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I primi 20 anni di Società Fotografica Vigevanese

Si intitola “Direzione Ostinata” l’evento che celebra i primi vent’anni di Società Fotografica Vigevanese impegnata a diffondere la cultura fotografica sul territorio lombardo. Si terrà dal 7 al 29 ottobre presso lo Spazio Espositivo Strada Sotterranea Nuova del Castello Sforzesco di Vigevano, Pavia.

Numerosi i progetti che SFV ha portato avanti avviando nel tempo collaborazioni con diversi enti e associazioni. Tra i più’ rilevanti il “Travelling Festival”, nato dalla collaborazione con il Festival della Fotografia Etica di Lodi e Rete Cultura. Per festeggiare questa importante ricorrenza è stato organizzato l’evento “Direzione Ostinata”, contenitore che rappresenta sinteticamente l’azione di SFV in questi anni, riconosciuto da FIAF e inserito nel programma del Fuori Rassegna Letteraria Città di Vigevano.

L’inaugurazione si terrà a Vigevano il 7 ottobre alle ore 18:00, presso Strada Sotterranea Nuova, con la presentazione della mostra fotografica Word Report Award 2022 categoria Single Shot.

L’evento ospiterà altri tre importanti progetti fotografici permanenti a cura di SFV:

  • Ma Io Oggi?A dodici anni da “Ma io che domani sarò?” I volti e i sogni dei ragazzi di ieri
  • ScattaTe un anno di relazioni visive
  • Abbiamo Tutti Dentro un Mondo di Coseun confronto di linguaggi artistici, tra fotografia e poesia, per i vent’anni della SFV

 

Il 15 ottobre, dalle 10:00-12:00 | 14:00-17:00, presso l’adiacente sede dell’Associazione Culturale Ondedurto, Via Cairoli 1 Vigevano, si terranno letture portfolio per chiunque voglia farsi dare consigli utili sul proprio lavoro fotografico e confrontarsi con dei professionisti, uno dei quali sarà Barbara Silbe, direttore di EyesOpen! Magazine, giornalista e curatore. Le iscrizioni saranno aperte fino ad esaurimento posti, scrivendo a mailsfv@gmail.com.

La manifestazione si concluderà domenica 29 ottobre con la presentazione, alle ore 17.30 , del libro “Abbiamo tutti dentro un mondo di cose” realizzato in collaborazione con un collettivo di poeti coordinati da Agnese Coppola.

 

Orari di apertura: sabato e domenica: 10:00 – 19:00; visite settimanali per scolaresche o gruppi su appuntamento, scrivendo a: mailsfv@gmail.com.

Contatti: mailsfv@gmail.com

Facebook: Società Fotografica Vigevanese

Instagram: @societafotograficavigevanese

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Tra poco la sesta edizione del Colline Cultura Photo Festival

L’autunno in Piemonte torna all’insegna della fotografia d’autore. Il 7 ottobre inaugurerà la sesta edizione del festival fotografico che anima per un’intera settimana le colline intorno a Torino. Organizzato e ideato dal suo presidente Mario Sabatino e dall’associazione culturale Arketipo, vanta il patrocinio della Regione Piemonte Consiglio Regionale del Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Fondazione ECM, i Comuni di Gassino Torinese, San Raffaele, Rivalba, Cinzano, Sciolze e Castiglione, ed è in media partnership con EyesOpen! Magazine. Il tema scelto per fare da filo conduttore nel 2023 è “Indagare la bellezza“, intorno ad esso si svilupperanno diverse mostre ed eventi per una proposta culturale diffusa su tutto il territorio. Epicentro sarà il bellissimo borgo di San Raffaele Alto: i suoi spazi istituzionali messi a disposizione dal Comune, da Pro Loco e Palazzo Atelié, sono coinvolti per ospitare le esposizioni personali dei fotografi coinvolti dal curatore, Barbara Silbe, che così ne parla nel testo introduttivo del catalogo:

Lo stupore di un paesaggio, l’unicità di un volto, la contemplazione di una farfalla. Sono infinite le declinazioni della bellezza, si spingono ben oltre il visibile, nella dolcezza di un sentimento o nello struggimento di un ricordo, e sono tutte soggettive, influenzate dal nostro personale giudizio. Non dobbiamo mai dimenticare che
il fattore estetico, filo conduttore di questa edizione del festival, è una componente opinabile regolata da diverse variabili: le nostre esperienze passate, l’educazione ricevuta, l’alchimia, i neuroni, i bisogni, la nostra stessa identità. “Non è bello ciò che è bello…”, diceva il proverbio sottolineando la relatività del verdetto finale. La bellezza è dunque individuale, pare regolata da un mistero, da quella questione chimica che fa emozionare ciascuno di noi di fronte a ciò che riconosciamo. Gli esseri umani cercano se stessi nell’arte come nella natura, ciascuno a proprio modo, e lo sanno bene i fotografi, che per mestiere tendono a indagare la complessità dell’esistenza per trovare l’incanto dentro a ogni cosa e riportarlo fino a noi  riletto dal loro sguardo.
Abbiamo invitato alcuni di loro a parlarcene attraverso le loro immagini, per aiutarci a compiere un viaggio nell’ignoto, alla fine del quale saremo più consapevoli. Le immagini esposte ci condurranno a scovare la meraviglia dove non l’aspettavamo, nelle cose ordinarie, in una nostalgia o negli abbracci, come fosse qualcosa che si possa toccare, annusare, assaggiare. Bellezza sono due sposi circondati da chi è intervenuto alla cerimonia per testimoniare il loro eterno amore, come racconta Max Allegritti nei suoi reportage di matrimonio dove sono protagonisti i gesti e le piccole cose; o una coppia di anziani ancora mossi da reciproca tenerezza dopo tanti anni insieme, immortalati dagli scatti di Jordan Angelo Cozzi. Il bello può celarsi in uno scenario evanescente, quasi un sogno, e nei ricordi che porta a galla il solo osservarlo, lo sa bene Antonio Verrascina che va infinitamente lontano trasponendo nei luoghi la vita che ha vissuto e il suo stesso sentire; o viene minacciato dalla violenza e dall’omertà nei ritratti in bianco e nero di Mjriam Bon che interroga personaggi famosi e persone comuni per porre l’attenzione sulle vittime di abusi; o dall’inquinamento che ha straziato il luogo natale di Antonello Ferrara, che lo interpreta stendendo un metaforico velo rosso-rabbia su ogni fotogramma realizzato in situ, intercalando rovine contemporanee a ricordi del suo passato felice. C’è, infine, la selezione elegante e preziosa di Giancarlo Vaiarelli, rinomato stampatore fine art che lavora con il platino palladio e fotografo di lungo corso, che abbiamo coinvolto per la sua capacità di indagare il fascino del mondo facendoci scoprire la ricchezza delle sue stampe vintage.

