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Libri – Mimmo Jodice, Saldamente sulle nuvole.

Di Jacopo Scarabelli

Oggi, quando vediamo una fotografia, l’attenzione è spesso latente. Lo sguardo corre e, troppo frequentemente, ci fermiamo di fronte a una superficialità visuale che ci blocca senza scavare in profondità, e passiamo all’immagine successiva. Ma chi è l’autore? Quale è il suo vissuto? Quale percorso lo ha portato a quell’immagine? Per provare a rispondere a queste e altre domande, vi segnaliamo una pubblicazione che ci consente di comprendere quanto le esperienze personali dell’esistenza possano incidere sulla produzione creativa.

Mimmo Jodice ha affidato la sua biografia alla penna di Isabella Pedicini in un nuovo libro dal titolo “Saldamente sulle nuvole”, edito da Contrasto Books. La scrittrice, storica dell’arte e saggista fa emergere la vita vera di un creativo che trova nella fotografia la sintesi più intima del suo comunicare. Partendo dal basso attraverso le vicissitudini storiche della sua città, Napoli. In un crescendo fatto di una continua sfida personale nell’affermare il suo linguaggio fotografico per ciò che aveva da dire col suo stile e gusto. Un percorso che lo vede indagare il sociale, ma che lo porta anche verso una fotografia sempre più interiore.

Jodice è uno sperimentatore dell’analogico, anche post sviluppo e stampa. Uno sguardo che cerca nuove soluzioni creative da vivere in prima persona, fisicamente. La sua formazione passa anche dal disegno e dal dipinto, fino alla scultura, a sottolineare la sua sensibilità verso il processo che porta a un risultato finale. Una ricerca che traspare nelle sue parole che ci raccontano anche la storia della fotografia e la difficoltà che questo media ha sempre avuto (soprattutto in Italia), nell’affermare la sua potenza comunicativa e nel posizionarsi all’interno del mercato dell’arte.

L’autore ha però seguito il suo sogno, tenendo i piedi poggiati “saldamente sulle nuvole”. Il titolo del libro è solo una sintesi delle tante frasi presenti nel testo che ci ricordano quanto l’arte trascenda la realtà e si manifesti grazie a qualcosa che viene da dentro. La storia che abbiamo vissuto, le relazioni avute, i drammi e le gioie. Ogni pezzo del puzzle è volto a formare il nostro pensiero e le nostre idee. Coltivandole e comprendendole potremo quindi trovare la giusta direzione per trasformarle in un’arte.

Così, un capitolo dopo l’altro, tra foto di famiglia e opere iconiche che hanno attraversato le stesse vicende italiane a partire dagli anni ’70, arriviamo ai giorni nostri, dove Jodice, che ricordiamo essere uno dei più apprezzati maestri della fotografia italiana, ci scrive: “Dopo tanti anni di lavoro, a un giovane che oggi si affaccia alla carriera di fotografo potrei dire che la fase della progettazione è fondamentale, ma questa è forse una raccomandazione estendibile a tutti gli autori che utilizzano i diversi linguaggi dell’universo creativo. È necessario lavorare su idee e convinzioni specifiche, realizzando progetti sentiti che nascano da una profonda e intima esigenza espressiva. È importante, innanzitutto, lavorare per sé, per il piacere di vedere un risultato, per emozionarsi davanti a una cosa che è nata così come è stata pensata. Il vero obiettivo è emozionarsi ed essere felici per quello che si è riusciti a fare, per il piacere personale, indipendentemente dall’ambizione di un risultato immediato”.

Un consiglio, il suo, che ha ancora più valore di fronte alle tante “scorciatoie creative” che ci portano a realizzare immagini solo per il piacere degli altri. Senza un percorso, senza una storia, senza un fotografo.

 

IL LIBRO

Mimmo Jodice con Isabella Pedicini. Saldamente sulle nuvole.

FORMATO: 18,6X23 CM

PAGINE: 232

FOTOGRAFIE: 146 a colori e in b/n

COLLANA: In Parole

PREZZO: 22,90 euro

www.contrastobooks.com

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Incontri – Myriam Boulos, le notti della rivoluzione

All’interno del suo programma aperto al pubblico de “I Giovedì in CAMERA”, giovedì 13 aprile alle ore 18.30, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia ospita la giovane fotografa libanese Myriam Boulos che dialogherà con Monica Poggi, curatrice della mostra “Eve Arnold. L’opera 1950-1980”.

Classe 1992, nel 2021 Myriam Boulos viene accolta nella prestigiosa agenzia fotografica Magnum Photo della quale Eve Arnold – le cui opere sono in mostra a CAMERA fino al 4 giugno – è stata uno dei membri più attivi e amati, a partire dal suo ingresso come prima donna dell’istituzione, insieme a Inge Morath, nel 1951. A partire dai primi lavori, Myriam Boulos racconta la società contemporanea libanese scegliendo di concentrarsi sulla capitale Beirut di notte, momento nel quale si manifestano con maggiore nettezza i contrasti di una città complessa, dove le differenti espressioni identitarie e la libertà sessuale faticano ancora a trovare un posto. La fotografia è per Boulos uno strumento di giustizia sociale e una forma di resistenza dall’ottica patriarcale, mettendo in discussione i ruoli di genere e le forme di oppressione che si vivono quotidianamente nel paese. Le sue immagini catturano l’essenza di un grido collettivo, il battito di una nazione dalle molte facce, luoghi, problemi e contraddizioni.

Durante i miei primi anni come fotografa – dichiara Myriam Boulos – scattavo solo di notte. Per me quello era il momento in cui la mappa sociale di Beirut appariva improvvisamente nitida. Fotografavo per strada ma anche nell’intimità delle persone. Considero l’intimità uno dei luoghi in cui siamo più esposti alla violenza (fisica o emotiva). Allo stesso tempo, l’intimità è uno spazio in cui possiamo reinventarci. Penso che il personale sia inevitabilmente politico.

A partire dall’ottobre del 2019, Boulos inizia a fotografare anche di giorno, documentando la rivoluzione e le conseguenze da esse portate nella città e fra le persone. Nel 2021, con il paese ancora immerso in una situazione di forte instabilità, lancia un appello aperto su Instagram: “Se ti identifichi come donna e vuoi condividere le tue fantasie sessuali, mandami un’e-mail”. Il risultato è una serie intitolata Sexual Fantasies, che analizza il tema del desiderio femminile e il modo in cui si radica e sviluppa all’interno delle realtà politiche e sociali contemporanee.

Mi piace credere che dare spazio alle storie personali sia un atto di resistenza – continua la Boulos – e che sfidare i modi tradizionali di rappresentare l’oppressione nella nostra regione sia un modo per reclamare ciò che è nostro.

 Nonostante la giovane età, lo straordinario corpus di opere di Myriam Boylos rompe le percezioni e gli stereotipi, trasmettendo, attraverso diverse serie fotografiche, un paesaggio contemporaneo nel quale i volti, i limiti, le fratture, gli istanti di fragilità ed emotività coesistono in immagini che sono un delicato inno di resistenza.

Il suo lavoro è stato pubblicato su alcune delle testate internazionali più importanti, fra cui “Vanity Fair”, “Vogue” e “Time”.

