando questi ‘oggetti’ in forme pure, con un gioco di contrasti pittorici e plastici, di posture e inquadrature, che suggeriscono immediatamente una matrice precedente, un modello dell’antichità greca e romana, del passato rinascimentale, un’opera caravaggesca o un prototipo neo-classico. Guardare le sue foto è dunque vivere non tanto l’esperienza del voyeur ma quella del contemplatore, riconoscere una doppia vita all’immagine fotografica: quella di essere comunque specchio del reale – da cui dipende la sua potenza prevaricatrice e perturbante – e quella di essere una forma archetipica che ritorna dal passato, un ritornante, da cui dipende la sua risonanza, la sua umbratile metafisica irradiazione. Trasformando ogni suo soggetto (un corpo, un volto, un fiore) in una forma purissima di arte da cui è stato esautorato ogni possibile giudizio morale, Mapplethorpe è così riuscito a restituire aura alla fotografia, in modo anche da conquistare per essa lo statuto di opera e il riconoscimento pieno della sua pratica fotografica come arte assoluta.

Informazioni pratiche

Beauty and Desire, aperta dal 23.09 al 14 febbraio 2024

Museo del Novecento, piazza Santa Maria Novella, 10 – Firenze. tel. 055.286132, www.museonovecento.it

Orario: 11:00 – 20:00 tutti i giorni tranne giovedì. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.

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Mostra – Invidio quelli che ballano

Inaugura il 28 settembre alle 18 presso Alessia Paladini Gallery di Milano (in via Pietro Maroncelli, 11) la mostra Invidio quelli che ballano di Maria Vittoria Backhaus, artista eclettica, intelligente, dotata di un senso estetico raffinato e di una creatività esplosiva e rivoluzionaria. Inserita nel programma della diciottesima edizione di Photofestival, resterà aperta fino al 18 novembre una selezione di oltre quaranta fotografie di moda realizzate tra il 1997 e il 2013 che ci trasportano nel caleidoscopico, colorato, unico mondo della fotografia di Milano. Immagini raffinate non inquadrabili in alcun genere mainstream preconfezionato.

Classe 1942, dopo gli studi in Scenografia all’Accademia di Brera, Maria Vittoria Backhaus inizia la sua carriera nella seconda metà degli anni Sessanta come fotoreporter di eventi culturali, politici e musicali della scena beat. Le difficoltà incontrate come fotografa donna nel mondo dell’informazione, la spingono però in un’altra direzione. «Io avevo un grande amico, Guido Vergani, con cui ho coperto temi di costume ma anche il banditismo in Sardegna ed era un lavoro che mi piaceva tantissimo. A un certo punto non mi hanno più mandato ma la ragione era stupida: non pagavano due diverse camere d’albergo per il fotografo e il giornalista che allora dormivano insieme nelle stanzette. […] Poi ero abbastanza politicizzata e l’ultima parte della carriera di reporter l’ho passata lavorando per giornali che mi mandavano a fotografare le fabbriche. […] Frequentando il Bar Jamaica, c’era Flavio Lucchini che mi ha chiamato a L’Uomo Vogue e Casa Vogue. Io gli ho detto: “cosa vengo a fare? non sono capace”. Fotografavo delle cose esistenti invece lì si doveva costruire una fotografia. […] Per me la fotografia era un lavoro, ho sempre dovuto mantenermi. Quindi, se non riuscivo a mantenermi con il reportage, si doveva cambiare».

Ecco che il suo sguardo sulla moda è sin da subito ironico e critico: la fotografia per Maria Vittoria è un mezzo per documentare il reale e la moda l’esaltazione del superfluo. I suoi studi sulla scenografia la spingono a creare set elaborati e sorprendenti. E così in mostra è possibile ammirare le sue immagini legate al mondo del fashion interpretato secondo uno sguardo del tutto originale e che sono state pubblicate per i più importanti giornali di settore come Vogue, Uomo Vogue, Io Donna e altri. Le serie da cui sono state scelte sono FilicudiIconFiabe, e anche alcune fotografie In studio e altre realizzate a Milano. Il mondo onirico e metaforico della favola entra nell’immagine con il simbolo della mela (la modella la tiene in mano, ce ne sono diverse sparse sul pavimento e sul tavolo) o con una particolare bella addormentata su una pila di materassi spogli ricoperti da fiori colorati, ma anche con una insolita modella Biancaneve che serve la pizza ai sette nani famelici. Tra le icone troviamo una statua di Obama, una di Mao Tse Tung, o le madonne di Filicudi. Setting più vintage per le fotografie realizzate in studio, carta da parati, poltrone di design e dettagli d’annata. Ma le modelle sono anche fotografate su un autobus milanese, così come ai modelli viene chiesto di stirare.