Altre mostre a cura dell’associazione Arketipo sono di Mario Sabatino, Sergio Bittoto,, Angelo Girardi, Francesco Maneo e Gian Luca Partengo. Giornate imperdibili della kermesse saranno naturalmente i due weekend 7-8 e 14-15 ottobre, arricchiti da incontri, workshop, talk, presentazioni, aperitivi e sessioni fotografiche di ritratti stampati aperte a tutti i visitatori. L’inaugurazione è fissata per il 7 alle ore 16 presso il cortile di Palazzo Ateliè, nel quale alle ore 19.30 saranno proposte degustazioni delle eccellenze del territorio.

Ulteriori informazioni: archetipo.to@libero.it

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Il Festival Segni è alla sua nona edizione

Prosegue fino al 10 settembre il Festival di Fotografia Segni, che si svolge da ormai nove anni a Capo di Ponte, in Valle Camonica (Brescia), per valorizzare e promuovere la cultura fotografica intrecciando diverse dimensioni: la fotografia come mezzo espressivo e artistico, come mezzo documentario e storico, ma anche come attiva possibilità di partecipazione e scoperta del patrimonio artistico del territorio.

La rassegna propone otto giornate di presentazioni e nove mostre principali, a cui si aggiungono tre eventi speciali, lo spazio espositivo autogestito dalle associazioni del territorio con altre quattro mostre, e dieci spazi dedicati a SEGNI Off, mostre fuori catalogo dedicate a fotografi emergenti, per un totale di più di venti mostre fotografiche. Il programma, molto ricco, vede tra gli autori principali Gian Butturini, Andrea Zampatti, la prestigiosa Fondazione 3M, Ken Damy, Paolo Pobbiati, Erminio Annunzi e Gianbattista Uberti e tra le location ritorna la splendida Casa Zitti, si conferma la Pieve di San Siro e altre case storiche di Capo di Ponte come Casa Briscioli, Casa Tempini e Casa Malaguzzi.  

Le mostre saranno visitabili dalle 17 alle 22 per tutti i giorni di apertura del festival e valorizzate da incontri in presenza con gli autori. Sono previsti incontri con vari esponenti del mondo della fotografia, come  Erminio Annunzi, che proporrà un incontro dal titolo “Racconti del paesaggio”, Andrea Zampatti ci accompagnerà nel suo mondo selvatico fatto di natura e silenzi con “i miei silenzi”, Paolo Pobbiati presenterà il libro “Invasioni di campo”. Gli eventi speciali saranno ospitati dal MuPre – Museo della Preistoria della Valle Camonica. SEGNI Off propone invece dieci mostre di fotografi emergenti o amatoriali attraverso un concorso aperto a tutti, che saranno allestite in vari spazi di Capo di Ponte.

La Città della Cultura è da sempre un punto cardine di SEGNI, e anche quest’anno è diventata un luogo autogestito nel quale il festival porta le voci delle comunità. Quattro realtà del territorio si raccontano attraverso la fotografia, con quattro mostre realizzate da Spazio Autismo, dal CAI, dal Collettivo 5.37 e dall’Associazione K-Pax.

Il Festival è organizzato dall’Agenzia Turistico Culturale del Comune di Capo di Ponte, con la collaborazione del Comune e con la direzione artistica di Graziano Filippini

Informazioni sul sito www.segnifestivalfotografia.it e sulle pagine facebook e instagram del Festival SEGNI

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Vallisneri Photo Contest, un premio per la fotografia scientifica e naturalistica

Raccontare la crisi della biodiversità attraverso il linguaggio fotografico, è questa l’ambizione del Vallisneri Photo Contest, concorso nazionale per la fotografia scientifica e naturalistica istituito dal National Biodiversity Future Center, promosso e patrocinato dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova in collaborazione con Contrasto

Secondo il grande fotografo inglese Don McCullin “La fotografia non può cambiare la realtà, ma può mostrarla”. Per questo il National Biodiversity Future Center (NBFC), il Centro Nazionale per la Biodiversità istituito e finanziato dal PNRR, affida alla potenza del linguaggio fotografico, con un concorso aperto a tutti, il racconto del problema più urgente dei nostri tempi: la crisi climatica. Biodiversità in crisi è il tema scelto per l’anno 2023. I rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite continuano a misurare dati sempre più drammatici a ogni nuova pubblicazione: i sistemi biologici a tutti i livelli e latitudini del nostro pianeta stanno subendo impoverimenti, danni crescenti e non recuperabili dovuti ai cambiamenti climatici causati dall’essere umano. Il primo passo per affrontare il problema? Metterlo a fuoco e scegliere gli obiettivi giusti, letteralmente. Biodiversità in crisi è una call to action, dunque, per quanti confidano nella fotografia naturalistica come un mezzo per sensibilizzare l’opinione pubblica aumentando la consapevolezza di quanto sia importante proteggere la Terra.