Intervengono:

Myriam Boulos, fotografa

Monica Poggi, curatrice della mostra “Eve Arnold. L’opera 1950-1980”

 

Note biografiche

Myriam Boulos

Classe 1992, all’età di 16 anni ha iniziato a usare la macchina fotografica per indagare con l’obiettivo la città di Beirut, la sua gente e capire qual era il suo posto nel mondo. Si è laureata con un master in fotografia all’Académie Libanaise des Beaux Arts nel 2015 e ha partecipato a mostre collettive nazionali e internazionali. Nel 2020 ha co-fondato ed è diventata photo editor di Al Hayya, una rivista bilingue che pubblica contenuti letterari e visivi sulle opere, gli interessi e i conflitti delle donne nella sua regione. Dal 2021 è parte dell’agenzia fotografica Magnum Photos.

 

Ingresso a 3 Euro. Per prenotazioni, www.camera.to.

INFORMAZIONI

CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, Via delle Rosine 18, 10123 – Torino www.camera.to | camera@camera.to

Facebook/ @cameratorino

Instagram/ @cameratorino

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Festival – Fotografia Europea è in arrivo

Simon Roberts, Beachy Head, Seven Sisters Country Park, East Sussex, 14 March 2017, 152 x 182cm, Archival pigment print,© Simon Roberts

Torna a Reggio Emilia uno dei festival di fotografia più importanti d’Italia: è Fotografia Europea 2023, con una XVIII edizione dedicata all’idea di Europa e dei popoli che la abitano, e al racconto delle innumerevoli sfumature di questa vasta comunità multietnica. Fotografia Europea è anche fresco vincitore dell’edizione 2022 dei Lucie Awards a New York, il premio più ambito nel settore, quale miglior Photo Festival of the Year – promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia e con il contributo della Regione Emilia-Romagna. Anche quest’anno, quindi, un’importante occasione per osservare un mondo in continuo e veloce cambiamento, di cui la fotografia congela il momento per aiutarci a capirne e comprenderne direzioni e dinamiche.

Quest’anno lo sguardo è diretto verso la più stretta attualità, dove le radici della nostra identità individuale e sociale vengono messe costantemente alla prova. “Europe matters: visioni di un’identità inquieta”, è il tema a cui fanno riferimento i progetti selezionati dalla direzione artistica del Festival, composta da Tim Clark (editor 1000 Words & curator Photo London Discovery), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia), e Luce Lebart (storica della fotografia, co-autrice del fondamentale volume Une histoire mondiale des femmes photographes, curatrice di mostre e ricercatrice sia per la Collezione dell’Archive of Modern Conflict che in modo indipendente). Un programma caratterizzato, oltre che dalla qualità delle mostre, anche dal livello degli incontri, delle conferenze, delle presentazioni di libri e dalle attività educational che verranno organizzate nel corso del festival.

IL TEMA

Partendo da una riflessione sull’idea di Europa e sugli ideali che la costituiscono, le mostre mettono in luce domande sulla condizione attuale del mondo multiculturale e globalizzato che viviamo, un mondo in cui l’Europa non esercita più, ormai da tempo, quell’egemonia spirituale e materiale che per secoli le è stata riconosciuta. Gli artisti tracciano quindi, attraverso il medium fotografico, le linee dinamiche e incerte di un’identità sempre più mobile e variegata, con l’obiettivo di dare senso all’ inquietudine che la attraversa.

 

LE MOSTRE

Come sempre le sale dei monumentali Chiostri di San Pietro saranno il fulcro del festival, ospitando dieci esposizioni.

Al primo piano, Mónica De Miranda mette in discussione le nozioni standard di identità basate sulle categorie di razza e genere con il progetto The Island che svela, attraverso una contro-narrazione costruita dalle biografie di uomini e donne di origine africana che vivono in Portogallo, i pregiudizi radicati nella società.

Nella sala successiva Güle Güle (arrivederci in turco) è la personale rappresentazione di Istanbul e dei profondi cambiamenti che stanno interessando la società turca attraverso lo sguardo di Jean-Marc Caimi & Valentina Piccinni. Documentando le comunità emarginate, questi scatti rivelano quel substrato umano che, secondo i due fotografi, rappresenta l’espressione più sincera di ogni luogo, oltre la superficiale “facciata” sociale comunemente accettata.

A seguire il progetto di Simon Roberts, Merrie Albion, fotografa il Regno Unito offrendo spunti di riflessione indispensabili sulle nozioni di identità e appartenenza e su cosa significhi essere britannici in questo momento cruciale della storia contemporanea. In mostra anche The Brexit Lexicon, un’opera video in due parti che riporta i termini più comuni che hanno caratterizzato le discussioni sulla Brexit in politica e nei media.

The Archive of Public Protests con You will never walk alone raccoglie, invece, le tracce visive dell’attivismo sociale, di tutte quelle iniziative di massa che si oppongono alle decisioni politiche, alle violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani. È una collezione di scatti che costituisce un monito contro il crescente populismo e contro la discriminazione, con l’intento di prolungare la vita di queste immagini, solitamente legate a eventi specifici e la cui esistenza termina con la loro pubblicazione sulla stampa.

Alessia Rollo, fotografa italiana di origini pugliesi, parla nel suo progetto multimediale Parallel Eyes di un viaggio alla scoperta degli antichi riti del Sud, restituendo all’osservatore il mistero della magia e delle forze ancestrali che legano la natura all’uomo e ai suoi simili. Nelle sue fotografie, Rollo ricostruisce l’identità culturale dell’Italia meridionale con tecniche di manipolazione analogiche e digitali, che introducono in un universo re-incantato, evocativo e spirituale, attingendo ad un patrimonio rituale tuttora vivente e sganciandolo contemporaneamente da quegli stereotipi culturali creati decenni fa dal neo-realismo.

Samuel Gratacap torna a Reggio Emilia con Bilateral, un lavoro inedito sul paesaggio visto da entrambi i lati del confine e attraverso la voce delle persone che quel confine cercano di attraversare. Il progetto si concentra  anche su coloro che lottano per rendere il mondo meno violento, mobilitandosi nei luoghi in cui vivono e, parallelamente, sui decisori, i responsabili di quelle disposizioni che tutti subiranno, invisibili, intercambiabili, senza volto ma padroni della loro immagine.

Il progetto fotografico Odesa dell’ucraina Yelena Yemchuk è l’ode visiva alla città che da sempre l’ha affascinata per la libertà di cui godeva durante l’epoca sovietica. Dopo averla visitata per la prima volta nel 2003, Yemchuk è tornata a Odesa nel 2015 per documentare i volti dei ragazzi e delle ragazze di sedici e diciassette anni dell’Accademia militare: il conflitto al confine orientale iniziato un anno prima l’ha convinta ad ampliare il progetto immortalando anche il contesto di vita di quei volti che si sarebbero trovati, di lì a poco, al fronte.

Un’esplorazione antropologica spinge il francese Geoffroy Mathieu a seguire i raccoglitori, persone che, ai margini delle aree coltivate o negli spazi incolti, vivono dei prodotti che la natura in modo spontaneo continua a offrire seppur in paesaggi danneggiati e precari. Il progetto fotografico che ne deriva, L’Or des ruines, racconta quindi di una sussistenza alternativa che vede nella ricerca di frutti e piante medicinali un nuovo modo di vivere in un mondo comune e scopre una possibile economia costruita sulla condivisione delle risorse spontanee della terra.

Cédrine Scheidig esplora, nel lavoro intitolato De la mer à la terre, le narrazioni personali dei giovani, in Francia e in Martinica, nel processo di scoperta di sé, aprendo al contempo spazi di riflessione su temi politici come il passato coloniale, l’ibridazione culturale, le mascolinità moderne e la migrazione. Lo fa mettendo in dialogo due serie recenti, It is a Blessing to be the Color of Earth (2020), che ritrae la diaspora afro-caraibica nella periferia parigina e Les mornes, le feu, iniziata nel 2022 a Fort-de-France, in Martinica, in cui l’artista rivela le connessioni tra due territori e gli immaginari dei loro abitanti.