Innegabilmente, Maria Vittoria Backhaus ha espresso un cambiamento radicale nella definizione di “fotografia di moda”, offrendo una visione sperimentale, originale e unica del fashion, del design, del lusso, sempre coerente con la sua idea fondante di fotografia: raccontare dove si è e cosa succede nella propria contemporaneità. Nel 2000 per esempio inserisce degli orologi di lusso nella «nuova estetica arrivata insieme all’immigrazione: le case degli immigrati con la borsa del supermercato, le piante, i fiori di plastica, le immagini sacre e, in questo setting, ho appoggiato l’orologio sopra un altarino indiano. Era un racconto, non mi interessava tanto l’orologio di per sé».

«In fotografia ho fatto un po’ tutto perché io sono il contrario della specializzazione. Non mi interessava essere una fotografa di moda, di design. Ho fatto qualsiasi cosa fondamentalmente pensando di fare la mia foto». Artista eclettica che però ha un rimorso, proprio quello che dà il titolo a questa straordinaria selezione in mostra presso Alessia Paladini Gallery: «Cosa avrei voluto fare? Ballare! Invidio quelli che ballano. Sono invidiosissima di quelli che sanno ballare! Ci sono tante altre cose che vorrei fare perché naturalmente io voglio fare tutto: voglio disegnare, ricamare, cucinare, qualsiasi cosa e mi disperdo in queste 500 cose da fare. Sono sempre convinta di portarle a termine quando converrebbe limitare la progettualità, ma non ci riesco. Un’altra cosa che ho sempre fatto è prendere delle case brutte e farle diventare belle».

 

Note biograficheMaria Vittoria Backhaus studia scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera; in quegli anni frequenta il leggendario Bar Jamaica, centro focale della scena artistica milanese, affollato tra gli altri da fotografi quali Ugo Mulas, Alfa Castaldi e Mario Dondero. Inizia la sua carriera nella seconda metà degli anni Sessanta come fotoreporter di eventi culturali, politici e musicali della scena beat. Le difficoltà incontrate come fotografa donna nel mondo dell’informazione, la spingono però in un’altra direzione. Nei primi anni ’80 inizia a collaborare con L’Uomo Vogue e Casa Vogue e da allora si specializza nello still life, nella fotografia di moda e di design, sviluppando fin da subito uno stile originale e trasgressivo, avvicinandosi al mondo della moda con sguardo ironico e critico: la fotografia per Maria Vittoria è un mezzo per documentare il reale e la moda l’esaltazione del superfluo. Talento, sicurezza di gusto, perizia di luci e una inesauribile creatività, supportata dagli studi di scenografia che la spingono a creare set elaborati e sorprendenti, definiscono lo stile unico di questa icona della fotografia italiana. Lo sguardo sempre attento alla contemporaneità, all’attualità e ai cambiamenti sociali in atto, Maria Vittoria Backhaus cambia le regole della fotografia di moda, still life e design, interessandosi prima che all’oggetto da ritrarre a ciò che un’immagine può raccontare allo spettatore. Alle tantissime foto scattate su commissione si aggiungono molti lavori su progetti personali che attualmente sono al centro della sua attività insieme al salvataggio del suo archivio. Nel 2021 ha ricevuto il premio alla carriera Arturo Ghergo e nello stesso anno ha trasferito la sua casa e il suo studio in Piemonte. Dal 31 marzo al 25 giugno 2023, il Middle MonFest, l’anno di intermezzo della Biennale di Casale Monferrato, con la direzione artistica di Mariateresa Cerretelli e la curatela di Luciano Bobba e Angelo Ferrillo ha presentato nelle Sale Chagall del Castello di Casale: Maria Vittoria Backhaus, I miei racconti oltre la fotografia, la sua prima grande antologica in Italia. Le sue fotografie sono state pubblicate sulle più importanti riviste quali Vogue, L’Uomo Vogue, Casa Vogue, Case da Abitare, Abitare, Io Donna; ha scattato campagne per marchi internazionali della moda e del design, in primis la collaborazione ventennale con Flexform.

Invidio quelli che ballano. Fotografie di Maria Vittoria Backhaus 28 settembre – 18 novembre 2023

ALESSIA PALADINI GALLERY

Via Pietro Maroncelli 11, 20154 Milano

Orario: martedì-venerdì 11-14 e 16-19; sabato 12-19, ingresso gratuito