Il concorso, a partecipazione gratuita, è stato lanciato lo scorso luglio in occasione di UNIfest – Scienza e Arte, la rassegna dedicata alla divulgazione scientifica organizzata da Unipd ai Giardini dell’Arena. In coerenza con le azioni e gli obiettivi di NBFC, per cui è prioritaria la salvaguardia di tutti gli ecosistemi, fotografi e fotografe, professionisti e non, sono invitati a presentare realizzazioni fotografiche che abbiano come soggetto i segnali biologici del cambiamento climatico, nell’areale geografico dell’Italia e del bacino del Mediterraneo. Con la libertà di spaziare dal mondo microscopico dei virus, fino a quello macroscopico degli ecosistemi, ciascun partecipante potrà iscrivere al massimo un’opera per la selezione foto singole o per la categoria “Intelligenza Artificiale”, o una serie di immagini per la sezione reportage, in bianco e nero o a colori, purché inedita e originale, scattata con apparecchio fotografico (macchina fotografica, smartphone, tablet, action camera, drone) o, limitatamente alla categoria “Intelligenza Artificiale”, creata con un apposito software.

Le opere dovranno pervenire entro il 15 gennaio 2024 all’indirizzo e-mail vallisneriphotocontest@contrastobooks.com. Le realizzazioni saranno valutate da una giuria composta da ricercatori e ricercatrici appartenenti alle aree delle Arti visive, Scienze Naturali e della Vita e da personalità prestigiose del mondo della fotografia. In palio, 7 premi in denaro: 3 per la foto singola, 3 per il reportage e 1 per l’Intelligenza Artificiale, che saranno conferiti da un grande nome della fotografia durante la cerimonia di premiazione organizzata nel 2024 nell’ambito delle celebrazioni per il quarantennale della fondazione del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova.

Le foto selezionate saranno stampate ed esposte in una mostra temporanea in una sede espositiva dell’Università e poi collocate permanentemente presso il Complesso Interdipartimentale di Biologia dell’Università di Padova dedicato al grande naturalista e scienziato Antonio Vallisneri, principale esponente della tradizione medica e naturalistica galileiana tra Sei e Settecento, a cui anche il concorso tributa omaggio.

Tutti i dettagli (termini, requisiti e modalità di partecipazione, informazioni tecniche e motivi di esclusione) sono consultabili al sito www.nbfc.it/vallisneriphotocontest.

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Portfolio – Giacomo Bruno, Más campero que el mate

Di Barbara Silbe

Lo stile di Giacomo Bruno è un misto di semplicità ed evanescenza, di concretezza e realismo magico, di opposti insomma, che sono poi quelle spiazzanti caratteristiche che fanno restare in mente il suo lavoro. Mi ha scritto qualche tempo fa, e lo pubblico con colpevole ritardo, ma per contro ho avuto settimane per lasciare sedimentare il suo progetto e comprenderlo come merita. L’autore ci racconta una storia lontana, che però appartiene a tutti noi più di quanto crediamo. Parla di un contadino tenace, orgoglioso, che ci accoglie nella sua umile casa posta in un luogo complicato, duro, impregnato di forze naturali e soprannaturali. Da queste parti, venire al mondo è già un miracolo. La sua vita è svelata da rughe, espressioni o piccoli dettagli, da inquadrature dove gli occhi dei soggetti ci accompagnano silenziosi nel mondo che li circonda, come ci si aspetterebbe da un libro di Isabella Allende o Gabriel Garcia Marquez. Veniamo condotti uno scatto dopo l’altro in un posto dove sembra sempre che debba accadere qualcosa e, nell’immobilità apparente, persone e animali convivono in simbiosi. Gli uni servono agli altri, senza parole superflue, come in qualunque cultura contadina. Poche cose costruiscono una giornata, un’esistenza senza fronzoli, sospesa in una dimensione onirica accentuata da paesaggi dai colori desaturati, o dalle pose dei soggetti che sembrano in attesa rivelati da interessanti giochi di luci ed ombre. I giorni e le notti seguono il ciclo perpetuo di una poetica narrazione, che il fotografo stesso spiega con queste parole:

Credo che ad ogni area geografica, nelle sue connotazioni e conformazioni distintive, corrisponda un archetipo di uomo che la abita. Se esiste un luogo in cui questo è particolarmente vero , ho scoperto, è la Pampa Argentina. Luoghi di immensità, di sconfinata estensione. I suoi abitanti, in certa misura, coincidono in queste caratteristiche. Uomini lineari, semplici, dallo stoicismo e pragmatismo assoluto. Una serie di “investigazioni”, più simili a un dito puntato alla cieca sulla mappa, mi hanno portato a scegliere un luogo piuttosto sconosciuto anche nella stessa Argentina: Las Islas de Las Lechiguanas, provincia di Entre Ríos. Questa aleatorietà, forse volontariamente, si applica anche alla storia, che potrebbe coincidere per similitudine con mille altre nel Paese.