La mostra storica di questa edizione sarà ospitata nelle sale affrescate del piano terra dei Chiostri di San Pietro e sarà dedicata a Sabine Weiss, una tra le più importanti voci della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau. Scomparsa nel 2021 all’età di 97 anni, Weiss ha esercitato questa professione per tutta l’arco della sua vita e abbracciato ogni campo della fotografia, immortalando emozioni e sentimenti dei suoi soggetti, indugiando sui loro gesti e sul rapporto che ogni volta riusciva ad instaurare con essi e da cui scaturiva la vera potenza dell’immagine. Attraverso foto d’archivio e numerosi documenti e riviste dell’epoca, la mostra Sabine Weiss. Una vita da fotografa a cura di Virginie Chardin, ripercorre l’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 fino agli anni ’80. La mostra è prodotta da Atelier Sabine Weiss Studio e da Photo Elysée con il supporto di Jeu de Paume e Les Rencontres d’Arles e con il patrocinio del Consolato Generale di Svizzera a Milano.

Nella sede dei Chiostri di San Domenico sarà esposta la mostra dedicata alla committenza che ogni anno il festival affida ad un artista diverso insieme ai due progetti vincitori della Open Call.

La committenza è stata affidata a Myriam Meloni, fotografa italiana che vive e lavora  tra Barcellona e Tangeri, che partendo dal mito di Europa narrato da Ovidio, costruisce un ritratto delle “Europa” contemporanee: giovani donne, autonome, professioniste, l’esito più felice del Novecento e del progetto Erasmus, che stanno attuando una rivoluzione gentile, radicandosi nelle comunità che le accolgono ma continuando a incarnare i valori dai quali provengono. Le immagini di Nelle giornate chiare si vede Europa sono la restituzione di un percorso, una costellazione di possibilità, che invitano a costruire una nuova prospettiva critica verso la contaminazione culturale, enfatizzando il dialogo tessuto da queste giovani donne che dalla riva, nei giorni chiari, guardano la loro Europa.

Mattia Balsamini, uno dei due vincitori dell’Open Call di Fotografia Europea, con Protege Noctem – If Darkness disappeared documenta un’altra battaglia rivoluzionaria nella guerra ecologica in atto in questa era, quella della difesa dell’oscurità. Per raccontarlo, porta nelle sue immagini l’alleanza che scienziati e cittadini hanno formato per mobilitarsi contro la scomparsa della notte e delle sue creature. Balsamini immortala il cielo notturno diventato un mosaico appannato, dimostrando come sia il mondo naturale sia il ciclo circadiano dell’uomo siano fortemente danneggiati dall’ostruzione dell’oscurità notturna causata dallo spettro rilasciato da miliardi di luci artificiali che abbagliano l’ecosistema.

Camilla de Maffei, anche lei vincitrice della Open Call, presenta Grande Padre, un progetto a lungo termine che, partendo dal caso particolare albanese, invita a riflettere sul rapporto globale tra individuo, società e potere. Il processo di ricerca, cominciato nel 2018 e realizzato in collaborazione con il giornalista Christian Elia, propone un’immersione nell’Albania contemporanea e si pone l’obiettivo di esplorare le implicazioni e le conseguenze dell’ascesa e del crollo di un regime, evidenziando le cicatrici che questo processo di transizione ha impresso nella società, documentando anche quello strano senso di vuoto che la libertà, riacquisita dopo quarantacinque anni di regime totalitario e capillare (il riferimento è alla dittatura di Enver Hoxha – una delle più feroci dell’età contemporanea), porta con sé.

Nella sede di Palazzo da Mosto trovano posto le opere fotografiche provenienti dalla collezione di Ars Aevi che celebrano la Bosnia Erzegovina come Paese Ospite di questa edizione del festival. Parziale anagramma della parola “Sarajevo”, Ars Aevi (“arte dell’epoca” in latino)  è un progetto, unico nel suo genere, di museo di arte contemporanea creato dalla volontà collettiva e di cooperazione etica di importanti artisti internazionali, curatori e musei di arte contemporanea, che hanno donato le proprie opere a Sarajevo durante la guerra, per sostenere la città stretta dall’assedio ed accompagnarne la rinascita civile, etica e culturale. Ars Aevi presenta  parte della sua importante collezione fotografica a Fotografia Europea 2023, a testimonianza di quella capillare rete internazionale di amici, partner e sostenitori che credono nell’importanza e nei valori morali, estetici e di sviluppo di cui l’arte contemporanea è portatrice. La mostra, che ha il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Sarajevo, è il frutto dell’importante collaborazione sviluppata in questi anni tra il Comune di Reggio Emilia e la Municipalità di Centar Sarajevo, culminata nella firma di un patto di gemellaggio tra le due città il 9 maggio 2022 a Reggio Emilia, giorno in cui si celebra la Giornata dell’Europa, e il 12 luglio 2022 a Centar Sarajevo.

Al piano terra della stessa sede, Ariane Loze, artista belga, presenta Utopia e Studies and Definitions, due di quattro video realizzati tra aprile 2017 e ottobre 2018 per riflettere sull’Europa. Nel primo l’artista, vestita con un impermeabile giallo in un teatro blu, dà forma ad un dialogo a quattro su temi fondanti come l’essere comunità, il sentirsi rappresentati, la ricerca del bene comune e, infine, l’immaginazione di un’utopia. In Studies and Definitions, invece, assistiamo a un dibattito che nasce dalla lettura della prima pagina della versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea, il tutto concepito da Ariane Loze per confrontarsi con i testi esistenti.

Ad abbracciare il festival, numerose altre mostre partner che gravitano intorno ad esso, organizzate dalle più importanti istituzioni culturali cittadine e ospitate nei loro spazi.

A Palazzo dei Musei la sezione di fotografia prosegue la riflessione sul ruolo dell’immagine come strumento capace di rivelare le complessità della realtà e del tempo presente, con la mostra Un piede nell’Eden. Luigi Ghirri e altri sguardi. Giardini in Europa e L’Architettura degli Alberi (28 aprile 2023 – 25 febbraio 2024,  www.musei.re.it ), un ricco e articolato percorso  dedicato all’elemento naturale che, a partire dalle ricerche di Luigi Ghirri degli anni Settanta e Ottanta, ci invita a riflettere sull’elemento naturale e sulla necessità di una sua ricollocazione all’interno del nostro Orizzonte percettivo. La riflessione si allarga poi a Giardini in Europa, rivisitazione della mostra del 1988, curata da Luigi Ghirri e Giulio Bizzarri, che propone una serie di ricerche su aree verdi e giardini condotte, oltre che dallo stesso Ghirri, da tredici fotografi (Andrea Abati, Olivo Barbieri, Giovanni Chiaramonte, Joan Fontcuberta, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Francesco Radino, Olivier Richon, George Tatge, Ernesto Tuliozi, Fulvio Ventura, Varena Von Gagern e Cuchi White) che testimoniano un sentimento di appartenenza nei confronti degli spazi naturali e la necessità di un loro profondo ripensamento nel contesto delle città moderne. La mostra, a cura di Ilaria Campioli, è promossa da Comune di Reggio Emilia (Musei Civici, Biblioteca Panizzi) in collaborazione con Archivio Eredi Luigi Ghirri.