¡Soy más campero que el mate!, letteralmente “Sono più campagnolo dell’erba mate!” (erba della rituale omonima bevanda, diffusissima in tutta l’Argentina), è un’espressione che ho sentito più volte ripetere, in tono fiero e pieno di orgoglio, come a descrivere la dimensione di vita tradizionale più nobile e degna possibile. Il protagonista della serie è un autentico gaucho, Buenaventura Piquet, detto Grucho. Nato nel 1958, come lui stesso ama recitare in una tradizionale Payada (versi rimati e cantati), “en la orilla del Rio del Paranà y del Rio del Ibicuy”.  È infatti la diramazione di questi due fiumi che delinea e origina l’isola de Las Lechiguanas. Il Paranà è un fiume antico. Nasce in Brasile al confine fra i tre stati brasiliani di Minas Gerais, São Paulo e Mato Grosso do Sul. Percorre oltre 4000 chilometri prima di arrivare in Argentina e incontrare l’Ibicuy. 

L’acqua porta con sé tutta la magia e il misticismo antico delle popolazioni native e delle terre da cui origina. Rimescola, deposita e impregna le rive con tutta l’energia del fiume, della sua forza vitale, naturale, soprannaturale. La vita sull’isola è solitaria, spartana, senza comfort. Sono in pochissimi ormai quelli che continuano ad abitarci. Ancora meno sono quelli che lì sono nati, sopra la nuda terra, quando ancora si raggiungeva la terraferma attraversando il fiume in canoa, trascinando il cavallo a nuoto per poi fare rientro allo stesso modo con una levatrice, che potesse assistere le donne nel parto e nei primi giorni di vita del neonato.

Così è nato Grucho, sull’isola della Lechiguanas. Nell’esatto luogo della sua nascita ora rimangono solo alcune pietre fondali dell’antica casa e la tomba dei suoi genitori che riposano proprio lì dove ebbe inizio la sua vita. Grucho questa terra la conosce palmo per palmo, letteralmente. Il suo legame ad essa è profondo e viscerale, al punto che è così scontato per lui come per noi lo è avere sensibilità nelle estremità del corpo, nelle dita dei piedi o nei capelli. Può sentire ciò che succede sulla sua terra. Sa sempre dove si trovano le sue greggi di bestiame, quando qualche animale è ammalato, o esausto per la fatica dopo aver provato fino allo strenuo delle forze a liberare le zampe dal pantano, chino per bere dal fiume. Lui li raggiunge, a volte trascorre giorni insieme agli animali, ne ha cura, li cura,  finché non ritornano in forze.

Richiama a sé i cavalli che vagano liberi in un terreno sconfinato, spesso a svariati chilometri di distanza. Usa un fischio e qualche verso incomprensibile, ma la maggior parte delle volte sono troppo lontani perché possano rispondere al solo udito. Eppure, assertivi, fanno ritorno. Tutto sull’isola esiste sopra un confine labile tra reale e surreale. Come il “ceibo magico”, un enorme albero del corallo dotato di attributi legnosi dalle sembianze umane. Considerato sacro e magico da tutte le generazioni di cui si ha memoria. Capace di miracoli benevoli e di perfette maledizioni, secondo le circostanze e le intenzioni degli avventori.

Attraverso questa serie di fotografie Grucho ci presenta il suo mondo. Ci accoglie dentro casa, nel suo quotidiano. Ci accompagna nei luoghi dove lavora, che frequenta. Ci presenta gli amici e le persone che incontra. Un po’ attraverso la sua figura, un po’ attraverso i suoi occhi. E un po’ attraverso le sue parole.

 

Aqui nacì compañero,

acqui, ché, me reì.

A la orilla del Paranà y del Río

del Ibicuy.

Crecieron todas mis ansias

de campero y islero.

Soy el gaucho màs certero

que hubo en este lugar.

Recorriendo los parajes

que usted los ve,

por aquì.

En la orilla del Paranà

y del Rio del Ibicuy.

(Grucho Piquet)

 

Note biografiche

Giacomo Bruno è un fotografo italiano nato nel 1991 e residente a Reggio Emilia. Realizza progetti personali sulla vita, l’artigianato e l’agricoltura, fornendo approfondimenti su come le aree rurali si sviluppano e sopravvivono in tutto il mondo. Ha iniziato la sua carriera come assistente fotografo subito dopo la scuola superiore, lavorando in due studi di fotografia pubblicitaria e di prodotto fino al 2013, poi ha deciso di prendere la sua strada seguendo la passione per i viaggi e la sua vera vocazione: la fotografia di ritratto e il reportage. Ha lavorato a numerosi reportage in America Latina, Cina, Giappone, Sri Lanka, Sudafrica e i suoi progetti sono stati pubblicati sulle principali riviste internazionali, come il Corriere della Sera e Le Monde.fr, ma anche su editoriali e riviste come Perimetro, C41 Magazine, Mia Le Journal, SlackTide Mag, Zeitjung, Gräfe e Unzer, The post internazionale, Erodoto108 e altri. Ha collaborato con importanti agenzie pubblicitarie internazionali, come McCann Worldgroup, Merchant Cantos, Brunswick Group, Esse House e K48 e con importanti aziende locali come VENTIE30 e The Block MultiVisual.

 

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Mostra – Gabriele Basilico. Ritorni a Beirut_Back to Beirut

Di Fabrizio Bonfanti

La città di Alessandria, nelle sale d’arte della Biblioteca, ospita la mostra definitiva di Gabriele Basilico sul lavoro che ha svolto a Beirut tra 1991 e il 2011, in quattro differenti missioni fotografiche. Si tratta di un’esposizione importante per i contenuti e per il legame di amicizia decennale che lega la città di Alessandria con il fotografo. E’ curata da Giovanna Calvenzi, Archivio Gabriele Basilico e diretta da Christian Caujolle, e viene portata in Italia per la prima volta dopo essere stata allestita a Tolosa tra febbraio e maggio 2023.

L’editing, essenziale e sintetico, permette di godere del lavoro che l’autore ha realizzato nella capitale libanese nel corso degli anni.

“Io non stavo di fronte a una città morta….ma stavo di fronte a una città ferita la cui immagine era completamente visibile….la distruzione che vedevo era una distruzione, come dire di pelle, come se la città fosse stata colpita da una malattia della pelle, dalla lebbra….ma la struttura e lo scheletro no, L’ossatura è ben presente…. Ho iniziato a fotografare come se la città fosse lì, viva, ancora con la sua struttura evidente, quindi non mi sono fatto condizionare dal dramma della guerra, l’ho considerato come una cosa che faceva parte del paesaggio…. Ho fotografato la città così come la si vede, come se fosse un’architettura dove era contemporaneamente visibile la struttura fisica della città e la sua distruzione, ma nessuna delle due eliminava l’altra”. 

Queste le parole di Gabriele Basilico, quando visitò Beirut la prima volta dopo lo scempio della guerra. Ci restituisce immagini stupende ed emozionanti in bianco e nero, che ritraggono la maestosità della città nonostante la devastazione. Sebbene gli spazi espositivi siano contenuti, non tolgono nulla alla meraviglia delle stampe in grande formato.

Basilico raccontò Beirut in quattro momenti distinti: il primo nel 1991, su commissione della fondazione Hariri e della scrittrice Dominique Eddé, in compagnia di René Burri, Raymond Depardon, Fouad Elkoury, Robert Frank e Josef Koudelka. Successivamente nel 2003, su incarico della rivista Domus”, per recarsi negli stessi luoghi dopo la ricostruzione. Il terzo viaggio avvenne del 2008, in occasione di una sua mostra nella città libanese e l’ultimo del 2011, sempre su commissione della fondazione Hariri. Gli ultimi due viaggi sono stati fotografati a colori e, sebbene non vi fossero rovine, ci regalano la visione di luoghi che hanno sopportato un martirio e hanno saputo rinascere.

Il suo sguardo emozione e ipnotizza. L’architettura descritta in modo oggettivo lascia permeare la visione e l’idea dell’autore. Si tratta di un racconto storico e fotografico di un valore assoluto, rigoroso e  impeccabile al contempo emozionate e intimo. Da metà luglio l’allestimento verrà ampliato accogliendo una seria di fotografie che Gabriele Basilico ha scattato nella città di Alessandria.

La mostra è corredata da un libro che raccoglie il lavoro completo, edito da Contrasto Books:

Ritorni a Beirut – Back to Beirut

Info:

Gabriele Basilico, Ritorni a Beirut_Back to Beirut

A cura di Giovanna Calvenzi e dell’archivio Gabriele Basilico

Direttore Christian Caujolle

Organizzatore: Azienda Speciale Multiservizi Costruire Insieme

Dal 16 giugno 2023 al 1 ottobre 2023

Orari: da giovedì a domenica 15:00-19:00

Biglietteria e prenotazioni
0131 234266 – 349 9378256
serviziomusei@asmcostruireinsieme.it

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Talk – Nicola Tanzini, I Wanna Be An Influencer

In occasione dell’ultima settimana di permanenza della mostra di Nicola Tanzini dal titolo “I Wanna Be An Influencer”, a cura di Benedetta Donato, la galleria milanese STILL ospiterà l’incontro Esserci o non essere. Luoghi instagrammabili e nuove geografie dello sguardo (martedì 13 giugno alle ore 18). Ispirato dall’ultimo libro fotografico di Tanzini, edito da Skira e anch’esso curato da Benedetta Donato, è un talk interamente dedicato alle tematiche legate ai nuovi comportamenti sociali, relativi alle scelte in ambito turistico e a come è mutata la concezione dei luoghi, nella condivisione tramite i social network.

Oggi ormai vecchie e nuove mete si definiscono in base alla loro instagrammabilità, caratteristica peculiare per spingere le persone a visitarle e a fotografarle, per aderire ad un nuovo modello sociale. “Non sembra esserci una differenza di valore tra luoghi monumentali e luoghi anonimi. La gerarchia non dipende dalla storia, né dall’estetica, ma forse, da una certa disposizione dello spazio che consente alla figura umana di spiccare come protagonista rispetto allo sfondo: ribaltando così il ruolo subordinato che il corpo aveva nelle tradizionali fotografie in posa davanti ai monumenti”, scrive il giornalista Michele Smargiassi in un recente articolo pubblicato sul blog di Repubblica Fotocrazia. “L’ultima tappa, per ora, della fotografia dei luoghi, è la loro riduzione a accessori della affermazione personale. Siamo entrati nell’era dell’ego-panorama“.

A confrontarsi proprio sull’argomento, insieme all’autore Nicola Tanzini e alla curatrice Benedetta Donato, interverranno lo stesso Michele Smargiassi – giornalista a la Repubblica, fondatore del blog Fotocrazia, scrittore, studioso tra i riferimenti più autorevoli di storia della fotografia e di cultura dell’immagine. Per Repubblica e National Geographic ha curato “Visionari”, la collana inedita dedicata alle citta` piu` affascinanti del mondo, raccontate attraverso gli scatti dei grandi maestri della fotografia internazionale. A condurre l’incontro sarà Denis Curti – critico e curatore, direttore artistico delle Stanze della Fotografia di Venezia e del Festival di Fotografia di Capri, fondatore di STILL. direttore della testata Black Camera sulla piattaforma digitale di Rolling Stone Italia e curatore di diverse pubblicazioni per Marsilio Editori tra cui “Capire la fotografia contemporanea” (2020)