Sempre a Palazzo dei Musei arriva Giovane Fotografia Italiana #10 | Premio Luigi Ghirri 2023, il progetto del Comune di Reggio Emilia che valorizza i talenti della fotografia italiana under 35. Curata da Ilaria Campioli e Daniele De Luigi, la mostra collettiva dei sette artisti Eleonora Agostini, Andrea Camiolo, Sofiya Chotyrbok, Davide Degano, Carlo Lombardi, Giulia Mangione, Eleonora Paciullo, selezionati da una giuria internazionale, ruoterà attorno al tema Appartenenza. Oltre a concorrere per l’assegnazione del Premio Luigi Ghirri – che offrirà al progetto vincitore l’opportunità di presentare una mostra personale in Triennale Milano – da quest’anno uno fra i sette artisti parteciperà ad una residenza d’artista a Stoccolma, che culminerà nella realizzazione di una mostra a cura dell’Istituto Italiano di Cultura.

La fototeca della Biblioteca Panizzi parteciperà all’edizione del 2023 con Flashback, una selezione di opere fotografiche tra quelle esposte durante il festival Fotografia Europea del 2007, edizione anch’essa incentrata sul tema dell’Europa in rapporto con le sue città.  Questa piccola “antologica” dell’edizione del 2007, riproponendo la questione europea a distanza di oltre 15 anni, può essere fonte di nuove considerazioni sul nostro recente passato e stimolare riflessioni aggiornate alla luce dei recenti e dirompenti avvenimenti.

In Biblioteca Panizzi è inoltre presentata un’altra mostra collegata a Fotografia Europea, Alberto Franchetti e la fotografia, che espone parte della recente donazione fatta dalla famiglia Ponsi sul patrimonio di fotografie scattate da Alberto Franchetti e che mette in luce l’interesse del musicista e compositore per il media fotografico, inteso come linguaggio della modernità tout court. Interessante è il suo sguardo, le inquadrature, i giochi di luce che testimoniano non solo la sua attenzione ma anche la sua sensibilità nei confronti del  mondo che lo circondava, fatto di momenti intimi e di paesaggi struggenti.

 

A un anno dalla scomparsa di Roberto Masotti e in occasione della riedizione del volume You Tourned the Tables On Me, lo Spazio Gerra propone 115 ritratti dei più noti musicisti contemporanei di tutto il mondo, tra cui John Cage, Philip Glass, Brian Eno, Steve Reich, Michael Nyman, Demetrio Stratos e molti altri. In questa serie di ritratti il tavolino assume la valenza di un palcoscenico su cui ognuno dei musicisti ha la possibilità di mettere in scena sé stesso, in molti casi con il medesimo spirito di sperimentazione che lo caratterizza nella musica.

 

A dimostrazione e rafforzamento della vivacità culturale che caratterizza Reggio Emilia durante il festival, altre istituzioni culturali presentano progetti ad esso collegati.

Collezione Maramotti presenta No Home from War: Tales of Survival and Loss, prima mostra in Italia del fotogiornalista irlandese Ivor Prickett. Con oltre cinquanta fotografie scattate in scenari di conflitto dal 2006 al 2022, No Home from War rappresenta la più ampia esposizione sul lavoro di Prickett fino ad oggi. Il fotografo ha iniziato a occuparsi di Europa e di Medio Oriente con l’urgenza di restituire e denunciare gli effetti delle guerre sulla popolazione civile, sulle vite delle persone devastate e sradicate, a prescindere dall’appartenenza all’uno o all’altro schieramento. Partendo da una dimensione intima e domestica delle conseguenze sociali e umanitarie dei conflitti nel lungo periodo (Croazia, Abkhazia), Prickett si è spostato nei luoghi di migrazione forzata, nelle terre di ricercato rifugio (Medio Oriente ed Europa), fino a giungere in prima linea nelle zone di combattimento (Iraq, Ucraina).

CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma propone la mostra Antonio Sansone: Rituali d’Europa. Il fotoreporter Antonio Sansone (Napoli, 1929 – Farfa Sabina, 2008) è stato uno dei più significativi esponenti del fotogiornalismo di impegno civile del secondo dopoguerra. La sua è una visione militante, organica alla sinistra storica e alla Nuova Sinistra, in contrapposizione all’ufficialità delle grandi agenzie, degli organi di stampa filogovernativi.  Attraverso i suoi scatti restituisce un ritratto spesso inatteso del secondo Novecento europeo, dove al rigore dell’antropologo si affianca la sensibilità e l’empatia di un narratore. Le vivide indagini su Napoli, i volti e i rituali della politica italiana spesso colti con accenti salaci, ma anche il racconto indocile dei paesi di “oltrecortina”, dove ai rituali delle ufficialità, che scopriamo non così differenti da quelli dell’altro occidente, Sansone accosta indagini sulla quotidianità, sui fermenti che percorrevano l’Europa, dall’Irlanda alla Francia, all’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Romania.

Anche quest’anno lo Speciale Diciottoventicinque, il progetto formativo di Fotografia Europea, torna per accompagnare i giovani amanti della fotografia in un percorso che va dall’ideazione alla realizzazione di un progetto espositivo. Sarà Elena Mazzi l’artista che quest’anno accompagnerà i partecipanti tra i 18 e i 25 anni verso un progetto collettivo e che in 10 incontri li porterà a riflettere su un argomento, osservarlo e studiarlo attraverso la macchina fotografica. Di origini reggiane, Elena ha già conquistato, con i suoi progetti, una posizione di spicco nel panorama artistico contemporaneo, rileggendo poeticamente il patrimonio culturale e naturale dei luoghi e intrecciando storie, fatti e fantasie trasmesse dalle comunità locali.

Oltre alle mostre arricchisce il Festival un calendario di appuntamenti che accompagnerà i visitatori dalle giornate inaugurali – 28, 29, 30 aprile e 1 maggio – fino all’11 giugno.
In programma le conferenze con Rosella Postorino e Paolo Rumiz curate da Loredana Lipperini (curatrice, scrittrice e conduttrice radiofonica), quelle con Emilio Isgrò e Elena Loewenthal curate da Luca Beatrice (critico d’arte e curatore)  ed inoltre incontri con gli artisti, presentazioni di libri (tra cui Dear Kairos di Simon Bray, il vincitore del FE+SK Book Award, premio organizzato in collaborazione con la casa editrice indipendente Skinnerboox), book signing, letture portfolio ed inoltre [PARENTESI] BOOKFAIR, lo spazio dedicato agli editori indipendenti.

Fotografia Europea ripropone il grande successo della sua declinazione musicale FOTOFONIA, curata da Max Casacci, produttore e fondatore dei Subsonica. Sul palco anche quest’anno scopriremo un po’ dell’Italia sonora capace di sorprendere e dialogare con il mondo senza complessi di inferiorità.

Si parte venerdì 28 aprile in Piazza Prampolini con Whitemary, giovane cantante e autrice di una “dance” intelligente quanto trascinante; sempre nell’ambito della musica che si balla, il giovane produttore calabrese Indian Wells.

Sabato 29 aprile, sempre Piazza Prampolini, Spime.im, collettivo torinese che fa dell’interazione tra immagini e tecnologie musicali la propria cifra stilistica e il tastierista dei Nine Inch Nails, Alessandro Cortini con un proprio progetto elettronico dai grandi numeri d’ascolto.

Domenica 30 poi, in una location del tutto speciale come la Chiesa di San Francesco, Earthphonia Planet, un inedito e iper tecnologico spettacolo di suono, immagini e racconto della natura con Max Casacci e il professor Stefano Mancuso, celebre studioso dell’intelligenza delle piante. L’evento è in collaborazione con la Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e Soli Deo Gloria. Organi, suoni e voci della città.