Note biografiche

Nicola Tanzini (Pisa, 1964) è un imprenditore e fotografo da oltre trent’anni. La sua ricerca si ispira prevalentemente al movimento della fotografia umanista, ponendo al centro i comportamenti, le situazioni quotidiane appartenenti alla natura umana. Ha fondato Street Diaries, un progetto itinerante e in costante evoluzione sulla fotografia di strada. Nel 2018 ha pubblicato Tokyo Tsukiji ( a cura di Benedetta Donato, ContrastoBooks), l’ultimo reportage fotografico sul mercato ittico più grande del mondo. Le sue opere fanno parte di alcune collezioni museali, tra cui si ricordano: il Museo d’Arte Orientale “Edoardo Chiossone” di Genova e il Civico Museo d’Arte Orientale di Trieste. I Wanna Be An Influencer è il suo secondo libro (Skira, 2022).

Benedetta Donato, curatrice e critica di fotografia, si occupa di mostre e progetti editoriali in ambito di cultura visiva. Direttrice del RCA – Romano Cagnoni Award, Premio Internazionale di Fotogiornalismo, promosso dalla Fondazione Romano Cagnoni di cui è membro del Consiglio di Amministrazione. Collabora con diverse realtà del settore, come musei, gallerie e festival. Tra le sue ultime pubblicazioni: Enciclopedia dell’Arte Contemporanea Istituto dell’Enciclopedia Italana – Treccani, Corriere della Sera e Nikon per “Accademia di Fotografia” 2022 – 2023. Lettrice portfolio, membro della giuria in eventi internazionali, è inoltre nominator per il Leica Oskar Barnack Award. Dal 2015 firma la sua rubrica per la rivista IL FOTOGRAFO, Gruppo Sprea Editore.

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Mostre – Luce della Montagna, quattro grandi maestri a Brescia

Di Fabrizio Bonfanti

Se non avete mai visitato Brescia, andateci, perché è una cittadina bellissima e in questo periodo è in splendida forma in quanto Capitale della Cultura (con la cugina Bergamo). Se amate la montagna e la fotografia, dovete andare a Brescia entro il 25 giugno per visitare la mostra “La luce delle montagna” allestita al Museo di Santa Giulia e inserita nell’ambito del Brescia Photo Festival come una delle più importanti mostre mai realizzate sul tema, che offre la possibilità di vedere i lavori di quattro maestri della fotografia di montagna del Novecento: Martín Chambi, Ansel Adams, Vittorio Sella e Axel Hütte. Quattro sguardi diversi ed emozionanti sulle catene montuose dei quattro continenti, con un percorso che non è concepito come una collettiva, ma come quattro distinte sezioni personali  dedicate ai diversi sguardi qui ospitati. Si tratta di fotografi che, nella seconda meta dell’Ottocento e nel Novecento, raggiungevano luoghi remoti caricandosi banchi ottici e macchine fotografiche pesanti sulle spalle, affrontando complesse spedizioni con mezzi esigui. Senza di loro non avremmo una documentazione così dettagliata di questi santuari della natura di quei secoli.

Il peruviano Chambi (1891-1973), attivo a inizio del secolo scorso, ci regala visioni della gente e dei luoghi del sud America, il suo sguardo ci racconta di minatori, indigeni Quetchua, contadini che abitano le montagne del Perù. I paesaggi di Machu Picchu sono straordinari. La sua rassegna presenta 40 immagini, appositamente stampate per l’appuntamento bresciano dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo su e giù per le Ande all’epoca.

Poi si passa al maestro assoluto Ansel Adams  (1902-1984): è emozionante poter vedere  trenta stampe vintage da lui firmate e immaginarlo all’ingranditore in camera oscura per realizzarle. Particolarmente curata è la tecnica realizzativa e la stampa, nonché la sua paziente lettura del tempo al fine di registrare il paesaggio nella sua forma più autentica e primitiva. Ambientalista ante litteram, Adams affermava che “ogni giorno devo scrivere ai giornali per ricordare loro l’importanza dell’ambiente e della sua difesa”. I suoi paesaggi dello Yosemite, visti da vicino, lasciano il segno. Presente anche la famosissima opera  “Moonrise”.

Po è il turno di un italiano: Vittorio Sella (1859-1943), nome importante per tutti gli appassionati di montagna, autore ed esploratore che ha documentato i paesaggi delle nostre Alpi dove si vedono ghiacciai che ormai hanno perso buona parte della loro massa e cime che a guardarle ora sono spoglie dalla neve. Tra le particolarità, la rassegna bresciana ospita una fotografia di Sella scattata dallo stesso campo base dal quale Compagnoni e Lacedelli partirono per conquistare la vetta del K2 nel 1954 e che usarono per tracciare la via per la salita.

Chiude il percorso il tedesco Axel Hütte (classe 1951), con lavori che tolgono semplicemente il fiato: sono esposte stampe di grandi dimensioni, realizzate con tecniche moderne, che proiettano i visitatori nel mondo del sogno e li ipnotizzano con i dettagli precisi e i colori rarefatti. L’autore ha anche realizzato una serie speciale per questa mostra ritraendo le cime del Brenta. Lui rappresenta l’evoluzione e la sintesi contemporanea dei lavori di Sella e Adams. Allievo di Bernd e Hilla Becher, uno dei cinque protagonisti della cosiddetta Düsseldorf Academy (con Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff), Hütte è un instancabile viaggiatore, grande camminatore e ciclista semiprofessionista, perfezionista dell’immagine analogica, paziente e tenace nella sua ricerca della fotografia “completa” ove ogni dettaglio deve aderire a un progetto di immagine che è innanzitutto costruito nella sua mente

Accompagna la mostra un catalogo edito da Skira.

Info:

Luce della Montagna. Vittorio Sella, Martín Chambi, Ansel Adams, Axel Hütte.

Dal 24 Marzo 2023 al 25 Giugno 2023 a cura di Filippo Maggia, prodotta dalla Fondazione Brescia Musei e da Skira

Museo di Santa Giulia, Via dei Musei, 81, 25121 Brescia BS

tel. 030/2977833

BRESCIA PHOTO FESTIVAL (VI edizione). CAPITALE
Brescia, Museo di Santa Giulia, Mo.Ca. – Centro per le Nuove Culture, sedi varie
24 marzo – 27 agosto 2023

www.bresciamusei.com

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Mostra – AMAZÔNIA di Sebastião Salgado

Di Jacopo Scarabelli
Sebastião Salgado si gratta la testa e sistema le folte sopracciglia mentre, con gli occhi chiusi, medita su parole che probabilmente ha sentito mille volte, ma alle quali affida sempre la sua speranza. Sono dette da coloro che, all’inaugurazione della sua nuova mostra milanese (dal titolo “AMAZÔNIA”, fino al 2 novembre alla Fabbrica del Vapore), anticipano il suo intervento in relazione alla problematica ecologica che viviamo e che ci porta proprio lì, in Amazzonia, dove l’autore ha compiuto un lavoro durato più di 7 anni. Ad accompagnarlo, come sempre, la moglie Lélia Wanick Salgado, curatrice del suo lavoro e che condivide con lui i suoi stessi sogni.
Il ritratto che accompagna l’infografica presenta una giovane ragazzina nativa di questa parte di mondo. Il suo sguardo è un misto tra fierezza e severità nei confronti di noi osservatori che probabilmente, nel nostro quotidiano, potremmo impegnarci di più affinché questo fragile equilibrio possa tornare ad essere favorevole nei confronti della vita. L’antologica dedicata al grande maestro brasiliano,  promossa da  Comune di Milano, Fabbrica del Vapore, organizzazione Contrasto, Civita, General Service and Security, ha due dimensioni: una paradisiaca con le nuvole, i cieli e questo senso di libertà che trasmette il paesaggio. L’altra è un inferno rappresentato dagli sguardi e dalle espressioni dei soggetti ritratti con i quali Salgado entra in contatto stretto.
L’allestimento, inedito, è pensato per uno spazio complesso come quello della Fabbrica del Vapore. Dal soffitto pendono le magnifiche e stampe incorniciate. Sono di dimensioni notevoli e, per questo, è ancor più d’effetto il fatto che siano appese a un filo come a rappresentare la fragilità della natura. Come se tutte insieme rendessero più concreto l’ecosistema naturale del pianeta portato qui in città e la possibilità stessa di perdere da un momento all’altro un tassello che lo compone. All’interno dell’immensa sala due pareti a semicerchio accolgono le foto alle persone. Un’apertura ci porta a entrare dove, insieme a ulteriori ritratti, troviamo delle video interviste agli indigeni.
Ad enfatizzare l’immersione sensoriale della visita c’è una colonna sonora, appositamente composta, che ci accompagna con suoni e rumori che simulano quelli della foresta.
Le fotografie presentate sono oltre duecento e il bookshop all’ingresso propone diverse edizioni del catalogo. C’è anche un versione dal titolo “Amazõnia Touch”, che presenta delle riproduzioni in rilievo di alcune fotografie per il pubblico non vedente. Insomma, un viaggio immersivo dentro all’Amazzonia che da una parte ti ammalia e ti porta in un mondo quasi incredibile e dall’altra ti sbatte per terra in una realtà dove ci sono grandi traumi e drammi.
La speranza è che queste stampe possano rappresentare dei semi che, cadendo, possano far germogliare nuova vita. Sta a noi saper calpestare e preparare il terreno ad esse.
Dove e quando:
Fabbrica del Vapore (Cattedrale) – Via Giulio Cesare Procaccini 4 – 20154 Milano – dal 12 Maggio al 2 Novembre 2023
Orari: da lunedì a mercoledì 10:00 – 20:00 – da giovedì a domenica 10:00 – 22:00Info: www.salgadoamazonia.it; tel. 339.7138171