Ad illuminare la Notte OFF, sabato 6 maggio in Piazza Casotti, le delicate sonorizzazioni della d.j. designer Luce Clandestina.

Grazie alla collaborazione con TIWI, venerdì 28, dalla mezzanotte, presso Polveriera, l’appuntamento con la fotografia sarà insieme a Nicolas Ballario (esperto d’arte contemporanea, volto di Sky Arte e voce di Radio Rai) e Rodrigo D’Erasmo (polistrumentista, compositore e membro degli Afterhours) con il progetto Lives che ambisce a stilare una serie di “romanzi musicali” dell’arte e, in questo caso, della fotografia con una special edition su Nan Goldin.

È tutto dal vivo: racconti incalzanti e diretti delle vicissitudini della vita e delle opere degli artisti, con una colonna sonora eseguita sul posto.

Anche per questa edizione il CIRCUITO OFF – l’evento collettivo e indipendente che arricchisce il Festival con una serie innumerevole di mostre diffuse in tutto il territorio cittadino – presenta progetti di fotografi professionisti accanto a giovani alle prime esperienze, appassionati e associazioni che dovranno misurarsi con il tema di quest’anno esponendo i propri scatti in negozi, ristoranti, studi, cortili e case private, sedi storiche, gallerie d’arte. Parte di questo circuito è anche il progetto OFF@school che coinvolge le scuole di tutta la provincia di Reggio Emilia. Il 6 maggio è la serata dedicata al Circuito Off e in questo evento sarà decretato il vincitore del premio Max Spreafico a cui sarà data l’opportunità di produrre una nuova mostra ed esporla durante la prossima edizione di Fotografia Europea, nel 2024.

Special Sponsor per l’edizione 2023 si conferma Iren.

Orari apertura mostre
CHIOSTRI DI SAN PIETRO | CHIOSTRI DI SAN DOMENICO | PALAZZO DA MOSTO | SPAZIO GERRA
giornate inaugurali
28 aprile › 19-23
39 / 30 aprile › 10-23
1 maggio › 10-20
dal 3 maggio al1’11 giugno mercoledì – giovedì  › 10 – 13 / 15 – 1; venerdì – sabato – domenica › 10 – 20
PALAZZO DEI MUSEI | BIBLIOTECA PANIZZI | CSAC
orari da definire
COLLEZIONE MARAMOTTI
dal 30 aprile al 30 luglio
giovedì e venerdì › 14.30-18.30; sabato e domenica › 10.30-18:30

Biglietti
acquistabili sul sito www.fotografiaeuropea.it o presso la biglietteria del Festival Fotografia
Europea ai Chiostri di San Pietro – via Emilia 44-/C – Reggio Emilia
Biglietto festival ›  intero € 18| ridotto € 15 | sostenibile € 20 |studenti 18/26 anni € 13

Informazioni
0522 444446 | info@fotografiaeuropea.it |www.fotografiaeuropea.it

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Open call “36 Shots About” – La tua storia in un rullino

Dalla collaborazione tra Lomography e Perimetro nasce un’interessante open call che invita i fotografi di tutta Italia a realizzare un progetto attraverso l’uso della fotografia analogica, in un viaggio libero e personale di 36 scatti che abbiamo il piacere di condividere come media partner. Si intitola “36 Shots About” e coinvolgerà sette fotografi in sette città per un contest gratuito dove la creatività è regina e dove tutti sono invitati a raccontare belle storie sul mondo che ci circonda usando il medium analogico. Per partecipare basta inviare un portfolio o un nuovo lavoro, accompagnato da una breve bio e il concept del progetto che vorresti realizzare (max 900 battute), trovate tutte le informazioni utili a questo LINK. C’è tempo fino al 30 Aprile. Verranno selezionati 49 fotografi, 7 per ogni città – Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino – che avranno poi due mesi di tempo per dare vita al proprio racconto su pellicola. Ciascuno di loro avrà a disposizione 1 rullino Lomography 35 mm a scelta tra le classiche Color Negative, le pellicole in bianco e nero e le LomoChrome per effetti color-shifting.

Non ci sono regole o temi da rispettare: decideranno i partecipanti come, quando e dove scattare con la consapevolezza che la fotografia analogica è sempre suscettibile all’imprevedibile. Vogliamo ammirare la massima espressione della creatività senza limiti! Al termine dei due mesi una giuria formata da personalità di rilievo nel mondo della fotografia partner del progetto (ci saremo anche noi di EyesOpen! Magazine), valuterà i progetti e selezionerà il vincitore che verrà pubblicato sulle piattaforme ufficiali di Perimetro e Lomography. Così si è espresso Sebastiano Leddi di Perimetro per introdurre l’evento: “36 scatti, una storia in un rullino fotografico, 36 fotogrammi per raccontare una situazione, un luogo, una persona, un evento, un’idea. Compattare tutto un mondo in quel piccolo cilindro di metallo”. 

Perimetro è un disegno immaginario. Lo spazio che racchiude i nostri interessi, le persone che li alimentano, gli episodi e le novità che nascono in continuazione. La community e tutto quello che le gravita attorno. Una storia che i suoi fondatori han deciso di raccontare in una maniera differente; per mezzo dell’immagine. Il focus di Perimetro è quello che ci sta vicino e che ancora, forse, non si conosce. Le persone in primis, i moti spontanei che portano la gente a ritrovarsi, la scena underground, gli imprenditori che tengono attiva la città, le iniziative, la cultura, i luoghi. Insomma tutte quelle storie che possono appassionarci, che hanno uno spessore e che possono aiutarci a comprendere la città in cui viviamo, in questo preciso istante con lo sguardo di alcuni tra i fotografi più talentuosi della nostra generazione.

Lomography nasce nel 1992 da un gruppo di studenti viennesi, il cui approccio alla fotografia si è tramutato fin dagli esordi in un movimento globale, diventando il lato ribelle della fotografia analogica che conosciamo oggi. Attualmente produce prodotti analogici sperimentali con i quali invita i fotografi di tutto il mondo a dimenticare le regole al fine di catturare la vita in tutta la sua gloria!

“Se sapessimo già tutto della vita, dove starebbe il divertimento? La cosa migliore di ogni giorno è che non hai idea di quello che ti capiterà. Sei totalmente libero di fare quello che vuoi! E lo stesso è la fotografia. Fotografiamo perché vogliamo trasmettere la passione, l’emozione, l’incertezza e il piacere di un particolare momento. Vai controcorrente, scatta una foto e vedi dove ti porterà!”

Estratto dalle 10 Regole d’Oro di Lomography.

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Libri – Enrico Ratto, che fine ha fatto il fotogiornalismo?

Di Barbara Silbe

 

Enrico Ratto fa il punto sul fotogiornalismo superstite della profonda crisi in cui versa l’editoria. Ne approfondisce ogni sfumatura, ne eviscera debolezze e punti di forza, raccogliendo le testimonianze di molti dei protagonisti che lo animano in diciassette interviste. Le ha inserite in questo imperdibile breviario dal titolo “Visual Journalism. Conflitti. Identità. Impegno”, edito da Emuse nella collana fotografia.