Di seguito ho deciso di riportare una lista di informazioni raccolte dalle risposte che l’autore ha dato a varie domande poste. La sua fotografia la conosciamo tutti e dalle sue parole si evince come per lui sia veicolo di un messaggio che possa cambiare in meglio il futuro.
– Il progetto è stato realizzato in un periodo di tempo che va dal 2013 al 2019
– Sono stati effettuati 58 viaggi nella foresta amazzonica.
– Avere le autorizzazioni per entrare è già stata una grande opportunità anche se quando entri nella foresta non sai poi dopo quanto esci.
– Ci vuole tempo per guadagnarsi l’accettazione da parte della tribù e quindi per poterli capire e poi fotografare.
– Non solo ha indagato sull’aspetto umano, ma c’è stata anche una ricerca e una nuova comprensione della foresta stessa.
– L’Esercito brasiliano è stato di supporto con aerei ed elicotteri che abitualmente usa per controllare il traffico di droga. (ndr le foto aeree non sono quindi fatte con drone, ma in prima persona)
– In Amazzonia si snodano le catene montuose più alte del Brasile, fotografate per la prima volta.
– Lavoro di 7- 8 anni che ha portato anche a una serie di informazioni scientifiche. Si credeva che l’umidità fosse trasportata a livello fluviale. Non è così. Si è scoperto che lo spazio aereo, data la grande evaporazione, riesce, attraverso il vento, a portare umidità in una zona vastissima che copre tutto il pianeta. L’Amazzonia produce un tale grado di umidità propria che si dice riesca ad arrivare anche in Italia e sicuramente nel resto delle Americhe.
– A livello di equipaggiamento fotografico non si sono presentati problemi. La parte più critica è più a livello di vivere in Amazzonia. Ha quindi portato con se dei pannelli solari per ricaricare quotidianamente la batteria, il rasoio e il telefono satellitare.
– Aveva con lui uno studio fotografico “portatile”. 6x9mt, arrotolabile. Grande per ospitare 30/40 persone insieme. Alcuni giorni rimase completamente vuoto e altri invece con gruppi numerosi.
– Il fondale neutro dello studio gli è servito per staccare i soggetti, adornati di fiori e accessori, dal resto della foresta (ndr: sopratutto considerando che scatta in bianco e nero).
– Aspettava fossero i soggetti a farsi fotografare.
– Ritrarli in una situazione di studio portava il soggetto e il fotografo ad entrare in un rapporto unico. Allo stesso tempo la persona ritratta si sentiva particolarmente importante.
– Continua la scelta di non fotografare la distruzione ma la purezza e unicità dei luoghi incontaminati.
– Il rapporto col governo brasiliano è stato nullo nel periodo Bolsonaro. Votato alla distruzione del paese.
– Col governo attuale ci sono molti contatti. Un governo che pensa al paese, indigeni e ambiente.
– Indipendentemente da questo, sono andati in Amazzonia senza legami governativi.
– Bolsonaro si è accorto poi che stava fotografando con l’aiuto dell’Esercito. Ma il Covid ha comunque bloccato tutto e non ha potuto ultimare alcune storie.
– Durante i 4 anni di governo, Bolsonaro ha cercato di destabilizzare la costituzione.
– I l 25% del territorio amazzonico è protetto dalla costituzione e donato agli indigeni.
– Il 24,9% è sotto protezione permanente con i parchi naturali.
– 200 tribù sono presenti in Amazzonia e 286 sono le lingue parlate.
– Quindi non bisogna mai generalizzare. Alcuni gruppi tribali non hanno sensibilità religiosa e non hanno tutti la stessa percezione delle minacce.
– La minaccia ambientale è sopratutto per la parte più preistorica. Tribù che mai hanno avuto contatto con la civiltà contemporanea.
– Lo scopo della mostra è portarci a capire l’essenza dei luoghi come l’Amazzonia e a percepire la meraviglia, lasciando da parte l’estraneità che siamo sempre più abituati a manifestare.
– La famiglia Salgado e Instituto Terra hanno piantato 2.300.000 di alberi.
– 1.000.000 di alberi verranno piantati dal partner Zurich

– Dopo Milano, la mostra toccherà Zurigo e Madrid

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Mostra – Davide Di Tria, The Game Of Photography

Di Jacopo Scarabelli

Sono stato alla mostra fotografica di Davide Di Tria presso l’Istituto Italiano di Fotografia a Milano, che resta visitabile fino al 24 maggio. Il contesto gaming, per chi mi conosce, è qualcosa verso cui ho una certa sensibilità e al quale presto molta attenzione. Ho conosciuto Davide proprio per la sua iniziativa Gasoline Photography, ovvero lo pseudonimo tramite il quale presenta la sua “fotografia IN GAME”.

Ve la spiego in breve: i videogiochi presentano mondi virtuali alternativi al nostro, nei quali si muovono i vari elementi al fine di intrattenere il videogiocatore del determinato gioco. Sempre più giochi presentano la “photo mode”, introdotta per la prima volta in Gran Turismo 4 nel 2005. Questo significa che tramite un comando di gioco è possibile prendere possesso di una fotocamera virtuale, muoversi nell’ambiente di gioco e, tramite gli stessi parametri di una camera tradizionale (quali ad esempio Iso, tempi, diaframma e altri…) , è possibile scattare fotografie nel gioco stesso. Gasoline richiama il mondo dell’automotive, quello su cui si concentra la “in game photography” di Davide. I suoi scatti ritraggono quindi il mondo delle quattro ruote sia in giochi competitivi come Forza Motorsport o Gran Turismo, sia in quelli open world come Forza Horizon o Test Drive Unlimited. Per questi giochi gli vengono anche commissionate delle sessioni fotografiche dalle software houses stesse. Durante la presentazione e la chiacchierata intercorsa tra il fotografo e gli spettatori presenti, si evinceva come l’approccio fotografico è tradotto nell’ambiente virtuale.

Lui stesso ha dichiarato: “Quando gioco con la mia Crew (Rusty Garage), chiedo spesso di fermarci in un luogo del mondo di gioco per fare qualche foto. Conosco talmente bene la mappa, che la mia attenzione sa già dove soffermarsi per fare uno scatto potenzialmente interessante”. Un tipo di attitudine che, per molti fotografi, è la chiave per arrivare a realizzare una fotografia personale grazie alla conoscenza approfondita del soggetto da fotografare. L’allestimento di nove fotografie in varie dimensioni presenta questa sua visione. Una selezione varia, con soggetti fermi e in movimento, ricavata dal suo database che, nel frattempo, si è già arricchito di nuove fotografie di mondi, quelli virtuali, che hanno solo iniziato ad esprimere il loro potenziale fotografico.

Dove e quando: Istituto Italiano di Fotografia – Via Enrico Caviglia, 3 – 20139 Milano – dal 9 al 24 Maggio 2023

Orari: da lunedì a venerdì 10:00/13:00 – 14:00/19:00 – sabato 10:00/13:00 – 14:00/18:00