Il suo intento è quello di indagare con gli autori quali siano le difficoltà e come sia cambiato negli anni questo settore, a seguito dello tsunami portato dalla tecnologia digitale e dai social network che hanno catturato i lettori facendoli disamorare della carta stampata. Ratto, arguta penna del settore che vediamo su diverse testate nazionali e che abbiamo imparato a conoscere con i suoi “Maledetti Fotografi” (strepitosa serie di incontri con i grandi nomi della fotografia internazionale) e con la pubblicazione precedente a quella che vi sto raccontando, scritta a quattro mani con Michele Neri “L’ultima foto” (edita da Seipersei), Ratto, dicevo, coordina gli interventi di fotografi e fotografe che si soffermano con lui ponendosi domande sul proprio metodo di lavoro, sul sistema dei media e sulla posizione che hanno scelto di prendere di fronte agli eventi che guidano la nostra epoca. Il mestiere del fotogiornalismo è cambiato e, anche se è sempre stato soggetto a evoluzioni, valeva la pena indagare con profondità la piega che ha preso in questa epoca. E’ diversa la narrazione per mezzo delle immagini, diverse sono le piattaforme per diffondere le notizie, più competitivo il campo d’azione in un momento nel quale una guerra ferisce profondamente l’Europa e tante zone del mondo sono dilaniate da conflitti, fame, stravolgimenti politici e sociali. Lo sguardo dei fotografi è oggi meno supportato dai media tradizionali, ma non è venuta meno la necessità del racconto veritiero dei fatti. Lo sanno bene Alfredo Bosco, Fabio Bucciarelli, Alessio Paduano, Lorenzo Tugnoli, che affrontando molti passaggi complicati si recano nelle zone calde del mondo per documentare gli avvenimenti e riportarli fino a noi. Le interviste di Enrico Ratto mettono in luce i loro e molti altri punti di vista, come quelli di Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni, Gabriele Micalizzi, Alessandro Cinque, Ilvy Nijokiktjien, Benedicte Kurzen, Paolo Verzone, Carolina Arantes, Christopher Occhicone, Tommaso Protti, Paolo Woods, Eric Bouvet, Aline Deschamps, Fabio Bucciarelli, Chloé Sharrock. I loro linguaggi e pensieri di certo, nel corso della carriera, si sono contaminati a vicenda. Oggi per chi fa il loro mestiere serve muoversi su più medium: immagini, testi, video, grafica, voce, in una totalità dove ogni azione è utile e necessaria a rendere le storie più fruibili al pubblico contemporaneo sempre più bisognoso di qualità e obiettività, sia che si tratti di eventi bellici che di ricerca scientifica, migrazioni, cambiamenti sociali. Queste diciassette grandi firme del fotogiornalismo sono oggi raccolte in queste 104 pagine rilegate in brossura, un quaderno di appunti imperdibile e utilissimo per comprendere meglio la nostra epoca.

  

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Portfolio – Margherita Nardi, Il respiro delle emozioni

Di Barbara Silbe

Respirare è un’azione che ha a che fare con la nostra stessa sopravvivenza. Senza aria, non c’è vita. E’ un dentro connesso con il fuori, contrazione e rilassamento continuo del nostro corpo in armonia. Lo sa bene Margherita Nardi, che su questo concetto ci ha costruito un progetto fotografico intimo ed emozionante. Nascondendo dietro allle immagini una serie di simbologie, alcune esplicitamente esternate, altre no. Per scelta, per indole, l’autrice preferisce lasciare spiragli aperti alle interpretazioni, lancia messaggi che non è indispensabile noi tutti comprendiamo, quasi che la fotografia fosse più un dialogare con se stessa per raggiungere la consapevolezza alla quale accenna nel suo testo qui sotto. E’ un fatto che quando non siamo sereni o ci sentiamo in pericolo, il respiro cambia, viene trattenuto, accelera. E’ correlato alle tensioni, all’ansia che ci attraversa per varie ragioni. Si fanno corsi per respirare e liberarsi dallo stress, quasi che questa azione ci riportasse al ritmo ancestrale che ci appartiene: nascita, esistenza, morte, e innumerevoli sfaccettature nel mezzo che Margherita Nardi prova a raccontare: c’è l’aria pura intorno a un albero, o un brivido sulla pelle, un vetro che si appanna, l’insonnia su un cuscino carezzato da una mano, la serenità di un sorriso che si affaccia al sole della finestra. Affidando la sua idea a gesti di altri protagonisti, lei, autrice-soggetto, per riprende fiato e respirare la sua stessa libertà ha dovuto infilarsi dentro a diversi passaggi, usare i polmoni, lo sterno, il cuore e il cervello tutti legati da un filo stretto.

Queste le sue stesse parole:

Il respiro è un atto inconsapevole e spontaneo. Un meccanismo insito nella nostra esistenza, a cui non serve un input di azionamento, e a cui non diamo troppo peso. Respirare è un concetto chiaro e definito per chiunque, ma quante e quali accezioni può assumere nel corso di una vita? Alle mie fotografie ho affidato il compito di proporre una risposta a questa ricerca di senso e significatività.

Ho iniziato con una profonda introspezione: ancora fresche sono risultate per me, nel cuore e nella mente, le ferite di quel “mio” momento storico, in cui avevo un respiro corto, affannoso e pesante. Un costante senso di oppressione ha precluso ogni mia libera scelta per un paio di anni. Quasi apnea. La consapevolezza delle difficoltà e un crescente grado di accettazione del mio dolore, sono state bolle d’ossigeno che mi hanno riportata in superficie. Riemergendo, il mio primo respiro è stato energia pura. Bocca aperta, aria limpida.

Ho proseguito la ricerca porgendo ad alcune persone il mio dubbio di significato. Ho raccolto le loro testimonianze. Sentivo l’esigenza di capire se anche per gli altri esistesse una stretta connessione tra il respiro e le emozioni. Ho chiesto loro di fermarsi, in questo mondo sempre più frenetico, per ascoltarsi, e di tradurre in parole un concetto tanto facile da comprendere, quanto personale.

Ho capito che ognuno recupera il respiro secondo la propria spiritualità e necessità, proprio come potenzialmente diverse possono essere le strade che portano noi, singole entità del mondo, ad uno stesso obiettivo.

Ho capito che il respiro può rivelarsi come una preziosa chiave enterocettiva: aumentando il grado di consapevolezza e di ascolto del nostro intimo, possiamo, forse, percorrere la nostra strada più serenamente.

Ho capito che il respiro ha una propria frequenza e intensità, ovvero una forza diversa in ognuno di noi.

Capisco, ogni giorno, che il respiro è un’intima connessione tra mente e cuore. Un legame tra conscio e inconscio che ci attraversa tutti e che ci accompagna nel nostro quotidiano, e a cui, purtroppo, non sempre riconosciamo la giusta importanza. Il respiro non è solo un susseguirsi di attimi, ma porta la nostra presenza nella storia del tempo, senza esserne mai stanco.

Note biografiche

Mi chiamo Margherita, sono di Monza ma vivo e lavoro a Milano.

Conseguita la laurea in economia e commercio, ho deciso di fidarmi dell’istinto e di perseguire la mia passione per la fotografia. Dopo aver frequentato i corsi presso l’Istituto Italiano di Fotografia, ho iniziato a lavorare come assistente e poi come fotografa professionista. Sono specializzata in fotografia commerciale e industriale, reportage aziendale e ritratto.

Mi ritengo una persona inguaribilmente precisa, fortemente riolutiva e determinata. La mia ambizione mi spinge a continuare a studiare e sperimentare, anche nella ricerca introspettiva e artistica, per portare la mia fotografia a un maggior livello di espressività.

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Mostra – Livio Senigalliesi racconta il suo “Diario dal Fronte”

Intervista di Marta Calcagno Baldini

“ ‘Livio, voglio la copertina!’ mi dicevano i direttori prima che partissi. E io andavo: non si può essere un testimone senza partecipare”. Livio Senigalliesi, 25 conflitti in 30 anni di lavoro. Classe 1956, milanese, il Museo Diocesano gli dedica, fino all’8 gennaio 2023, una mostra personale a cura di Barbara Silbe (giornalista e direttore di EyesOpen! Magazine): “Bisogna che finalmente Senigalliesi sia conosciuto anche in Italia” spiega, svelando una caratteristica fondamentale del fotografo milanese: i suoi reportage sono stati pubblicati più spesso sui più importanti giornali stranieri (El Mundo, El Pais, The Guardian, The Indipendent, Le Monde, Le Nouvel Observateur, Die Welt, Der Spiegel, fino al Los Angeles Times o Time Magazine). In italia soprattutto “Epoca” e “L’Europeo”.
In mostra si trova una selezione di 50 fotografie, raccolte in numerosi scenari di guerra dal Medio Oriente al Kurdistan, dal Kuwait all’Unione Sovietica fino all’Africa: “Non ho staccato mai per 40 anni – dice Senigalliesi – e sono andato avanti come attratto da un file rouge che sta più nel valore storico della documentazione che dalla fotografia stessa”. E rivela, a sorpresa: “Io non sono un appassionato di fotografia: uso la macchina come uno strumento. Mi interessa vivere la storia mentre accade. Attraversando le sue contraddizioni le prime linee, andando da una parte e dall’altra”.

Ogni sua parola, davanti a immagini di soldati, di carri armati, di funerali di bambini, di palazzi distrutti, o l’approfondimento sul Vietnam sugli effetti sulle popolazioni locali dell’Agent Orange, il defoliante alla diossina nebulizzato dagli americani sulle zone di foresta dove i vietcong si annidavano, conferma che sono fotografie che vengono anzitutto dal rispetto della situazione in cui si trova. Non c’è un giudizio e non c’è gusto sadico per l’orrore e la sofferenza. Durante l’assedio di Sarajevo, dal 1992 al 1996, i giornalisti stavano nell’Holiday Inn, l’hotel diventato rifugio di -quasi- tutti gli inviati. “Io arrivavo lì ogni tanto, schivando le pallottole, perché c’era l’unico telefono satellitare. Erano tutti in quell’albergo perché c’erano i generatori di corrente che andavano a benzina. Avevano il caldo e la luce. Quando arrivavano quelli come me in albergo venivano a farmi le domande. A volte raccontavo ciò che vivevo e vedevo, altre no. Nel 1991 sono partito commissionato dal settimanale Europeo per la ex Jugoslavia e tornai a casa nel 2000. Mi muovevo come si muoveva il fronte e imparavo dalla gente, vivendoci insieme”.

Racconta, con la erre moscia, e ascoltandolo si ha conferma di ciò che le sue immagini dicono chiaramente: ogni situazione è colta con una sensibilità data dall’approfondimento. “La complessità di una guerra o di un assedio come quello, ad esempio, di Sarajevo si può capire vivendolo da parte dell’assediato e dell’assediante – spiega ancora Senigalliesi -.  Spesso anche l’assediante vive le stesse tragedie dell’assediato”. E bisogna sapersi muovere: “La prima cosa da imparare è la lingua, è determinante per capire cosa ti accade intorno, o trattare con i soldati che ti vogliono uccidere. Sono stato anche davanti a un plotone di esecuzione, dovevo essere fucilato. Poi, solo per il fatto che parlavo il serbo, li ho convinti a chiamare via radio il loro capo, che gli ha intimato di lasciarmi andare, dato che avevo tutti gli accrediti previsti per un reporter in zona di guerra. I miei lanzichenecchi mi avevano già detto ‘togliti le scarpe che non ti servono più’. Io stavo già con le gambe dentro un fiume. Eravamo in undici in fila e alla fine nel fango ho raccattato soldi e le macchine fotografiche che mi volevano rubare e mi sono salvato”.  E conclude “Gli altri 10 però li hanno fucilati. Capisci che poi torni a casa con un dolore e un senso di colpa che ti perseguitano, ti chiedi “perché io no?”. Mi hanno messo tante volte il coltello alla gola. Mi hanno rubato tutto, i rullini: un mese di lavoro. Li buttavano nel fuoco. Io non mollavo. Ero una lastra di acciaio. Solo facendolo ho scoperto che ero fatto per questo mestiere. Tanti miei colleghi hanno mollato, o hanno iniziato a drogarsi, o bere. Bere è istintivo. Io sempre tutti sotto controllo, ma poi esplodi”. Questo è il momento della rielaborazione. Oltre alla mostra le esperienze di foto-giornalismo di Senigalliesi sono raccolte nel libro “Diario dal fronte”, acquistabile su www.it.blurb.com (33,53 euro): un importante punto di arrivo nella sua carriera. Il suo sistema di lavoro va aldilà del reportage: “gli antropologi l’hanno chiamata ‘documentazione partecipata’ ”.

 

Livio Senigallliesi, “Diario dal fronte”, aperta fino all’8 gennaio 2023

Museo Diocesano Carlo Maria Martini, piazza Sant’Eustorgio 3, Milano

Orari: martedì- domenica, 10-18; chiuso lunedì

Tel. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it 

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Mostre – Jeff Robb, Beyond Nature

Aperta da oggi al Salotto di Milano, corso Venezia 7, la personale dell’artista britannico Jeff Robb dal titolo ‘Beyond Nature’. Già presentata in anteprima europea a Londra presso la Crypt Gallery, la mostra arriva per la prima volta in Italia grazie alla galleria Cris Continy Contemporary e raccoglie le sue immagini floreali in 3D che non rivelano semplicemente la bellezza della natura, ma invitano lo spettatore in un nuovo mondo conducendolo oltre le apparenze, alla scoperta di cosa c’è dietro un fiore, condividendone forme, colori, delicatezze e mistero.

Il lavoro di Jeff Robb, famoso per il suo utilizzo originale della tecnica lenticolare, è complesso ed è il risultato di studi in botanica e della passione pe la natura uniti alla sperimentazione delle più moderne tecnologie 3D.  Forse ancora più importante, le opere riflettono il suo profondo studio della mente umana e del suo funzionamento. Giocando con la luce e la forma, con l’osservazione scientifica e l’estro surrealista, Robb guida lo spettatore in un universo parallelo di bellezza. Un mondo di simmetria e ordine formale (ogni fiore è diviso in due metà identiche e simmetiche) e nel contempo ricco di colori esplosivi e forme sensuali e ondulate.

Ho una laurea in botanica che mi ha dato modo di capire come funzionano le piante, il loro sviluppo e la fisiologia’. – dichiara l’artista – ‘Sono affascinato dalla loro forma e funzione e dalla loro infinita bellezza. La biforcazione di ogni fiore ci permette di guardare oltre la natura includendo la simmetria che permette alla mente di inventare e ricostruire la perfezione’.

Jeff Robb prende in esame centinaia di fiori e le loro infinite diversità, ne elabora le immagini in 3D e le “scolpisce” digitalmente. Nel suo lavoro, l’autore esplora le modalità con cui il cervello umano interpreta le informazioni e le domande irrisolte che la logica e la scienza non possono spiegare. Queste tematiche sono al centro della sua poetica creativa.

Sono interessato al mondo della fisica quantistica’ – prosegue l’artista – ‘e alle cose a cui la scienza non può realmente rispondere, come la luce e il tempo. Ancora non sappiamo cosa sia la luce o la gravità. Tuttavia, come artista, il mio obiettivo primario è quello di creare opere visivamente interessanti e la ragione dietro il mio lavoro è di secondaria importanza. Gli artisti fanno domande, non rispondono’.

Osservare una delle fotografie di Jeff Robb è come guardare le famose macchie di inchiostro dello psichiatra Hermann Rorschach: piegando la carta mentre l’inchiostro è ancora bagnato, si ottiene un’immagine bilateralmente simmetrica e viene chiesto agli spettatori quali figure vedano nella macchia.

 

Beyond Nature –  Jeff Robb

17 novembre – 16 dicembre 2022

Corso Venezia, 7 – Milano

Opening 17 novembre dalle 19,00 alle 21,00

Orari:  lunedì – venerdì: 10,00 – 18,00;  sabato e domenica su appuntamento

 

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Libri – Alessia Tagliaventi, “Colpo d’Occhio – Le fotografie fanno cose”

Le immagini ci parlano, scovano i dettagli più nascosti della realtà, ci pongono domande, bloccano solo una frazione di secondo e un piccolo pezzo di ambiente, sono ambigue, non si svelano mai fino in fondo per permettere di divertirci a immaginare quello che non dicono. “Le fotografie fanno cose”, come recita il titolo di questa nuova pubblicazione di Contasto, ci emozionano e stimolano la fantasia e la curiosità per conoscerle e giocarci. Firmato da Alessia Tagliaventi, con design e illustrazioni di Francesca Crisafulli – Mook, questo libro ricco di immagini, diverse sorprese e  molte storie di fotografia pensate per i più giovani, è suddiviso in quattro sezioni (Personaggi, Luoghi, Oggetti, Animali), e presenta una straordinaria serie di scatti di grandi autori e autrici, da Elliott Erwitt a Luigi Ghirri, da Garry Winogrand a Helen Levitt fino ad Alex Webb, tra gli altri. Ogni immagine è accompagnata da un breve testo di Alessia Tagliaventi che la racconta e la spiega evidenziandone gli aspetti principali, come una guida, come punti di partenza per costruire storie sempre nuove. Al libro è allegato un cartoncino con un foro, da usare come una cornice per giocare a osservare i dettagli delle foto che più incuriosiscono, oppure per scoprire “porzioni di mondo”. Il proposito è quello di educare giovani occhi all’arte della fotografia in un modo interattivo che permette di aggiungere la propria osservazione ai diversi sguardi intorno a noi per portarci nello spazio, a rivalutare angoli sotto casa, indietro nel tempo, a fermare un istante impercettibile al solo sentire umano. La fotografia può raccontare storie, mostrare il mondo, ma anche inventarlo. Un libro per conoscere, approfondire e prendere spunto per ideare narrazioni, guardarsi intorno e, perché no, fotografare tutto quello che ci colpisce perché tutto è modificabile, a seconda di chi guarda, e le storie diventano potenzialmente infinite.

Alessia Tagliaventi è editor, curatrice, e docente di Storia della Fotografia, per Contrasto ha seguito numerosi progetti editoriali ed è autrice di pubblicazioni e saggi critici sul linguaggio fotografico. È stata anche coautrice, con Michele Smargiassi, dei fascicoli Maestri di fotografia, in abbinamento con La Repubblica e National Geographic. Attualmente insegna presso l’Istituto Europeo di Design di Roma.

 

Scheda:

FORMATO: 21 x 28,5 cm

PAGINE: 88

FOTOGRAFIE: 33 a colori e in b/n

CONFEZIONE: cartonato

PREZZO: 29,90 Euro

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Libri – Il mondo dei videogiochi nell’indagine di Jacopo Scarabelli

Ancora pochi giorni per aggiudicarsi il primo libro fotografico del reporter milanese Jacopo Scarabelli. Si intitola“Play the Game Over”, raccoglie e sintetizza la sua lunga indagine, intrapresa nel 2017, quando gli Esports vennero dichiarati disciplina olimpica. Il suo sguardo si concentra sulle squadre, sulle dinamiche, sui molti appuntamenti e i suoi protagonisti, ed evidenzia le influenze che il fenomeno ludico ha sulla società contemporanea. Affidato alla casa editrice SelfSelf Books, ideata e nata a febbraio 2021 per supportare autori giovani o più affermati nell’ambito dell’editoria fotografica, il volume è in prevendita sulla loro piattaforma crowdfunding fino a fine ottobre.Il fotografo, talento emergente noto anche per la sua serie diritratti RGB che attingono allo stesso linguaggio e il cui lavoro è già stato ampiamente riconosciuto da premi e pubblicazioni a livello italiano e internazionale, ha affidato la curatela del progetto a Barbara Silbe, giornalista che da molti anni si occupa di fotografia: insieme hanno compiuto un attento lavoro di editing sul vasto archivio di Scarabelli, per affidare alle pagine del libro la sintesi di quanto realizzato fin qui. La pubblicazione, di interesse sia per gli appassionati del tema, che per i collezionisti di fotografia, sarà acquistabile esclusivamente in questa prevendita e non è prevista ristampa. Permetterà di comprendere come il videogioco sia diventato il media contemporaneo di intrattenimento più rilevante, sia per l’economia che muove sia per l’influenza che esercita sulle nostre vite, anche quelle di chi non se ne rende conto o li considera marginali. Questo fenomeno soffre infatti di un forte pregiudizio e di disinformazione, lo si considera una subcultura come i fumetti o la streetart, eppure è oggi un’industria fiorente, che genera più profitti di quella musicale o cinematografica e finisce per permeare le nostre esistenze più di quanto ce ne rendiamo conto. Le pagine di quello che sarà il futuro libro dell’autore conterranno il lungo reportage (iniziato nel 2017), oltre a testi curatoriali e giornalistici e a dati preziosi raccolti da Scarabelli durante il suo approfondimento. Sono molti i protagonisti: le squadre Esports, i cosplayer, il ragazzo che gioca tra le quattro mura di casa e mal visto dai genitori, questi ultimi che diventano tifosi delle squadre e sostengono i figli durante le competizioni, i cosplayers e i nuovi professionisti del settore come gli streamer e i caster, nuovi lavori ancora incompresi eppure sempre più proficui. E molti altri. Come già accennato, “Play The Game Over” è rivolto agli appassionati di gaming e ai fotografi, ma vuole anche raggiungere un pubblico generalista, con l’intento di informare chi non lo comprende e diffondere conoscenza. Il videogioco è diventato il media contemporaneo di intrattenimento più rilevante, sia per l’economia che muove sia per l’influenza che ha sulla società. Allo stesso tempo, soffre di un forte pregiudizio e di disinformazione. Attraverso questo suo articolato reportage, ricerca visiva di grande valore che vanta una specifica, originale forma espressiva, l’autore scava nei suoi stessi ricordi di fruitore di video giochi e finisce per farci comprendere meglio il media e, di conseguenza, la società che si muove ed evolve parallela a noi. MSI Italia, marchio leader nella produzione di software e hardware gaming a livello mondiale, si è impegnata a sostenere il progetto editoriale “Play the Game Over”. Un riconoscimento importante per la ricerca dell’autore che così approfonditamente ha indagato questo mondo digitale in continua evoluzione.
 
CAMPAGNA DI PREORDER ATTIVA fino al 31.10.2022 sul sito di Self Self Books
Soglia minima necessaria: 4000€
Rewards disponibili: 40€, 60€, 90€, 120€
 
Per maggiori informazioni o per interviste:
Jacopo Scarabelli 3497216024